Marco Lanterna per La Verità
I primi e più grandi sovranisti sono gli americani, da sempre. Lo si evince anche solo dal cinema hollywoodiano che dell' America rappresenta in fondo la massima sublimazione.
Ne è un fresco esempio un film ora nelle sale: Le Mans 66 - La grande sfida, diretta dal regista statunitense James Mangold. Nel 1966 a Detroit la Ford era in crisi di vendite, perciò, per rilanciare l' immagine del proprio marchio, decise di scendere in pista per vincere la prestigiosa 24 ore di Le Mans (a quei tempi la corsa più importante del mondo), dovendo però fronteggiare la scuderia Ferrari, che da anni dominava incontrastata tali competizioni.
le inesattezzeLa pellicola - interpretata da Matt Damon, Christian Bale e Remo Girone nella parte del Drake - vorrebbe ricostruire quasi con intenti documentaristici (in realtà riuscendovi assai male, in quanto troppo sbilanciata sul versante a stelle e strisce) la rivalità tra Enzo Ferrari ed Henry Ford II, ben chiarita dal titolo originale Ford vs Ferrari.
Nel film le inesattezze, tutte favorevoli agli Stati Uniti, non si contano: dal presentare la Ford motor company come un piccolo Davide di contro alla Ferrari Golia di Maranello (quando invece era vero tutto il contrario); fino a mostrare il Drake a Le Mans ad assistere alla sconfitta delle proprie macchine (quando già da un pezzo Ferrari non si recava più in prima persona alle corse). Certo sono tutte licenze e finzioni adoperate per rendere più intrigante e spettacolare la pellicola, ma che appunto con la vera storia di quella corsa automobilistica non hanno davvero nulla a che vedere.
Ma ciò che il film tace maggiormente - e che qui preme rilevare - è il sovranismo ante litteram del Drake: cosa unica oggi in un mondo di storici marchi nazionali che vengono allungati, come se niente fosse, in mano a stranieri e pure a un prezzo di saldo. Infatti a Detroit si erano primariamente infuriati con lui per il suo rifiuto di vendere la scuderia Ferrari alla Ford nel 1963. La trattativa era quasi giunta in porto, quando nel grande Modenese prevalse lo spirito patriottico, nonostante la valanga di dollari offerta dagli yankee.
Sì, il Drake era a suo modo un sovranista ben più tosto e coriaceo degli stessi americani, e cedere l' opera di tutta una vita - quella sua creatura metallica, rossa come il Lambrusco di Modena - a un nome straniero, quantunque prestigioso come Ford, si opponeva ai suoi principi di uomo e artiere italico.
Sicché si tenne stretta l' azienda, garantendole persino un futuro tricolore, grazie all' accordo finale con la Fiat di Gianni Agnelli.
Tuttavia quel «no» proferito all' ultimo, quando già l' affare pareva concluso, scatenò l' ira di Ford che pure ammirava enormemente l' italiano, come del resto lo stile inarrivabile delle sue autovetture sportive. Il colosso Usa impiegò quindi tutti i suoi mezzi finanziari - che non erano certo esigui - per prendersi la rivincita in gara, e in effetti a Le Mans, nel 1966, ebbe soddisfazione grazie alla portentosa Ford Gt40 Mk II - «l' anti Ferrari» com' era stata battezzata - messa a punto dal progettista Carroll Shelby.
Il duello tra i due marchi comunque non finì - come racconta un po' semplicisticamente il film - in Francia con quella celebre 24 ore di Le Mans.
Infatti meno di un anno dopo, nel 1967, alla 24 ore di Daytona, Enzo Ferrari risolse definitivamente la cosiddetta «guerra Ferrari-Ford», conquistando il suo massimo trionfo di sempre con delle vetture sport a ruote coperte.
il vero epilogoIn America, ovvero a casa del nemico, tre bolidi del Cavallino, le Ferrari 330 P3/4, firmarono una spettacolare tripletta, arrivando assieme sul traguardo quasi fossero in parata (evento ancora oggi unico nel mondo delle corse automobilistiche). «Prima Ferrari, seconda Ferrari, terza Ferrari», titolarono increduli i giornali americani del tempo. Hollywood però chiude il suo film con un' accorta dissolvenza molto prima, per non indispettire il pubblico yankee, facendogli magari andare di traverso i popcorn.
D' altronde, con l' America e gli americani, aveva visto benissimo un altro Ford - John Ford, sommo regista di film western - quando alla fine dell' Uomo che uccise Liberty Valance fa dire al giornalista che dovrebbe raccontarne la storia: «Qui siamo nel West, dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda».
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