AZIONE “CATTOLICA” - DOMANI IL CDA STRAORDINARIO DI CATTOLICA, CONVOCATO IN FRETTA E FURIA DOPO LE ACCUSE FORMULATE DALL’IVASS E IL DURISSIMO RICHIAMO DELLA CONSOB ALLA GESTIONE BEDONI - MOLTI CONSIGLIERI PENSANO A DIMISSIONI IN BLOCCO PER FAR DECADERE L’INTERO CDA - L’ALTRA IPOTESI: CHIEDERE DIRETTAMENTE LA TESTA DI BEDONI - MA LA PARTITA RIGUARDA ANCHE “GENERALI” CHE DI CATTOLICA HA APPENA COMPRATO IL 25% - CHE FARÀ DONNET? O RINUNCIA A METTERE BECCO NELLA RIFORMULAZIONE DEL CDA OPPURE…
1 - DAGOREPORT
Anche a Verona e Trieste, come a Roma per la politica, viene giù tutto. Domani il cda straordinario di Cattolica, convocato in fretta e furia dopo le accuse formulate dall’Ivass e il durissimo richiamo della Consob che ha giudicato insufficiente quanto comunicato dalla compagnia veronese, induce molti consiglieri a seguire uno di loro, Luigi Castelletti, che nel frattempo si è dimesso, e contrariamente a quanto dichiarato oggi in un’intervista al Corriere della Sera dal presidente Paolo Bedoni (“lascio all’assemblea”, cioè solo in aprile) pensano a dimissioni in blocco, o comunque di un numero sufficiente di consiglieri tale da far decadere l’intero cda (scatta quando decadono 5 consiglieri su 15, e quindi se ne devono dimettere altri 4).
“La nave affonda, non possiamo immolarci per Bedoni”, si sono detti in una fitta serie di telefonate. L’altra ipotesi sul tavolo, per il cda di domani, è che venga chiesta la testa del solo Bedoni, oltre che dei suoi due strateghi, il professor Mario Cera per la parte legale (è già stato contattato Giulio Tremonti, che nicchia) e Gianluca Comin per quella della lobby e comunicazione, accusati di aver sbagliato le mosse e soprattutto di aver arrogantemente sottovalutato Ivass e Consob.
Ma a questo punto la partita non è più solo veronese. Rimbalza anche a Trieste, dove Donnet, già in gravissima difficoltà tanto da aver dovuto offrire la testa dei suoi uomini più fidati per tentare di salvare la sua, ora si trova a un bivio: o rinuncia a mettere becco nella riformulazione del cda di Cattolica, e allora gli sarà rinfacciato di aver fatto un investimento inutile (e dove ha già perso dei soldi), o se intende indicare lui la lista dei nuovi amministratori, sarà costretto dalla Consob a fare l’opa sul restante 70% delle azioni Cattolica e spendere una marea di altri quattrini, e allora i suoi azionisti che fin qui hanno mugugnato (Del Vecchio e Caltagirone) alzeranno la voce e ne chiederanno la testa. Donnet, terrorizzato, in queste ore ha provato a chiamare Bedoni, ma il telefono ha squillato a vuoto.
2 - LA SCURE DELL'IVASS SULLA CATTOLICA E ANCHE GENERALI ORA È IN ALLERTA
Vittoria Puledda per “la Repubblica”
L'ispezione era stata dura e si era conclusa con «risultanze sfavorevoli e l'avvio di un processo sanzionatorio», questo era noto fin dalla prima comunicazione di sabato scorso. Ma la quantità e la profondità dei rilievi mossi da Ivass a Cattolica sono talmente vasti che la Consob ha chiesto alla compagnia di dare maggiori dettagli al mercato.
Un problema, in prospettiva, anche per Generali, che di Cattolica ha appena comprato poco meno del 25%. Domani Cattolica terrà un consiglio straordinario per cominciare la disamina dei punti sollevati dall'autorità di controllo e approntare una strategia. I rimedi chiesti infatti dovranno essere presi a tambur battente e, relativamente ad alcuni aspetti, Ivass ha dettato anche la tempistica.
A partire dalla madre di tutte le contestazioni: la governance, che ha visto il consiglio agire al di fuori dei «canoni di cautela e prudenza», mettendo a repentaglio la «solvibilità». Durissime le parole sul presidente Paolo Bedoni, che ha tenuto «condotte - anche in contrasto con lo statuto societario - che ne hanno alterato il processo di formazione delle decisioni e che, per la loro opacità, hanno pregiudicato il diritto degli amministratori all' assunzione di decisioni informate».
Con la conclusione ovvia: il cda deve subire una profonda discontinuità, con un ricambio «dei componenti che coinvolga in particolare il presidente e gli altri esponenti cui sono ascrivibili le criticità risultanti dal rapporto ispettivo». Tra quelli che hanno raggiunto i limiti di mandato e quelli chiamati in causa direttamente da Ivass, oltre a Bedoni dovrebbero essere altre quattro persone. Il ricambio deve avvenire a ridosso del primo aprile, quando diventerà efficace la trasformazione in spa.
La durezza dei richiami in un primo momento aveva fatto pensare a dimissioni in massa, a partire da Bedoni, in tempi più ravvicinati ma bisogna aspettare aprile per votare secondo i principi della spa e non come cooperativa.
Sotto i riflettori di Ivass sono finite operazioni specifiche, tra cui la joint venture con Banco Bpm (proprio di recente le parti hanno ripreso a parlarsi, con l' obiettivo di scongiurare, entro la fine del mese, l'arbitrato). Altri rilievi sono stati fatti agli investimenti in H-Farm e nel Fondo Cà Tron HCampus, così come è stato sottolineato lo «scarso monitoraggio e indirizzo sulle controllate Cattolica Beni Immobili e Cattolica Agricola»; sotto accusa anche il funzionamento dei Comitati.
Ivass ha prescritto inoltre la vendita sul mercato entro il 2021 delle azioni rivenienti dal recesso, un pacchetto pagato 112 milioni (che vale circa 10 punti di Solvency, l' indicatore di solidità patrimoniale) e su cui ora c' è una minusvalenza teorica di oltre 20 milioni, così come ha chiesto che venga realizzata in tempi stretti la seconda rata di aumento di capitale (da 200 milioni). In proposito Goldman Sachs, Imi e Mediobanca avrebbero già espresso una disponibilità di massima a formare il consorzio. Scontato l' intervento proquota di Generali, dopo i 300 milioni di aumento di capitale riservato.
Ma ora per il Leone di Trieste si prospetta un altro grattacapo: la lista di maggioranza per il rinnovo del consiglio. Il cda uscente ha la facoltà di farlo, però dopo i durissimi rilievi dell' Ivass si trova in una posizione difficile; se la presentasse Generali, sarebbe dimostrato nei fatti il controllo sulla compagnia (cosa che ha sempre smentito) e che la condurrebbe dritta all' opa, con grande probabilità, nonché a far scattare la clausola di cambio di controllo, invocata per esempio da Banco Bpm. Un problema nel problema, per la compagnia triestina. Che al momento di decidere l' ingresso in Cattolica non potè contare sul voto di Caltagirone e del rappresentante di Del Vecchio, assenti (e a quanto risulta dubbiosi sull' investimento).