LE CAMPAGNE TRANSGENDER FORSE FANNO BENE ALL’IMMAGINE, MA DI CERTO FANNO MALE AGLI AFFARI – DALLA BIRRA BUD LIGHT AI GRANDI MAGAZZINI TARGET, NEGLI STATI UNITI I MARCHI IMPEGNATI PER I DIRITTI LGBTQ CROLLANO IN BORSA E FINISCONO AL CENTRO DELLE POLEMICHE – LE CAMPAGNE  PORTATE AVANTE DAI CONSERVATORI PER BOICOTTARE I PRODOTTI “RAINBOW” SI STANNO RIVELANDO EFFICACI. E IL 43 PER CENTO DEGLI AMERICANI RITIENE CHE SI SIA ANDATI TROPPO OLTRE SUI DIRITTI DEI TRANSGENDER…

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Estratto dell’articolo di Massimo Gaggi per www.corriere.it

 

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Da quando, il primo aprile, l’influencer transgender Dylan Mulvaney ha iniziato a promuovere tra i suoi quasi 2 milioni di follower la Bud Light, le vendite di questa popolarissima birra americana sono calate di un quarto mentre in Borsa il titolo del gruppo che la possiede – Anheuser-Busch Inbev – ha perso il 19 per cento.

 

Anche Target, una delle maggiori catene di grandi magazzini degli Stati Uniti, è finita nel mirino delle culture wars che infiammano gli Usa: dal lancio, il 24 maggio, della sua linea di prodotti per il Pride month (giugno, mese dell’orgoglio omosessuale) il valore del titolo è calato del 10 per cento mentre molti negozi sono stati vandalizzati da attivisti di estrema destra: commessi minacciati e merce gettata a terra o resa inservibile (soprattutto abbigliamento e libri per bambini in tema gender fluid).

 

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Casi estremi ma non isolati: iniziata mesi fa con la guerra tra il governatore della Florida (e, ora, candidato alla Casa Bianca) Ron DeSantis e la Disney sulla legge di quello Stato che vieta di parlare di omosessualità nelle scuole elementari e medie e impone una severa censura per i libri scolastici su sesso e razzismo, la controffensiva della destra integralista contro le corporation accusate di abbracciare la cultura woke della sinistra ha colpito altre catene commerciali che celebrano coi loro prodotti l’orgoglio gay, da Walmart a Kohl’s.

 

la linea di prodotti Pride month di target la linea di prodotti Pride month di target

Per ora Disney, che da 30 anni ospita nel parco Disney World di Orlando i Gay Days e Walmart, con la sua linea di prodotti Pride & Joy, resistono, mentre molte altre aziende che da anni interpretano il Gay pride anche in chiave commerciale – da Google e Microsoft alla cioccolata Mars e all’abbigliamento sportivo di Nike e Under Armour – per ora non hanno avuto grandi contraccolpi: hanno clienti mediamente più giovani e progressisti.

 

Ma sociologi e politologi che studiano il fenomeno ritengono che il pendolo che per anni ha spinto i grandi gruppi a sfruttare anche commercialmente cause progressiste o, comunque, di difesa dei diritti civili, stia tornando indietro: in futuro le aziende saranno più caute (Bud Light sta già cambiando rotta e i suoi capi del marketing sono stati messi in aspettativa).

 

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I responsabili di queste aziende ricordano che quando, oltre un decennio fa, iniziarono a commercializzare prodotti per il Gay pride, crearono anche war room per monitorare la situazione, temendo reazioni indignate dei conservatori più accesi. Ci fu qualche tentativo di boicottaggio ma ben presto la situazione si normalizzò.

 

Le tensioni sono tornate dallo scorso anno col diffondersi dell’incendio delle guerre culturali tra destra e sinistra e l’emergere, tra i conservatori, di leader radicali come DeSantis o Marjorie Taylor Greene. A scuotere il pendolo sembra essere stata soprattutto la battaglia per i diritti dei transgender.

 

 I sondaggi dicono che se la cultura gay è ormai accettata dalla maggioranza degli americani (l’area dell’ostilità è scesa al 29 per cento), sui transgender il 43 per cento degli americani ritiene che si sia andati troppo lontano rispetto a un 33 per cento per il quale si dovrebbe, invece, fare di più.

ron desantis e comunita lgbtq+ 1 ron desantis e comunita lgbtq+ 1

 

Così la destra, costretta sulla difensiva da quando Black Lives Matter reclutò i grandi gruppi per le campagne contro il razzismo dopo l’uccisione di George Floyd, soffocato da un poliziotto a Minneapolis, oggi approfitta di questa occasione per prendersi una rivincita accusando le imprese: «La corporate America — dice DeSantis — vuole cambiare la nostra cultura, la nostra politica, la nostra società» per fare più profitti. […]

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