Francesco Spini per “la Stampa”
Luca De Meo si dimette dal consiglio di Tim e la successione si annuncia come una nuova grana per un board dove la tensione già non manca. L'ad della Renault ha motivato la sua decisione con «l'impegno diretto che ora deve dedicare alla profonda trasformazione» del gruppo automobilistico, si legge in una nota diramata da Tim. Impegno che «non gli consentirebbe di contribuire in modo adeguato alle sfide che Tim sta affrontando».
Di qui la scelta di uscire, dopo che già a marzo il manager aveva alleggerito la sua agenda, lasciando il comitato nomine e remunerazioni. Già allora ci fu qualche scintilla: i francesi di Vivendi, primi azionisti del gruppo col 23,75%, avevano proposto di sostituire De Meo nel comitato con il loro Frank Cadoret. Ma la maggioranza del consiglio preferì piuttosto dimagrire il comitato da 5 a 4 componenti, ritenendo «adeguata» anche tale composizione.
Adesso il tema della successione si ripropone, più forte. La lista da cui è tratto De Meo è quella stilata a suo tempo dall'ex cda. Essa però non conteneva nomi in eccesso rispetto alle poltrone a disposizione. Non ci sono primi dei non eletti da recuperare e il rischio è che ora si apra una battaglia sul consigliere da cooptare. De Meo, sebbene indipendente, era considerato - a torto o a ragione - vicino a Vivendi. Ma un nome di sola proposta francese troverebbe un muro davanti.
La stessa società, nel comunicato delle dimissioni di De Meo (che avranno effetto a partire dalla fine della riunione del consiglio di domani), specifica che il dossier sarà affidato al comitato nomine e remunerazioni il quale «compirà l'istruttoria di sua competenza per la cooptazione di un nuovo amministratore in sostituzione del dottor De Meo».
Il comitato scenderà in campo, puntualizzano alcune fonti, nel rispetto di quelle che sono le migliori pratiche, valutando competenze e professionalità necessarie anche con il probabile ausilio di cacciatori di teste. Anche perché, come fa notare un osservatore, nel cda - se non si contano l'ad Pietro Labriola e pochi altri - scarseggiano esperti di tlc, proprio in un momento cruciale come questo in cui Tim è alla vigilia della separazione della rete.
La governance rischia di essere un tema che occuperà ancora a lungo il consiglio, visto che - a quanto risulta - ricomincia a scricchiolare anche la poltrona del presidente Salvatore Rossi. Non solo è osteggiato da Vivendi che però non ha mai avuto i numeri per sfiduciarlo. Nei suoi confronti cresce anche un certo malumore tra i consiglieri indipendenti che ne lamentano lo scarso attivismo in un momento delicato come questo. Se ne parlerà, in ogni caso, più avanti.
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Nel frattempo restano sul tavolo le accuse reciproche in tema di conflitti di interesse. I francesi hanno puntato il dito su Giovanni Gorno Tempini e la Cdp, da altre parti si sollevano critiche sull'accordo tra myCanal (Vivendi) e TimVision. Come si vede, proprio mentre la Cdp - che riunisce oggi il suo cda - conferma di «lavorare rigorosamente insieme ai nostri partner per finalizzare il processo di valutazione degli asset» per la rete unica, la tensione resta alta.
In attesa che il duello si porti sul prezzo della rete (con Cdp orientata, si dice, su 15-18 miliardi, contro i 31 chiesti da Vivendi), domani il consiglio Tim potrebbe valutare anche l'apertura del processo per la cessione della minoranza di EnterpriseCo, la futura società dedicata ai grandi clienti. Ma tutto, in questa fase, è oggetto di una serrata dialettica.