bianca dobroiu

FINE VIRUS MAI – CI SONO CASI DI PERSONE CHE CONTINUANO A ESSERE POSITIVE AL COVID-19 ANCHE DOPO SEI TEST E DUE MESI, COME LA MODELLA BIANCA DOBROUI: “MI HANNO DIMESSO IL 5 MARZO E NON HO PIÙ SINTOMI DAL 10, MA HO ANCORA IL VIRUS E SONO CONTAGIOSA” – LA PERDITA DELL’OLFATTO, LA RIABILITAZIONE, L'OSSIGENO: TUTTO QUELLO CHE SAPPIAMO SULLA LUNGA E DOLOROSA STRADA PER LA GUARIGIONE SUL VIRUS

 

 

 

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1 – CORONAVIRUS, BIANCA DOBROIU: LA MODELLA DI BOLOGNA POSITIVA DOPO 57 GIORNI E SEI TEST

Da www.liberoquotidiano.it

 

Bianca Dobroiu, modella di 23 anni di origine rumena vive a Bologna, è all’ennesima positività del test al Coronavirus descrive così, su Facebook, il suo stato d’animo: "Dopo 57 giorni, ecco il nuovo risultato. Beh, nuovo non è perché non è mai cambiato: e questo ormai da quasi due mesi.

 

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Ma ci ho sempre dato poco peso aspettando che cambiasse qualcosa. Non sta cambiando proprio nulla e la cosa a oggi mi spaventa un pochetto. Non è normale tutto questo, e ancor di più se io dal 10 di marzo non ho più alcun sintomo". Lo scrive il Corriere della sera. La modella rumena era la prima ricoverata nella città delle Due Torri. Ed era venerdì 28 febbraio. Le cure al Sant’Orsola, struttura d’eccellenza bolognese. "Due visite al giorno, tachipirina al bisogno e antibiotico. Questo per i primi due giorni. Poi tutto è andato riducendosi perché miglioravo. Nel personale medico, che ringrazio enormemente, ho visto tantissima serenità".

bianca dobroiu 1

 

Bianca è stata dimessa il 5 marzo. Stava bene, almeno in apparenza. Ma i tamponi hanno detto poi, uno dopo l’altro, che è ancora malata, ancora positiva al Coronavirus dopo circa due mesi di quarantena. Il responso dei sei test è stato il medesimo: tutti positivi. Al Sant’Orsola spiegano che Bianca "è sotto costante monitoraggio. A quanto ci risulta, nessun altro in Italia è rimasto positivo ai tamponi così a lungo. Usualmente la positività non supera le quattro settimane".

 

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2 – I POLMONI, L'OLFATTO, I SAPORI LE CONSEGUENZE DEL DOPO INFETTI ANCHE PER DUE MESI

Mauro Evangelisti per “il Messaggero”

 

coronavirus terapia intensiva bergamo

Per i casi più gravi di Covid-19 la strada verso la guarigione è lunga e dolorosa; a volte, per fortuna non sempre, rischia di lasciare conseguenze anche dopo le dimissioni. E diviene necessario un non breve periodo di riabilitazione respiratoria. In parallelo, corrono le esperienze di pazienti positivi che convivono con sintomi non pesanti, ma sono costretti a restare in isolamento per un lungo periodo, anche 45-50 giorni, prima di avere un tampone negativo.

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A Bologna, ad esempio, una ragazza, Bianca, una modella 23 anni, è positiva da 56 giorni dopo sei test («Non ho più sintomi dai primi di marzo, ma i medici mi hanno detto che ho ancora il virus e sono contagiosa» ha raccontato a Ètv). Per l'ospedale è un caso limite.

 

LA STORIA

Prendiamo il paziente 1 e 2 in Italia: la coppia di turisti di Wuhan fu portata allo Spallanzani il 29 gennaio, rischiò di morire; marito e moglie (66 e 65 anni) finirono in terapia intensiva, attaccati ai respiratori. Per 49 giorni, sono rimasti ricoverati nell'istituto romano, ma quando sono guariti hanno dovuto trascorrere un altro mese in un altro ospedale, al San Filippo Neri, per la riabilitazione. In sintesi: 80 giorni per riavvicinarsi alla normalità.

MATTIA – IL PAZIENTE UNO DI CODOGNO

 

PAZIENTE 1

LA COPPIA DI CINESI RICOVERATA ALLO SPALLANZANI

Veniamo al paziente 1 della Lombardia: Mattia Maestri, 38 anni, la cui misteriosa polmonite cominciò a metà febbraio, fu ricoverato il 20; nonostante il fisico atletico anche lui finì in terapia intensiva, rischiò di morire, anche lui ha vissuto un calvario di due mesi prima di vincere la battaglia, ma oggi continua a inseguire il ritorno alla normalità, perché a volte si sente stanco e deve distendersi. In sintesi: la stragrande maggioranza dei pazienti di Covid-19 ha un percorso non così faticoso, resta a casa, fa la terapia, guarisce e non ha strascichi. Sta bene.

 

FRANCO LOCATELLIreparto di terapia intensiva brescia 10

Tra coloro che invece passano dalle terapie intensive (oggi sono solo il 2,1 per cento dei pazienti positivi in Italia) c'è chi, anche dopo la guarigione, deve convivere con lunghe e fastidiose conseguenze. Fatica a respirare. Il sistema sanitario sta imparando, giorno per giorno, a guarire i pazienti di Covid-19, ma sta anche cominciando la fase in cui a una parte di loro bisognerà garantire il ritorno alla vita normale. Il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità: «Per avere un quadro definito andranno condotti studi e valutazioni in maniera rigorosa. In particolare quelli sulla funzionalità respiratoria. Le analisi di eventuali esiti dell'infezione da coronavirus sugli organi è un aspetto cruciale».

IL PROFESSOR FRANCO LOCATELLI

 

massimo galli

I CASI GRAVI

Il professor Massimo Galli è primario di Malattie Infettive dell'Ospedale Sacco di Milano, uno dei centri di eccellenza in prima linea nella drammatica situazione della Lombardia. Cosa succede ai casi più gravi dopo la guarigione? «La cosa che più ci preoccupa sono i reliquati a livello polmonare. Molti se la cavano, ma sembra abbastanza evidente che diversi abbiano problemi polmonari di una certa importanza. Anosmia e disosmia, i disturbi dell'olfatto e dell'odorato, invece di solito vanno a migliorare o a sparire, anche se non è per tutti così».

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Va però ribadito un punto fermo: Covid-19 è una malattia che i medici stanno imparando a trattare da pochi mesi. «Siamo solo all'inizio della valutazione a lungo termine - ribadisce il professor Galli - non abbiamo certezze assolute. Ma le prime conclusioni sono queste: la stragrande maggioranza guarisce senza reliquati, ma il problema che può rimanere, più serio, nelle persone che hanno avuto una polmonite devastante, è una insufficienza respiratoria».

 

TEMPI

MASSIMO GALLI 1

Quanto deve durare la riabilitazione? «Bella domanda - replica il professor Galli - Le dimissioni sono cominciate alcune settimane fa, per alcuni pazienti abbiamo ancora dei problemi importanti, però si tratta di un'esperienza che non è ancora sufficientemente a lungo termine per potere definire come stiano realmente le cose.

 

FRANCO LOCATELLI

Sia chiaro: non significa che i pazienti più gravi, una volta guariti, abbiano tutti la bombola d'ossigeno, non è affatto così, però dei reliquati di ordine respiratorio non trascurabili ci possono essere. Ma ribadiamolo per essere precisi: la stragrande maggioranza delle persone che si infettano neppure arrivano in ospedale e si lasciano alle spalle l'esperienza senza problemi particolari. Se invece parliamo del numero limitato di coloro che finiscono in terapia intensiva, per diversi c'è necessità di percorsi significativi di riabilitazione respiratoria».

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