Vaccini:studio italiano, tutti 95% efficacia,stop casi gravi
(ANSA) - PESCARA, 13 MAG - Il "primo studio" organizzato in Italia sull'efficacia dei vaccini conferma che "tutti e tre i vaccini sono molto efficaci".
I risultati sono stati presentati ieri in una conferenza a Bologna dall'epidemiologo pescarese Lamberto Manzoli in collaborazione con l'Università di Ferrara. Secondo Manzoli tre sono i punti decisivi dello studio statistico compiuti su 37 mila persone che hanno ricevuto il vaccino in provincia di Pescara dal 2 gennaio al 24 aprile, e i cui dati completi sono stati elaborati dalla Asl del capoluogo adriatico.
"Per prima cosa - spiega il dottor Manzoli - abbiamo registrato il -95% di infezioni successive al virus dopo i tempi di produzione di anticorpi rispetto ai residenti adulti. Poi un -99% di malattia conclamata nei riceventi il vaccino.
In più un -90% di decessi, ma il dato è condizionato dal fatto che abbiamo registrato un solo morto, una donna di 96 anni, contro i 206 non vaccinati dello stesso periodo, quindi è un dato non probante".
Secondo lo studio i dati sono in linea con quanto emerso in studi esteri e sono statisticamente trasportabili su scala nazionale "Non ci aspetteremmo conclusioni diverse - puntualizza il dottor Manzoli, che in precedenza aveva lavorato con l'Agenzia Sanitaria Regionale abruzzese - ce lo dice la logica.
Tra sei mesi potremo ristudiare nuovi dati, ma riteniamo improbabile che non ci fornisca le stesse conferme. Tra le cose interessanti c'è da rilevare che siccome in Abruzzo la variante inglese in questo periodo è stata dominante, anche in questo caso i vaccini sono stati efficaci. C'è un dato che non abbiamo potuto pubblicare che è quello degli eventuali effetti negativi, ma sappiamo che c'è una sorveglianza stretta e però posso dire che anche in questo caso i risultati sono positivi", conclude l'epidemiologo abruzzese.
Silvia Turin per www.corriere.it
Vaccini e varianti: l’efficacia
La casa farmaceutica Pfizer ha dichiarato che non esistono evidenze che sia necessaria una nuova formula del suo vaccino contro le varianti. Che cosa significa?
Il vaccino Pfizer si è dimostrato in grado di proteggere le persone anche nei confronti delle varianti di SARS-CoV-2 più temute. L’ultimo studio in ordine di tempo, svolto in Qatar contro le varianti inglese e sudafricana, ha mostrato una buona efficacia del vaccino, che diventa ottima nella prevenzione di malattie gravi o fatali indotte dal SARS-CoV-2 mutato.
quartier generale pfizer a new york 1
Anche Moderna ha buoni risultati, inoltre sta studiando un potenziamento del suo vaccino, che ha generato buoni anticorpi contro la variante sudafricana, e un prodotto specifico formulato contro tutte le varianti, che ha generato anticorpi ancora migliori negli studi clinici di Fase 2.
Come si è arrivati a questo risultato?
Da subito le case farmaceutiche hanno iniziato a fare ricerche nei confronti delle varianti più diffuse (sostanzialmente l’inglese, la sudafricana e la brasiliana) e hanno visto che gli anticorpi indotti dal vaccino sono in grado di bloccarle tutte.
Anche i vaccini a vettore virale come AstraZeneca e Johnson & Johnson sono efficaci contro le varianti?
Sembra che non ci sia una differenza marcata tra vaccini a RNA messaggero e a vettore adenovirale e che tutti siano in grado di difenderci. Riguardo ad AstraZeneca inizialmente c’erano dati che suggerivano che funzionasse meno bene nei confronti della variante sudafricana, ma in studi successivi le analisi si sono dimostrate migliori, specie nei confronti della brasiliana.
Tutti e quattro i vaccini in uso oggi in Italia proteggono anche dalle varianti, soprattutto nel prevenire gravi conseguenze da Covid-19. Ricordiamo che in Italia la variante dominante è ormai l’inglese (prevalente al 91,6%), mentre la brasiliana rappresenta il 4,5% dei casi e tutte le altre sono sotto lo 0,5%.
I vaccini cinesi rispondono altrettanto bene?
I vaccini cinesi funzionano meno bene anche nei confronti del virus originario (senza mutazioni significative), perché hanno una protezione massima del 50%. In alcuni Paesi dove sono stati utilizzati, come il Cile o le Seychelles, i contagi sono aumentati nonostante un’altissima percentuale di popolazione immunizzata (rispettivamente il 45% e il 60%).
Dovessero sorgere mutazioni peggiori?
Le autorità di Nuova Delhi dicono che sia Astra Zeneca sia Pfizer sono efficaci contro la variante indiana. con la nuova tecnologica dell’RNA messaggero, nel caso di mutazioni nuove si troverebbe una nuova composizione in tempi abbastanza rapidi: si parla di un paio di mesi dall’inizio del processo all’approvazione.
La durata dell’immunità
La buona risposta contro le varianti è un’indicazione utile anche per i guariti?
Sicuramente l’immunità indotta dalla malattia non è altrettanto valida come quella indotta dai vaccini, specialmente contro le varianti. Il suggerimento fortissimo, anche per chi è guarito, è quello di vaccinarsi. Per chi ha fatto il virus da meno di sei mesi basta una singola dose.
Per quanto tempo i vaccini ci proteggeranno? Ci sono nuove evidenze?
I dati - solidi - che vengono dal mondo reale dimostrano come, anche quando la quantità di anticorpi che si misura nel sangue (con i test sierologici) scende, non diminuiscono le “cellule di memoria”, che in un secondo incontro con il virus si attiverebbero immediatamente producendo altri anticorpi. Siamo arrivati a oltre sette mesi di durata, ma la forchetta dovrebbe ampliarsi ancora.
Alcuni scienziati propongono di studiare un vaccino pan-coronavirus, funzionerebbe contro tutte le varianti?
Si. Sarebbe un vaccino a tecnologia RNA “a prova di varianti”. Potrebbe forse anche fornire una certa protezione da future epidemie di betacoronavirus zoonotici e una piattaforma valida per l’ulteriore sviluppo di vaccini pan-betacoronavirus.