Antonio Riello per Dagospia
La gipsoteca della Faculty of Classics dell'Università di Cambridge raccoglie più di seicento copie in gesso di sculture greche e romane (solo circa quattrocento di esse sono effettivamente visibili al pubblico). La elegante Korè di Peplos e l'imponente Kouros di Sounion sono tra i pezzi forti della collezione. La sua importanza sta nel permettere agli studiosi di fare ricerche senza rovinare gli originali e ovviamente senza dover girare per mezzo mondo.
C'è qualcosa di abbastanza simile anche al Victoria & Albert Museum di Londra. Concettualmente un calco in gesso è una semplice riproduzione, ma quelli che hanno molti decenni sulle spalle diventano a loro volta dei "reperti quasi-antichi", acquistano insomma una intrinseca preziosità.
Fino a poche settimane fa questo posto era noto solo agli addetti ai lavori. La pregevole raccolta infatti deliziava, più che il grande pubblico, un manipolo di specialisti e studenti della classicità. Almeno finchè i media britannici hanno iniziato a parlarne perchè è successo qualcosa che ha lasciato sbalordita la gente comune (il paludato e spocchioso mondo accademico è in effetti già avvezzo da tempo a questo tipo di "incidenti").
Un gruppo di studenti e una piccola parte del personale dell'Università di Cambridge ha contestato con forza l'esposizione al pubblico di queste copie, chiedendone a gran voce la chiusura o almeno un radicale "riassetto ideologico". Il Consiglio di Facoltà ha deciso di tenere aperto ma di far accompagnare subito i tanti reperti presenti da adeguate informazioni che li possano giustificare e "de-ideologizzare". In pratica ampie didascalie negano che questo sia un display di propaganda ad uso della supposta supremazia europocentrica.
Si va anche oltre: si spiega diligentemente come il colore bianco dei reperti sia un mero fatto tecnico (ma guarda un po': il gesso è naturalmente bianco di suo....) e non ideologico. O peggio, subdolamente celebrativo.
Chi ne ha chiesta la chiusura appartiene al variegato movimento noto nel Regno Unito come "WOKE". Gli Woke People pensano ad una profonda trasformazione della Cultura Occidentale: partendo dai corsi universitari vogliono una nuovo tipo di Cultura decisamente più inclusiva e multietnica. Ma soprattutto vogliono ri-scriverla scartando radicalmente tutti gli aspetti ritenuti disdicevoli (ovvero purgarla di quelli più biecamente bianchi, capitalisti, maschilisti, e quindi in qualche modo "occidentali"). Si parla spesso in questi casi di "Cancel Culture". Il paradosso è che, per proteggere le cosiddette "Culture discriminate", si finisce effettivamente per discriminarne delle altre.
Il loro bersaglio preferito è comunque proprio il mondo classico. Lo studio dell'Odissea e dell'Iliade a livello universitario è stato messo in secondo piano e talvolta apertamente abolito da alcuni atenei americani e britannici (non ancora a Cambridge, almeno per il momento). Questo perchè i versi di Omero sono definiti come "non sufficientemente inclusivi" e sembra che portino via tempo allo studio di epopee africane e/o asiatiche. Almeno il valoroso Ettore fosse stato di origini africane....Inoltre, evidentemente, non c'è in essi abbastanza spazio per ruoli femminili significativi.
Anche la scultura classica, sotto questa prospettiva, diventa una epifania del potere occidentale più detestabile. L'inizio di una estetica razzista e colonialista nonchè di un sistema artistico culturalmente vessatorio e predatorio. Forse è tollerabile il fatto che all'origine le statue classiche fossero allegramente e chiassosamente colorate. Ma è sicuramente diventato inaccettabile il loro attuale minaccioso biancore marmorio (o, come in questo caso, gessoso). L'archeologia tradizionale è vista come uno strumento di oppressione da quelli che sono diventati i Talibani del politically correct.
Su The Times Melanie McDonagh scrive senza mezzi termini di "idiozia". Altri giornalisti sono magari più sfumati nella terminologia ma concordano tanto sulla ridicola richiesta degli studenti coinvolti quanto sulla obbediente e docile reazione dell'Istituzione Universitaria. Si è parlato anche di "vandalismo culturale" da parte dei più conservatori. The Guardian, piuttosto vicino al movimento Woke, invece prudentemente sorvola e abbozza.
Due rapide considerazioni.
Una pratica: se per qualsiasi ragione passate per Cambridge affrettatevi a vedere questa raccolta. Potrebbe chiudere definitivamente presto.
L'altra un po' nostalgica: come sono lontani i tempi in cui nella provincia italiana il medico, il professore o l'avvocato di turno si vantavano affermando con orgoglio: "noi che abbiamo fatto il Liceo Classico!" (e spesso non era neanche vero....). Fra un po' anche chi lo ha fatto per davvero dovrà nasconderlo, giurando di avere fatto solo sani studi "multiculturali improntati ad una rigorosa diversità". E, ad una eventuale domanda trabocchetto di controllo sul grande Aristotele di Stagira, dovrà rispondere di aver solo sentito parlare - e vagamente - di un traghettatore con quel nome, un certo Aristotele Onassis.
Museum of Classical Archaeology
Faculty of Classics
Sidgwick Avenue
Cambridge
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