Estratto dell'articolo di Manuela Croci per “Sette - Corriere della Sera”
gianmarco tamberi vince l oro al mondiale 2023
Budapest, 22 agosto 2023, finale del Mondiale. Salto in alto. È la gara che può consegnare a Gianmarco Tamberi – 31 anni e un oro olimpico al collo – l’unico titolo che gli manca in carriera e cosa fa appena entra allo stadio?
«Suono la batteria (ride)».
E il pubblico viene trascinato ancora una volta da quel ragazzo alto 1,92 cm con le gambe lunghe e magrissime. Perché la batteria?
«È uno strumento divertente e rilassante. Ho seguito un corso quando ero piccolo per 4-5 anni. Poi, per tanto tempo, ho messo da parte le bacchette ma quando l’ho vista mi è venuto spontaneo avvicinarmi».
Aveva anche un gruppo?
«Chiamarlo così è un po’ esagerato, eravamo quattro ragazzi che si divertivano con la musica».
gianmarco tamberi alle finali del world athletics championships in oregon
[…]
Dove cerca la concentrazione prima di un salto?
«All’inizio, quando mi metto sul mio segno, guardo l’asticella e ripercorro mentalmente quello che devo fare. Quindi, stacco e inizio a battere le mani chiedendo al pubblico di seguirmi così da ricevere energie e un flusso di adrenalina che fa venire i brividi. A quel punto faccio un passo e piombo nella seconda fase di concentrazione: negli occhi ho la mia scia e l’asticella».
Riti scaramantici?
«Tanti, ma non sento più l’obbligo di “rispettarne uno assolutamente”. Dall’Olimpiade di Tokyo li ho messi da parte per trovare la forza nelle cose che contano. I riti sono una debolezza degli sportivi che tentano di ricreare qualcosa che in passato ha funzionato sperando di ottenere un risultato positivo. Ci aggrappiamo a queste cose per paura di affrontare nuove sfide».
E la mezza barba?
«Per anni è stato un rito: l’ultima cosa che facevo prima di andare al campo per la mia “battaglia” era tagliarne una parte e la prima, al rientro in hotel, era toglierla tutta. Ora non sento più la necessità di presentarmi sempre così davanti all’asticella».
Quale delle due metà rappresenta il Tamberi atleta?
«Direi quella con la barba, che è sinonimo della mia razionalità; mentre quella senza è la mia irrazionalità».
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La sua prima passione è stata il basket.
«Un amore mai sopito. Ci ho giocato tanto, solo a 17 anni ho iniziato con il salto in alto. Avevo fatto delle gare studentesche ed ero portato. Non è stato facile mettere da parte una passione così viscerale per dedicarsi a qualcosa che sembrava essere la mia strada».
Ripensa mai a quella decisione?
«Eccome. Giocare a basket mi manca come l’aria, soprattutto negli ultimi 2-3 anni in cui devo rinunciare al campetto perché non posso rischiare di acutizzare delle infiammazioni o peggio, di farmi male».
gianluca tamberi fratello di gianmarco mister italia 2012
La sua prima vittoria nel salto in alto?
«È stato 4-5 mesi dopo che avevo deciso di dedicarmici seriamente: era l’ultimo giorno che la federazione ci aveva dato per provare a qualificarsi per il Mondiale. Ho saltato 2.06 e preso il biglietto per il Canada».
Conserva ancora quella medaglia?
«Non so di preciso dove, ma le ho tutte».
Il gesso che ha portato a Tokyo è sempre in salotto?
«Abbracciato alla medaglia d’oro, sono inseparabili. Guardandolo rivedo quello che ho passato per raggiungere il momento più bello della mia vita sportiva».
Un oro a pari merito con l’amico Mutaz Barshim. Avrebbe condiviso quella vittoria con un altro?
«È un momento così bello che puoi accettare di dividerlo solo con persone a cui vuoi bene o che stimi».
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Davanti all’asticella si sente mai solo?
«Mi sento estremamente solo per le pressioni e le aspettative che ho su me stesso. Sentimenti che a volte possono schiacciarti. I familiari, gli amici, il gruppo di lavoro, l’allenatore sono colonne solide».
Da capitano della nazionale di atletica, come si crea il gruppo in previsione di un grande evento?
«È un lavoro continuo che non si limita a quel mese in cui si è insieme a Casa Italia. Tutto nasce e cresce negli anni precedenti: bisogna conoscersi, sapere cosa passano gli altri atleti – momenti più o meno buoni – sorreggersi, consigliarsi. Aspettarsi a fine gara e abbracciarsi come accaduto con Marcell a Tokyo. Questa squadra ha fatto un balzo in avanti in questi anni anche per come siamo stati capaci di essere uniti».
gianmarco tamberi con la mamma sabrina a budapest
Il suo sogno per l’Olimpiade di Parigi?
«Il back-to-back, cosa mai riuscita a nessuno nella mia disciplina: vincere due ori olimpici consecutivi».
Tra i suoi obiettivi c’è anche quello di superare il record del mondo di 2.45 cm di Sotomayor?
«Nella mia carriera i record sono sempre stati molto meno importanti delle vittorie. Ho puntato di più al sogno di una medaglia che a un numero».
I Giochi iniziano il 26 luglio 2024 e la sua dieta?
«Da novembre».
Cosa significa per lei essere a dieta?
«Non mangiare più e sperare di sopravvivere. Scherzi a parte, è il sacrificio più grande, non è facile sostenere quelle privazioni per tanti mesi. Ti cambia l’umore. Ho un mental coach che mi segue da anni e ho fatto un percorso con una psicologa nutrizionista, sono supporti importanti quando si fa qualcosa così al limite. Sono alto 1,92 e al Mondiale pesavo meno di 74 kg, ero decisamente sottopeso. Voglio dirlo chiaramente, non vorrei che qualcuno copiasse quello faccio io per dimagrire: il mio è un percorso estremo seguito da esperti».
gianmarco tamberi con la moglie chiara bontempi 1
Gara fatta, medaglia al collo: cosa vuole mangiare?
«Le lasagne di nonna Graziella e torno bambino».
Quanto conta per lei la bellezza?
«Io sono sempre stato quello brutto della famiglia. Mio fratello Gianluca nel 2012 ha vinto Mister Italia: io ero quello simpatico, lui quello bello».
Anche Gianluca è stato un atleta.
«La sua disciplina era il lancio del giavellotto. Ora, dopo una laurea in Economia, sta facendo il bis con Giurisprudenza».
E il suo rapporto con la scuola?
«Per me è stata una tortura. Non riuscivo a stare fermo e seduto. Dal punto di vista del rendimento me la cavavo, ma caratterialmente ero un disastro».
gianmarco tamberi con la moglie chiara bontempi
Dopo Parigi penserete a un bambino?
«Una piccola Chiara mi piacerebbe davvero un sacco. Rimandiamo per dargli totale attenzione: con la preparazione dovremmo togliere energie o a una nuova vita o al sogno cui abbiamo dedicato tanti anni e fatica».
La prima persona che ha creduto in lei?
«Sono due, mia madre e mio padre. Entrambi erano atleti, lui era un saltatore in alto e ha fatto l’Olimpiade di Mosca. In me hanno visto delle qualità e mi hanno sostenuto per tirarle fuori».
gian marco tamberi al gran premio di monza
Con mamma ha festeggiato dopo la vittoria a Budapest, a papà – che non è più il suo allenatore e con il quale i rapporti sono piuttosto freddi – ha detto comunque un grazie.
«Fa parte di quella vittoria, quello che so del salto in alto me l’ha insegnato lui».
Com’è stato avere un padre-allenatore?
«Molto complicato. Era un allenamento continuo: al campo e a casa. Nel 2015 sono andato a vivere da solo perché volevo uscire da quella bolla in cui c’era un solo pensiero e mi sentivo sempre giudicato».
Libri, musica, podcast, film: cosa fa per distrarsi?
«Scelgo una serie tv con Chiara. Guardiamo un po’ di tutto, evitando horror e titoli romantici».
E quando vuole rilassarsi?
«Allora faccio yoga».
Ma nella vita privata è “matto” come in pista?
«Di più (ride). La follia è un mio elemento distintivo».
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