Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
La Cassazione mette la parola fine al processo per le contestate tangenti Saipem in Algeria 10 anni fa, e con un verdetto da 400 milioni conferma l' assoluzione in Appello a Milano a inizio 2020 della Saipem e degli ex manager Pietro Tali, Alessandro Bernini e Pietro Varone, nonché del mediatore franco algerino Farid Bedjaoui, per «corruzione internazionale». Cioè per quel reato che i pm De Pasquale e Palma additavano (confortati in Tribunale dall' iniziale condanna nel 2018) nei 197 milioni di commissioni versati nel 2007-2010 da Saipem a Bedjaoui, che il ministro del Petrolio Chakib Khelil presentava «come un figlio per me», e che aiutò Saipem ad ottenere 8 contratti da 11 miliardi.
In giugno i pm non avevano impugnato l' assoluzione (già in Tribunale e Appello) di Eni, degli ex n.1 Paolo Scaroni e top manager Antonio Vella. E pensare che nel 2015 l' ex n.1 Saipem Algeria, Tullio Orsi, aveva scelto di patteggiare 2 anni e 10 mesi.
Prima conseguenza è «la soddisfazione espressa da Saipem», che schiva del tutto la confisca di 197 milioni disposta in Tribunale; Varone, che per i pm aveva ritrattato le iniziali accuse, recupera 8 milioni; e Bedjaoui smette d' essere latitante a Dubai su mandato d' arresto milanese dal 2013, e si riprende i 165 milioni sequestratigli in Svizzera.
La seconda, indiretta, è invece il riverbero su alcuni snodi giuridici identici anche nel processo in Tribunale ai vertici Eni (l' ex Scaroni e l' attuale Claudio Descalzi) per corruzione internazionale da 1 miliardo in Nigeria (sentenza a inizio 2021): il verdetto d' Appello dei giudici Ondei-Boselli-Puccinelli, confermato ieri dalla Cassazione (presidente Fidelbo, relatore Silvestri), piantava infatti stringenti paletti sul reato. A partire dai criteri di prova, giacché anche l' acquisto del ministro di due case negli Usa, con 2 milioni dal conto estero di un sodale di Bedjaoui legato alla moglie del ministro, non era bastato a far ritenere «raggiunta la prova certa della destinazione al ministro, pur parziale, delle somme corrisposte da Saipem a Bedjaoui».
E poi l' idea che comunque «la remunerazione del mediatore non possa essere scambiata per una tangente, tenendo conto che molte imprese se ne avvalgono in Paesi diversi per cultura e legislazione». O la necessità per l' accusa di provare il contenuto e il momento dell' accordo corruttivo tra privato e pubblico ufficiale, o almeno che quest' ultimo avesse assentito all' accordo stretto nel suo interesse dal mediatore.
Fino all' assunto che pagare il mediatore, pur intimo di un ministro, non equivalga a pagare il ministro, «non potendo l' innegabile vicinanza condurre ragionevolmente all' immedesimazione».