Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
La rifondazione tecnica (e non solo quella) della Juve sta incontrando ostacoli superiori al previsto: per cambiare tanto e bene servono gli uomini giusti e buone idee, certo, e soldi, ma se temporaneamente non si dispone di grosse risorse e si devono fare i conti al milione, le difficoltà aumentano in modo esponenziale.
Per dire, ieri ho ascoltato le parole di Luca Percassi e mi sono fatto questa idea: il dirigente dell’Atalanta non ha tolto Koopmeiners dal mercato, ha semplicemente chiarito che la cessione dell’olandese non era prevista e non è in programma. Programma che immagino sarebbe verosimilmente aggirabile se la Juve o un altro club si presentasse con 60 milioni in mano.
Una cifra - specifico - lontana dalla realtà per due ragioni: la prima, c’è un accordo di Koop secondo il quale, dopo tre anni, il club si impegna a "facilitarne" l’uscita; la seconda e più importante, l’assenza di richieste ufficiali. Ma il punto non è l’ipotetica rinuncia della Juve a Koop, o il rispetto che comunque si deve all’Atalanta, bensì la presenza in organico di Chiesa, Rugani, Szczesny e degli altri giocatori che pare non figurino nei piani di Thiago Motta.
Perché dico questo? Perché i calciatori che ho elencato non hanno fretta di andar via, avendo il coltello dalla parte del manico e, per inciso, risultando meno appetibili oggi rispetto alla fine di agosto.
Colpa, o merito, dei contratti firmati in tempi lontani (Chiesa, Szczesny, McKennie) o più recenti (Rugani). Un esempio: Chiesa, scadenza giugno 2025, guadagna 500mila euro al mese, costo doppio per la società. In questo periodo di magra e con i grandi compratori (Premier e arabi) improvvisamente seduti, non è semplice per lui - valutato 20 milioni - trovare altri disposti a garantire uno stipendio di pari livello. Se però dovesse ritrovarsi "invenduto" a fine agosto, Fede si presenterebbe all’acquirente con un milione in meno da pagare (luglio e agosto già incassati), oltre all’urgenza per il club di cederlo per non perderlo a zero.
Lo stesso dicasi per Rugani: 1,750 milioni netti, 3 e mezzo lordi, che tra un mese e mezzo avrà ricevuto 350mila euro dalla Juve e costerà - ipotizzando lo stesso salario - 1 milione e 400 per dieci mesi. Il discorso si può estendere anche alle altre società che vogliono liberarsi di ingaggi considerati eccessivi.
Limitatamente alla Juve, tocca ora all’abile Giuntoli, manager diretto, riuscire ad accelerare le numerose dismissioni, far quadrare i conti e garantire a Motta una squadra di suo gradimento. Conoscendolo, sono convinto che ci riuscirà. Ma anche che ha vissuto estati più serene, a parte le intemerate di Aurelio.
de laurentiis giuntoli THIAGO MOTTA GIUNTOLI