UN PUGNO AL REGIME - A CUBA RITORNA LA BOXE PROFESSIONISTICA DOPO 60 ANNI, QUANDO FIDEL CASTRO DECISE DI BANDIRE IL DENARO DALLO SPORT - LA DECISIONE È STATA PRESA PER EVITARE DI CONTINUARE A PERDERE PUGILI CHE FUGGONO IN CERCA DI FORTUNA ALL'ESTERO, MA ANCHE PER CONSENTIRE DI RIEMPIRE LE CASSE DELLO STATO, SVUOTATE DOPO LA PANDEMIA E LA CRISI ECONOMICA CHE HA COLPITO IL PAESE - IL PUGILATO NELL'ISOLA È UNA VERA E PROPRIA MINIERA D'ORO, CON 41 ORI ALLE OLIMPIADI E 80 TITOLI MONDIALI…

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Sergio Arcobelli per “Il Giornale”

 

BOXE CUBANA BOXE CUBANA

Una Rivoluzione presa a pugni. Dopo 60 anni di "proibizionismo", Cuba riaprirà ufficialmente le porte alla boxe professionistica. Sei dei migliori pugili olimpici dell'isola debutteranno infatti fra i pro' in Messico, da maggio, grazie a un accordo con Golden Ring Promotions. Sessant' anni dopo, dunque, Cuba rinnega quanto profetizzò Fidel Castro nel 1962 quando decise di bandire il denaro dallo sport «trasformando gli atleti in semplice mercanzia».

 

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La decisione di ieri fa ripensare alla scelta di Teofilo Stevenson che per sostenere la causa rivoluzionaria si rifiutò di sfidare sul ring Muhammad Ali con una borsa milionaria. «Cosa sono cinque milioni di dollari rispetto all'amore di otto milioni di cubani?». Nel 2022 non è più così. Sì perché in un periodo di crisi nera che sta travolgendo Cuba, tra la pandemia e un'economia a pezzi, le casse dello Stato sono vuote.

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Per evitare di continuare a perdere pugili che fuggono in cerca di fortuna all'estero, così come atleti di altre discipline quali baseball, pallavolo e atletica, il professionismo potrebbe consentire al ministero dello sport (Inder) di incassare cifre mai viste prima. Infatti, il ring è stata fin qui una miniera d'oro per l'Isola rossa, che ha conquistato 41 ori alle Olimpiadi e 80 titoli mondiali: nessuno vanta tante medaglie nel pugilato come Cuba.

 

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«Sono tre anni e mezzo che lavoriamo a un contratto», ha spiegato alla tv di Stato il presidente della Federazione nazionale, Alberto Puig, aggiungendo che quattro cubani hanno già firmato contratti quadriennali. «È un privilegio aver raggiunto questo storico accordo con le autorità sportive cubane, che segnerà un prima e un dopo nel pugilato», ha affermato invece Gerardo Saldivar, presidente di Golden Ring Promotions.

 

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A dire il vero, nel 2014 c'era stata una semi apertura con la WSB, le World Series of Boxing, che avevano permesso a Cuba di partecipare a match semi-professionistici: i `Domatori di Cuba' vinsero tre delle cinque edizioni, l'ultima delle quali nel 2018. «Partecipare ai campionati pro' aumenterà il nostro livello di competizione, perché affronteremo pugili di alto livello come noi e questo ci permetterà di rimanere nell'élite della boxe», ha commentato Julio César La Cruz, due ori olimpici fra Rio e Tokyo.

 

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E a proposito di Giochi, l'annuncio dell'apertura del professionismo di Cuba arriva proprio mentre il futuro della boxe alle Olimpiadi sembra incerto, con il presidente del Cio, Thomas Bach, che a dicembre ha fatto capire che la nobile arte rischia di rimanere fuori da Los Angeles 2028, a causa dei numerosi scandali arbitrali. «La mafia olimpica ha rubato ori a Cuba», si lamentava Castro nel 2008 quando il dominio cubano non fu più totale in ogni categoria. Chissà cosa avrebbe detto oggi: «La boxe non è più quella di Fidel».

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