Elena Meli per "www.corriere.it"
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Non si vedono quasi per niente, eppure funzionano. Le mascherine trasparenti sono la frontiera degli apparecchi ortodontici: arrivate sul mercato ormai da qualche anno, essendo quasi invisibili si sono diffuse moltissimo e a oggi le stime parlano di circa sei milioni di persone trattate nel mondo con questa tecnologia.
Non di rado infatti i pazienti, specialmente gli adulti, si convincono a far qualcosa per raddrizzare i denti proprio pensando di poter scegliere apparecchi così, a «impatto zero» sull’estetica.
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La faccenda però non è così semplice, anzi: prima di tutto perché come sottolinea Ersilia Barbato, presidente Sido, «La tecnologia dev’essere un mezzo, mai un fine: al centro di un intervento non c’è un tipo di apparecchio, ma il paziente con la sua diagnosi. Il percorso quindi inizia sempre identificando il problema e le possibili soluzioni, quindi si sceglie lo strumento migliore per il singolo caso».
Non risolvono qualunque difetto
Lo hanno sottolineato anche i documenti sugli allineatori trasparenti realizzati dagli esperti internazionali in occasione dell’ultimo congresso Sido, che ribadiscono come non si debba credere che le mascherine risolvano qualsiasi difetto di malocclusione, ma siano tuttavia utili in casi selezionati.
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«Sono adatte, per esempio, a trattare malocclusioni relativamente lievi», interviene Cesare Luzi, presidente Asio. «Hanno infatti un minor potenziale di azione sui movimenti dentali, per cui in caso siano necessari ampi riassestamenti sono meno efficaci di un apparecchio fisso».
Metti e togli
Le mascherine infatti sono concettualmente fisse (devono stare in sede più a lungo possibile per funzionare davvero) ma sono mobili nella pratica, perché vanno tolte quando si mangia o per lavare i denti; ciò le rende più accettabili e soprattutto facilita l’igiene orale, perché basta lavarsi i denti ogni volta prima di rimetterle per avere una bocca sempre pulita, inoltre passare lo spazzolino sui denti liberi è più semplice rispetto a farlo cercando di raggiungere tutti gli angoli dei classici apparecchi con le placchette e i fili in metallo.
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L’importante è ricordare che la riuscita del trattamento è proporzionale al tempo che si passa con l’allineatore ben posizionato sui denti. «Va anche detto che il risultato finale reale difficilmente è quello che si vede nella simulazione virtuale al computer, all’inizio della cura: di solito non si raggiunge il 100 per cento dell’effetto», avverte Luzi.
Come funziona
Il programma comincia infatti con l’analisi computerizzata della dentatura del paziente sulla base di radiografie; quindi un software in 3D identifica vari passi in un percorso che man mano sposta i denti fino a posizionarli in modo corretto.
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Ogni passo viene «tradotto» in una mascherina in polimeri trasparenti, stampata al computer, che esercita una trazione sui denti e pian piano li sposta: il paziente indossa le mascherine una dopo l’altra (in genere cambiandole ogni due settimane, ma ora ci sono anche interventi rapidi che lasciano ciascuna in sede per una settimana soltanto), avvicinandosi così all’aspetto ideale finale.
Che però appunto non è facilissimo da centrare, per cui spesso la dentatura reale a chiusura del trattamento (la cui durata è variabile a seconda della situazione da risolvere), è leggermente diversa da quella virtuale a cui si puntava all’inizio.
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Non affidarsi a internet
C’è da aggiungere anche il costo, mediamente più alto rispetto a quello degli apparecchi fissi per la maggior tecnologia impiegata; a fronte di questi limiti resta l’indubbia semplicità d’uso e l’impatto nullo sull’estetica, così sta fiorendo perfino un ampio fai da te su internet. Una moda soltanto agli inizi nel nostro Paese ma già esplosa negli Stati Uniti, dove un sondaggio dell’American Association of Orthodontics ha rivelato che il 13% degli specialisti ha visitato pazienti che hanno usato mascherine acquistate sul web, riportando in alcuni casi danni alle arcate dentali.
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Su internet tante aziende spediscono a casa un kit per prendere le impronte della dentatura: poi si rimanda il tutto e si ricevono le mascherine a casa, pronte per l’uso senza nessuna supervisione. Il costo scende, tutto sembra facile e veloce; peccato che ci siano rischi non da poco, come dimostrano gli oltre mille reclami arrivati sul sito di una delle maggiori aziende statunitensi che forniscono il servizio.
«Un riallineamento dei denti fine a se stesso può peggiorare il morso o alterare gli equilibri della bocca: serve una diagnosi adeguata e la supervisione dello specialista durante il trattamento e dopo, per mantenere i risultati raggiunti. Il fai da te può essere pericoloso», conclude Luzi.
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Le regole per una corretta manutenzione
Mettere l’apparecchio ortodontico implica un’assunzione di responsabilità: occorre utilizzarlo in modo corretto, per esempio rispettando i tempi e i modi d’impiego se si tratta di un apparecchio mobile, e in ogni caso serve prendersene cura.
La manutenzione non è un aspetto secondario per la riuscita del trattamento, anzi: «Una gestione inadeguata può comportare rischi e la collaborazione del paziente è fondamentale», osserva Cesare Luzi, presidente Asio. «In alcuni casi, se questa non c’è, può essere meglio sospendere il trattamento. Non lavarsi bene i denti, per esempio, col tempo può portare a decalcificazioni e carie».
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L’igiene di denti e apparecchio è la parte più critica: con quelli mobili è facilitata, a patto di essere scrupolosi e lavare i denti e il dispositivo ogni volta che viene tolto e rimesso in bocca. In questi casi non ci sono particolari precauzioni da prendere perché i denti sono liberi e si possono pulire con un normale spazzolino; gli apparecchi mobili, per esempio le mascherine, vanno però anch’essi lavati con acqua e dentifricio o sapone neutro (in caso contrario gli allineatori trasparenti si opacizzano o si macchiano e possono diventare ben visibili), per alcuni poi può essere opportuna un’igienizzazione con apposite soluzioni disinfettanti, a giorni alterni o secondo l’indicazione dell’ortodonzista; anche i contenitori poi vanno puliti e asciugati con cura.
La manutenzione degli apparecchi fissi
Diversa è la manutenzione degli apparecchi fissi: in questi casi la pulizia dei denti e del dispositivo è un po’ più macchinosa, ma deve essere altrettanto scrupolosa.
Serve innanzitutto uno spazzolino morbido e soprattutto un filo interdentale specifico, con un’estremità in materiale più rigido per pulire gli spazi più difficili da raggiungere, come quelli fra filo metallico e dente o fra le placchette; in aggiunta può essere molto utile lo scovolino interdentale, che arriva bene negli spazi fra dente e dente o nelle zone parzialmente coperte da filo metallico e placchette e può così prevenire per esempio le macchie da decalcificazione dovute al ristagno della placca batterica.
Una volta terminato il lavaggio vero e proprio è buona regola fare sciacqui con un collutorio al fluoro non troppo aggressivo; se poi l’apparecchio prevede gli elastici ortodontici per la trazione, occorre rimuoverli durante i pasti e sostituirli quotidianamente.
Un po’ di fastidio è normale quando si è appena messo l’apparecchio, ma se i sintomi compaiono dopo occorre chiedere consiglio al dentista; non sono più da temere, invece, le macchie che in passato restavano dopo aver tenuto a lungo un apparecchio classico con le placchette in metallo. «I materiali sono migliorati, oggi si usano collanti e agenti fluorati e il problema non c’è, a patto ovviamente di essere scrupolosi con l’igiene orale e dell’apparecchio», conclude Luzi.
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Si può intervenire anche da adulti
Sono sempre più spesso gli adulti a sfoderare un sorriso con l’apparecchio. Perché anche «da grandi» si può fare qualcosa per avere una dentatura perfetta: «Non c’è più crescita, quindi non si può avanzare il palato o la mandibola (se fosse necessario serve la chirurgia maxillo-facciale, ndr), ma si possono spostare i denti», dice Cesare Luzi, presidente Asio.
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«I movimenti possibili sono inferiori, però si possono avere buoni risultati a patto di rivolgersi a uno specialista che possa valutare il rapporto costo-beneficio e soprattutto l’intervento adatto per ciascuno». Spesso gli adulti scelgono l’apparecchio per migliorare l’estetica del sorriso, ma c’è anche una discreta quota di trattamenti necessari perché magari si sono persi alcuni denti e quindi si è alterato l’equilibrio della dentatura, oppure perché ci sono stati problemi parodontali, per esempio cedimenti delle gengive che hanno cambiato l’assetto dei denti.
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Di solito sono pazienti molto motivati, sia se la richiesta è solo migliorare l’estetica, sia se c’è un problema più ampio da affrontare per ritrovare il benessere orale. «Occorre sempre tener conto della motivazione e del rapporto rischio/beneficio correlato al trattamento ortodontico, che spesso si inserisce in un percorso multidisciplinare con implantologo, protesista, parodontologo e così via per ripristinare la corretta funzionalità della bocca; sicuramente la possibilità di interventi invisibili ha aumentato l’accesso alle procedure», osserva Ersilia Barbato, presidente Sido.
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E non ci sono solo le mascherine: i veri apparecchi invisibili, infatti, sono quelli linguali che vengono fissati sul lato interno della dentatura.
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