Giulia Zonca per "la Stampa"
L'uomo che ha sciupato più occasioni in carriera viene richiamato quando l'Italia non può più sbagliare. Balotelli rientra nel giro della nazionale, siamo solo allo stage e il fatto che l'attaccante riemerga per una prova, a 31 anni, pur essendo un giocatore che Mancini conosce benissimo, dà l'idea della traiettoria di questa chiamata. Il calcio italiano non sa ancora dove mettere Balotelli eppure continua ad averne bisogno.
mario balotelli roberto mancini
Il suo nome è la carta della disperazione, Mancini non ha certo bisogno di vedere Balotelli in una tre giorni intensiva per scoprire che cosa può dare, però gli serve capire l'effetto che fa. Valutare quanto gli altri lo tollerano. Nella sua autobiografia Chiellini scrive: «Mario è una persona negativa, senza rispetto per il gruppo». E ora in quel gruppo prova a rientrarci. Può succedere di tutto, può persino funzionare, ma comunque vada tentare di ricucire, per l'ennesima volta, uno strappo così evidente significa non avere alternative.
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Che cosa resta di Supermario è facile vederlo: in Turchia segna ancora gol meravigliosi, tiri potenti scaraventati da dove non te lo aspetti, tiri beffardi con cui si diverte a mostrare che è un centravanti puro, tipologia in estinzione alla nostre latitudini. Per chi, comprensibilmente, ne avesse perse le coordinate, Balotelli gioca in Super Lig, nel Adana Demirspor allenato da Montella.
È quarto in classifica e ha realizzato 8 gol in 18 partite, sembra in forma. Tiene la cresta alta. Nessuna sorpresa. Sa come si segna, lo ha sempre saputo e non è mai bastato. Manca in nazionale dal settembre del 2018, da una Nations League già in gestione Mancini, di certo il tecnico più legato a lui, tanto da essere definito «il mio padre calcistico». Come un papà lo ha sempre tenuto in considerazione, persino quando non si sarebbe mai sognato di convocarlo.
Lo ha voluto nella prima sfida della sua Italia e Supermario ha segnato contro l'Arabia Saudita: maggio 2018. Poi solo altre tre apparizioni e tanti saluti. Funzionava a intermittenza e l'inserimento era molto complicato. Quanto lo è oggi. Puro Balotelli: «Andare in Nazionale è sempre bello, resta una grande emozione. A 31 anni sono ancora giovane e l'azzurro dovrebbe essere la normalità. L'anormalità sarebbe non esserci», lo ha detto al sito bresciaingol che lo segue come un'ombra. La normalità è andata in pausa da più di tre anni.
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Nel mentre lui è stato in Francia, a Nizza e a Marsiglia, è tornato al Brescia dove aveva iniziato, è passato in serie B, al Monza di Berlusconi. Nulla è durato. Si presenta a ogni nuovo indirizzo con reti spettacolari, si fa applaudire, trova un coro amico, pubblica frasi provocatorie e poi sparisce o discute. O entrambe le cose.
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Vero, ora Mancini cerca un effetto immediato, peso per l'attacco durante i playoff. Poi si vedrà e pure sul prima non ci sono certezze. Lo stage che inizia domani è sperimentale. Balotelli ha sedotto l'Italia almeno due volte: contro la Germania agli Europei del 2012, con una doppietta prepotente che sembrava la sua firma su un ciclo mai iniziato, e contro l'Inghilterra, in Brasile, nel 2014, che sono finiti male e sono rimasti pure un lunghissimo, amarissimo addio.
Forse volerlo ora e immaginarlo in campo per interrompere il digiuno mondiale è una sorta di esorcismo. Lui risponde «sono carico». Meglio di no.
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