Giampiero Mughini per Dagospia
Credo sia stato questo il primo anno della mia vita trascorso senza una virtuale maglia in bianco e nero che avvolgesse le mie spalle, ma che sto dicendo senza una maglia bianca e nera che avvolgesse la mia anima.
Dacché dall’età di 10 anni mi ero fatto “juventino” (vivevo allora in Sicilia) perché portava il mio stesso nome, e stavo per dire il mio stesso marchio nobiliare, quel fatale “Giampiero”.
La scelta più importante nella mia vita fatta a 10 anni. E senza mai pentirmene un solo minuto. Beninteso vedevo giocare in Italia squadre formidabili, il Grande Torino, l’Inter di Herrera e Sandro Mazzola, il Milan di Nereo Rocco e Gianni Rivera, il Napoli dove spadroneggiava Sua Maestà Maradona, il lunare Napoli vincente dell’anno scorso. Tutte prodigiose rivali.
Ora vincevano loro, ora vincevamo noi. È la bellezza dello sport e delle sue avventure. Una palla che rimbalza malamente a cinque minuti dalla fine della partita e la decide, o un prodigioso colpo di testa in una mischia su calcio d’angolo pochi minuti prima che l’arbitro chiudesse la partita.
Passano gli anni, cambiano le ere. Da tre o quattro anni la Juve non è più la dominatrice dei campionati italiani. I denari stranieri ne hanno sconvolto la topografia. È un altro sport. Da tre o quattro anni di giocatori italiani in una squadra italiana ne giocano al massimo due o tre mentre piovono in Italia da ogni dove campioncini che sulla carta topografica gli italiani faticherebbero a imparare dove diavolo stanno.
È avvenuto che gli juventini abbiano imparato a saper perdere di riffe o di raffe. Di un Umberto Agnelli non se ne fanno due e forse troppi soldi sono stati spesi per un giocatore astro-lunare che gioca per sé ma non per gli altri dieci.
Da allora la Juve non è più la squadra fortezza, la squadra in cui gli undici giocano per tutti gli undici e si dividono la vittoria in undici parti uguali.
Sì quest’anno ho visto raramente giocare la Juve. Ne potevo fare a meno di quell’incantesimo. Colpa di un Allegri cui mezza Italia voleva insegnare l’arte del colpire la palla con i piedi? Ma non diciamo sciocchezze. È un allenatore che ha quantità strabocchevoli di coppe e di vittorie, un allenatore che ha vinto e vinto ancora. 5 scudetti di seguito come era avvenuto solo una volta nella storia del nostro football.
Semplicemente le storie passano. Come passaggio finale mi è poi immensamente piaciuto il gesto frenetico di Allegri che si strappa di dosso giacca e camicia bianchissima. Ne nascerà una nuova Juve? Difficile, difficilissimo. Ma ne vale la pena aspettarselo.
GIAMPIERO MUGHINI
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