1. MEDIOBANCA: AL VIA ASSEMBLEA, PRESENTE 76,82% CAPITALE SOCIALE
(Adnkronos) - E' iniziata poco fa, nella sede di via dei Filodrammatici, a Milano, l'assemblea degli azionisti di Mediobanca, chiamata a rinnovare il cda. Sono presenti 2.701 azionisti, portatori di 652.4 milioni di azioni pari al 76,82% del capitale sociale. Gli azionisti si dovranno pronunciare sulla futura governance di Piazzetta Cuccia, votando una delle liste antagoniste, quella presentata dal board uscente o quella presentata da Delfin, azionista con il 19,8% del capitale.
2. MEDIOBANCA LA CONTA
Estratto dell’articolo di Francesco Spini per “La Stampa”
Non è cominciato in queste settimane e non finirà oggi lo scontro tra azionisti e manager sull'asse Mediobanca-Generali. L'assemblea di questa mattina a Piazzetta Cuccia […] segnerà una nuova importante conta dopo il primo atto, consumatosi un anno fa a Trieste. Per la prima volta la lista che un tempo veniva presentata dal patto di sindacato […] e che come nella tornata precedente porta la firma del cda uscente, sarà sfidata non tanto e non solo dai candidati dei fondi ma da una seconda lista di minoranza, costruita però per avere chances di contare di più.
L'iniziativa è della Delfin, la finanziaria di casa Del Vecchio divenuta nel tempo il primo e pesantissimo, col 19,8%, azionista di Piazzetta Cuccia. C'è stato un tempo in cui si è cercato l'accordo per evitare che il confronto si tramutasse in scontro, ma tutto è naufragato.
L'ad di Mediobanca Alberto Nagel, che sarà in ogni caso riconfermato al timone dell'istituto, e il numero uno di Delfin Francesco Milleri si sono parlati e alla fine non si sono fidati. Il banchiere […] temeva di finire commissariato. Il manager […] si è sentito invece mancare di rispetto di fronte ai 22 paletti posti dal cda della banca in cambio di tre posti più uno destinato a Francesco Gaetano Caltagirone.
C'è stato poi un ultimo tentativo, e riguardava il presidente di Mediobanca. Delfin chiedeva un'alternativa a Renato Pagliaro, manager di vecchia scuola maranghiana che ha già in tasca la riconferma. Lo spunto era l'assenza dei requisiti di indipendenza di Pagliaro, fatto segnalato come anomalo anche dal consulente più influente dei fondi internazionali, ovvero il proxy advisor Iss, che pure ha indicato la lista del consiglio come miglior scelta.
C'è dell'altro: Pagliaro paga ancora il "no" opposto all'offerta di Del Vecchio di donare 500 milioni (in un progetto che si sarebbe esteso a 2 miliardi complessivi) per sviluppare il gruppo ospedaliero Ieo-Monzino, un gesto che Mediobanca ha a suo tempo liquidato come un tentativo di acquisizione tout court. Da lì lo scontro è deflagrato.
FRANCESCO MILLERI LEONARDO DEL VECCHIO
Un anno fa a Trieste Delfin ha votato la lista proposta da Caltagirone con cui l'imprenditore capitolino puntava a contrastare la lista del cda, dietro a cui vedeva le trame di Mediobanca, raccogliendo il 41% dei voti ma senza vincere, presentando un candidato alternativo a Philippe Donnet. A questo giro Delfin […] non propone alternative a Nagel ma una lista minoranza corposa, con l'idea di poter piazzare fino a 5 consiglieri (Sandro Panizza, Sabrina Pucci, Cristina Scocchia, Massimo Lapucci e Jean-Luc Biamonti) e come minimo ottenere l'elezione dei primi due come da statuto, in quanto il terzo consigliere di minoranza finirà ai fondi, se il 2,1% che ha presentato la lista di Assogestioni confermerà il voto.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET
Ma è chiaro che la conta servirà a definire il peso degli schieramenti, definire l'eventuale contendibilità di Mediobanca e delineerà dunque scenari futuri che potranno, ancora una volta, coinvolgere le Generali, lo scrigno della finanza italiana che tanto Delfin quanto Caltagirone da sempre ritengono frenata nel suo sviluppo rispetto a concorrenti come Axa, Allianz o Zurich proprio da Mediobanca, che è il primo azionista di Trieste col 13,1%. Il fiato è ora sospeso.
A favore del banchiere di Piazzetta Cuccia, che si presenta forte di conti record, giocano diversi fattori: l'alta affluenza (si parla di più del 75%, il che vuol dire grande partecipazione dei fondi internazionali, da Norges in giù, favorevoli al cda) e dall'altro l'appoggio della maggior parte dell'accordo di consultazione (circa il 10%), più Unipol (1,9%), paradossalmente la prima concorrente italiana di Generali e legata a Mediobanca soprattutto dopo l'affare Fondiaria-Sai che ne ha permesso il salto dimensionale.
Decisivo per Nagel e il cda potrebbe essere il 2,2% dei Benetton, che un anno fa a Trieste si schierarono con Caltagirone e oggi rispetteranno il tradizionale appoggio al cda, pur tenendo lo sguardo critico sui destini di Generali. Poste, spuntate con meno del 3%, non voteranno. Gavio, presente nell'accordo di consultazione, nemmeno ha depositato le azioni.
Un altro aderente all'accordo, Romano Minozzi (1% circa), voterà per Delfin, come farà pure Caltagirone col suo 9,9%. Idem imprenditori come Vacchi (Finvacchi) e Gallazzi (Sri Group), per un 1% complessivo. E mentre i grandi fondi pensione internazionali, seguendo il consiglio dei proxy, si schierano con il cda, l'italiana Enpam, l'ente di previdenza di medici e odontoiatri, voterà col suo 1,19% per Delfin.
Sulla carta dunque gli sfidanti di minoranza si trovano con un 33% che potrebbe arrivare al 35%, mentre le pur sempre fallaci previsioni della vigilia vedono Nagel proiettato fino al 37%, grazie anche a un 1-2% di deleghe del retail e imprenditori come Della Valle. La distanza in ogni caso non sarà abissale. Molto dipenderà dall'affluenza finale, quindi dai presenti astenuti. E infine dai cambi di campo dell'ultimo minuto. Ben sapendo che sarà solo un'altra puntata di uno scontro destinato a durare, tanto più adesso che il Parlamento sta per varare la legge che renderà ben più arduo, per i consigli uscenti, presentare liste soprattutto laddove ci sono soci forti che vogliono contare.