SPORTIVI SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI – LA DEPRESSIONE DI ILICIC (TORNATO A BERGAMO), IL RITIRO DI ARU, IL GESTO DI DJOKOVIC, LO PSICOLOGO: "C’E’ UN EFFETTO LOCKDOWN. GLI SPORTIVI HANNO PERSO I LORO RIFERIMENTI. HANNO INIZIATO A RELATIVIZZARE QUELLO CHE FANNO. IL PROBLEMA DI ILICIC SI RISOLVE CON LA PSICOTERAPIA. MI AUGURO NON ABBIA UTILIZZATO SUPPORTI DI TIPO FARMACOLOGICO, SAREBBE SBAGLIATISSIMO - DJOKOVIC? UNA PERDITA DI CONTROLLO NON NORMALE” - E NEL CASO DI ARU...
Matteo Basile per Il Giornale
Siamo abituati a vederli come super atleti, imperturbabili, quasi indistruttibili. Invece spesso si rompe qualcosa anche nei fenomeni dello sport.
Dal calcio, al ciclismo, al tennis. Fragilità, disturbi, crisi, problemi emotivi, veri e propri blocchi sono all'ordine del giorno. Altro che supereroi. «È un'immagine mediatica, in realtà lo sportivo deve avere un equilibrio psicologico importante ma è soggetto alle stesse debolezze di una persona qualsiasi», spiega il professor Daniele Popolizio, psicologo, specialista mental coach, psicoterapeuta e presidente gruppo Cenpis.
Ieri è tornato a Bergamo Ilicic dopo la depressione che lo ha colpito e fatto fermare. Ma cosa può essergli successo?
IL SELFIE DI JOSIP ILICIC CON LA MOGLIE
«Quando si arriva a quel punto c'è qualcosa che è stato sottovalutato. Per intervenire in un caso di depressione serve lo specialista, uno psicoterapeuta, non va improvvisato nulla. E mi auguro non abbia utilizzato supporti di tipo farmacologico, sarebbe sbagliatissimo».
Come ne può uscirne ora?
«Psicoterapia. Con un lavoro ben fatto nel giro di qualche mese si risolve. Poi dopo la fase critica serve un mental coach per accompagnarlo».
Potrà tornare quello di prima?
«Certo, è un malessere che si risolve. L'importante è intervenire per tempo e per bene. Ci sono tanti casi che abbiamo trattato, se non risolve è perché non si cura in maniera adeguata o si minimizza. Bisogna andare a fondo a questo tipo di disagi».
L'altro giorno al Tour si è bloccato Fabio Aru. Ha detto non so cosa mi stia succedendo.
«Nel suo caso probabile abbia preso una parabola discendente e forse non si è guardato dentro per chiedersi se abbia ancora forza e voglia di competere ad alti livelli. Non è facile ammetterlo a se stessi».
Sempre l'altro ieri Djokovic ha tirato una pallata a un giudice.
«Ha avuto uno scatto. Un atteggiamento da super ego più che da follia. Non credo volesse colpirlo comunque una perdita di controllo non normale».
Quanto può aver influito il lockdown nelle fragilità mentali degli atleti?
«Tantissimo. Gli sportivi hanno perso i loro punti di riferimento. E non avendo più lo sport come elemento centrale della vita hanno cominciato a relativizzare quello che fanno, un po' come uscire da una bolla. Cambia di colpo la scala valoriale e dal punto di vista della prestazione è una distrazione».
Qualche esempio?
«Messi. Non mi sembra abbia gestito la sua situazione in maniera normale. Ha avuto una lettura distorta della realtà, un comportamento un po' disturbato. Infatti ha fatto marcia indietro».
Ha notato situazioni particolari anche da noi?
«Bonucci si è detto emozionato per la gara con la Bosnia. Gli credo ma per uno con la sua esperienza denota uno spostamento delle costellazioni mentali di riferimento».
Ma al giorno d'oggi conta la testa in un atleta di primo livello?
«L'80, 90%. Vince quello più solido e più pronto mentalmente, soprattutto nei momenti decisivi».
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