Gianluca Paolucci per "la Stampa"
La lettera di «messa in mora» è stata recapitata nei giorni scorsi: Monte dei Paschi valuta in «almeno» 1,3 miliardi i danni causati dal cda e dal collegio sindacale in carica nel 2007/2008, in relazione all'operazione Antonveneta. E chiede di essere risarcita della somma «maggiorata di interessi e rivalutazione» ai membri del consiglio in carica all'epoca.
Un passaggio poco più che formale, secondo quanto ricostruito, che rientra nella politica di derisking dell'istituto avviata già da mesi, che punta a chiudere le pendenze legali sia attive che passive e il cui risultato più importante è stata la chiusura del contenzioso plurimiliardario con la Fondazione Mps, nell'estate scorsa.
La lettera visionata da La Stampa fa infatti riferimento ad una comunicazione precedente, del 24 dicembre scorso, con la quale ai consiglieri e ai membri del collegio sindacale in carica nel triennio 2006/2009 veniva rivolto l'invito a una soluzione stragiudiziale del contenzioso, avviato dalla banca nel 2016 dopo che a partire dal 2013 era stato svolto un approfondimento puntuale sulle conseguenze dell'acquisizione di Antonveneta per la stabilità dell'istituto.
Nella lettera viene anche precisato che il suo invio vale come interruzione della prescrizione. Destinatari della richiesta sono gli ex componenti del cda Giuseppe Mussari, Francesco Gaetano Caltagirone, Ernesto Rabizzi, Fabio Borghi, Turiddo Campaini, Lucia Coccheri, Carlo Pisaneschi, Pier Luigi Stefanini e gli ex sindaci revisori Tommaso Di Tanno, Piero Fabbretti e Leonardo Pizzichi.
Due componenti del consiglio dell'epoca (Lorenzo Gorgoni e Carlo Querci) sono nel frattempo scomparsi.
Secondo la lettera, firmata dal capo dell'ufficio legale di Mps, il cda dell'epoca «ha posto in essere atti di mala gestio, che hanno causato alla banca un ingente danno economico».
Atti che vengono riassunti in sette punti, che vanno dalla mancata valutazione degli impatti finanziari dell'operazione, solo successivamente valutati con l'elaborazione di un piano di raccolta dei finanziamenti necessari; la mancanza della due diligence su Antonveneta; un esame solo sommario dei documenti a disposizione del consiglio; l'assenza di garanzie per l'acquirente nel contratto preliminare; la mancanza di azioni cautelative a fronte delle criticità emerse tra il contratto preliminare del novembre 2007 e l'acquisto definitivo del maggio 2008; la mancanza di procedure adeguate per la valutazione e la realizzazione di operazioni di acquisizione di grandi dimensioni.
GIUSEPPE MUSSARI GIULIANO AMATO E FRANCO CECCUZZI GUARDANO IL PALIO DALLA FINESTRA DELLA FONDAZIONE MPS
«Con riguardo alle suddette circostanze - prosegue la lettera - le quali hanno condotto la banca a realizzare un'operazione irragionevole sul piano economico ed imprenditoriale e per la stessa non sostenibile dal punto di vista patrimoniale e finanziario, si contesta dunque, nuovamente, la violazione () degli obblighi connessi alla carica ricoperta».
La lettera si chiude con la richiesta ai destinatari di un incontro «volto alla congiunta valutazione delle precondizioni per una eventuale composizione stragiudiziale» delle richieste di danni. Tra Mps e Caltagirone pende anche un'altra richiesta di risarcimento: l'imprenditore romano ha infatti avanzato a sua volta una richiesta di risarcimento alla banca, per circa 500 milioni di euro, relativamente al danno subito per la perdita di valore del proprio investimento nell'istituto. Anche questa richiesta è tra quelle all'esame dell'ufficio legale nell'ambito dell'attività di derisking intrapresa da Rocca Salimbeni.
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