Pino Taormina per “il Mattino”
Onore a Daniele Orsato. Non si sottrae alla rivoluzione che ha voluto il nuovo capo dell' Aia, Trentalange ed è il primo a mostrare il petto. Arriva preparato al faccia a faccia epocale a Novantesimo minuto, sa bene quale sarà la domanda delle domande che il vice direttore di RaiSport, Enrico Varriale, gli farà. Non si tira indietro.
«Il fallo di Pjanic su Rafinha in Inter-Juve? Non serve andarlo a rivedere dopo tre anni, sicuramente è un errore. La vicinanza dell' azione non mi ha portato a vedere quello che poi ha rivisto subito in tv. Io l' ho vista in modo diverso, per me è stato un contrasto in volo fisico e l' ho valutato male. Il Var non è potuto intervenire per cui resta l' errore. Il Var non toglie mica tutti gli errori».
Sì, onore a Orsato che ammette, tre anni dopo, quello che già a tutti era piuttosto evidente. Fin da subito. Ovvero che Pjanic andava espulso. Era chiaro a tutti tranne a quelli che pur di difenderlo a spada tratta si erano inventati fantasmagoriche interpretazioni del regolamento. Dunque non erano piagnistei quelli dei tifosi napoletani. Ma le lamentele di chi sapeva quello che stava succedendo. «Un errore», ha detto. Giù il capello. Lo fece anche Concetto Lo Bello, nel 1972, quando ammise alla Domenica Sportiva il suo errore di poche ore prima in Juventus-Milan.
«Un errore», ha detto l'arbitro di Schio e forse è stata come una liberazione, come togliersi un peso dallo stomaco ammettere la colossale svista che ha avvelenato lo sprint per lo scudetto del 2018. Poi, magari, la Juventus avrebbe vinto lo stesso anche in 10 uomini contro l'Inter e magari avrebbe pure vinto lo stesso lo scudetto in quell' entusiasmante testa a testa con il Napoli di Sarri. Ma dopo questa ammissione la ferita, fino ad adesso apparentemente anestetizzata, torna a pulsare, e il dolore per i tifosi azzurri si rifà intenso per quello che poteva essere e che invece non è stato.
ORSATO E IL CARTELLINO ROSSO A VECINO IN INTER JUVENTUS
LO SCUDETTO E L'ALBERGO
Giù il cappello davanti a Orsato. Poteva anche far andare qualcun altro al suo posto. Ha accettato l'invito. E ha fatto bene. «Lo scudetto lo abbiamo perso in albergo» disse amaro Sarri riferendosi proprio a quello che aveva visto a San Siro. Ma l'ammissione serve a poco, non cambia le cose. Resta però un mistero, quello denunciato dall'ex procuratore federale Pecoraro in una intervista al Mattino, ovvero l'audio del dialogo proprio tra Orsato e il Var Valeri di cui non c'è traccia e che gli fu negato.
Ecco, in nome della trasparenza che sembra voler essere il faro della glasnost pretesa da Trentalange, nel futuro si spera non vengano più cancellati i file degli audio. Quei pochi secondi tra Orsato e Valeri che Rizzoli e Nicchi hanno sempre detto che sono stati eliminati perché non era necessario conservarli (dato che su un mancato secondo giallo, il protocollo IFAB non prevede l' intervento del VAR) avrebbero aiutato in questo senso.
Ed è uno dei punti che di quella sera ancora non torna. Non cambierà nulla, ma magari è il segnale del cambiamento vero. «Se il confronto arbitri-media verrà fatto per fare chiarezza è quello che l' Aia vuole. Se verrà utilizzato per la polemica non andremo da nessuna parte». Va bene. «Gli audio aperti? Noi non abbiamo nulla da nascondere», risponde Orsato. Tornerà in tv. Ma quello che aveva da dire, lo ha detto. E il passato non può essere riscritto.
siparietto tra orsato e ronaldo