MAL D’ESTATE – LE TEMPERATURE TORRIDE E L’AFA DI QUESTI GIORNI CI RENDONO ANSIOSI, VULNERABILI E INSOFFERENTI: LE PERSONE SONO PIÙ INCLINI A TAGLIARE I RAPPORTI SOCIALI E A SENTIRSI IMPOTENTI – AVETE LA TESTA CHE GIRA A VUOTO, IL SENSO DI VUOTO E DI SPOSSATEZZA: SECONDO GLI ESPERTI DOVETE…
Tiziana Lapelosa per “Libero Quotidiano”
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Quella nuvola di calore che avvolge come quando si apre il forno per inserire un bastoncino di legno nel pan di spagna e avere il via libera per sfornarlo o per controllare la cottura dell' arrosto con le patate. Il sudore che si fa largo sulla schiena, bagna i vestiti, si affaccia sulla fronte pronto all' inondazione. La testa che gira a vuoto, il senso della ragione che va a farsi benedire lasciando spazio ad un senso di vuoto e di spossatezza che getta molti in uno stato di depressione e anima pensieri orribili nella mente.
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È il "mal di caldo" che, soprattutto in questi giorni, colpisce la maggior parte della popolazione viste le temperature record con le quali, a meno che non ci si rintani in una sicura oasi con aria condizionata, è difficile scendere a compromessi. A vincere è sempre lui, il caldo, che manomette il nostro umore, ci rende ansiosi, vulnerabili.
Lo diceva Adolphe Quetelet, il sociologo belga considerato anche il papà della statistica, quando si mise a osservare e a studiare i comportamenti dell' uomo deducendone che quando fa caldo aumentano i crimini contro le persone, mentre quando fa freddo quelli contro le proprietà. Quindi, il caldo incide sull' umore, rende insofferenti, in qualche caso si perde la testa e si commettono errori.
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Non che si uccida o che si commettano per forza gravi reati, ma l' umore alterato dalle temperature elevate significa anche spingere le persone a tagliare i rapporti sociali perché frenati nella voglia di relazionarsi, a porsi domande sull' esistenza, a sentirsi addosso quel senso di impotenza che impedisce di sorridere alla vita.
LEGGE TERMICA DEL CRIMINE
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Quando Quetelet ha analizzato quella poi definita la "legge termica del crimine" l' Ottocento era stato vissuto per metà e la Rivoluzione industriale era lì lì per cambiare il mondo. Greta Thunberg di certo non esisteva. E così le sue lezioni. Eppure, le preoccupazioni che ci inculcano gli ambientalisti sugli effetti del riscaldamento globale, stanno diventando una vera e propria malattia.
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In Francia, ad esempio, in un articolo pubblicato pochi giorni fa sull' autorevole Le Figaro, viene analizzato proprio questo tema, quello delle persone che cadono in una sorta di depressione, di ansia climatica o eco-ansia per via degli effetti annunciati dei cambiamenti climatici.
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Le testimonianze a corredo dell' articolo lo dimostrano così come i post sul gruppo facebook "La collapso heureuse", in cui più di 16mila iscritti si interrogano sul futuro della terra, su quel che ne resterà, su come affrontare quel che verrà. Un "ansioso" scrive che le ondate di calore gli producono "panico per il futuro" e chiede informazioni su come reagire. Vincent, 40 anni, ad esempio, da circa dieci anni vive questo stato di eco-ansia, caratterizzato da disturbi alimentari, insonnia, strass. Ma «l' ansia si riferisce ad una paura irrazionale. È riduttivo», dice. Mentre «il declino delle risorse naturali disponibili è troppo reale».
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GLI STUDIOSI
Lo studioso francese Pablo Servigne, che da anni si dedica alla transizione ecologica e all' agroecologia, la chiama "collapsologia" per dimostrare "cosa" sarà dopo il crollo della civiltà industriale. Scenari, elaborati insieme allo studioso Raphaël Stevens, che stanno gettando nello sconforto un po' di persone. Julie, altro membro del gruppo Fb, 18 anni, si definisce eco-ansiosa felice di esserlo.
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Ha una «paura viscerale per il futuro» ed è vittima di attacchi di ansia e depressione. E se, come riporta Le Figaro, si tratta di due casi estremi, è certo che l' 85% dei francesi (secondo uno studio della società internazionale di sondaggi Ifop) è preoccupato per il riscaldamento globale. E lo sono soprattutto i giovani tra i 18 e i 24 anni, che raggiungono il 93%. Sarà per l' effetto Greta. Fatto sta che c' è chi addirittura decide di non mettere al mondo dei figli. Che senso avrebbe? la domanda che ci si pone.
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A minimizzare il tutto e a spiegare che non si tratta di una malattia ci pensa Christophe Bagot, esperto psichiatra e psicoterapeuta francese, specialista in stress e disturbi d' ansia. Sul quotidiano francese bolla il tutto come «una fantasia dei giornalisti». «Ho incontrato, al massimo, cinque pazienti che hanno parlato dello stress dei cambiamenti climatici negli ultimi mesi. Non possiamo parlare di un' epidemia e ancor meno patologia. Non abbiamo ancora la prospettiva necessaria per parlare di malattia», le sue certezze.
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«Ma può essere patologico se non cerchi supporto».
Una voce fuori dal coro. Che sia quella giusta?
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