CHI GUARISCE DA COVID-19 DIVENTA IMMUNE? COME SI SPIEGA CHE ALCUNI PAZIENTI DICHIARATI GUARITI SONO POI RISULTATI NUOVAMENTE POSITIVI? PERCHÉ IL VIRUS È BIFASICO? SE CON L’INIZIO DELLA FASE 2 AVETE ANCORA UNA SERIE DI DOMANDE SENZA RISPOSTA SUL CORONAVIRUS, PROVATE A SCHIARIRVI LE IDEE LEGGENDO COSA ABBIAMO IMPARATO DA MESI DI LOTTA CONTRO IL NEMICO INVISIBILE…
Margherita De Bac per il “Corriere della Sera”
1 Chi guarisce da Covid-19 diventa immune?
È uno degli interrogativi non ancora chiariti. Non si sa se dopo la malattia permane un' immunità protettiva indotta dagli anticorpi neutralizzanti e quale dose di anticorpi è necessaria perché ciò avvenga.
Tutti i dati finora raccolti, e il confronto con un virus parente stretto, il Sars1 (responsabile dell' epidemia da coronavirus del 2003, simile al virus Mers, epidemia del 2014 nei Paesi arabi) suggeriscono che almeno per qualche mese, se non anni, chi guarisce definitivamente non rischia di infettarsi di nuovo.
2 Perché i guariti devono indossare la mascherina nei luoghi pubblici?
Il decreto da oggi in vigore non fa distinzione tra guariti e suscettibili. L' obbligo della mascherina è una norma dettata dalla prudenza. La comunità scientifica ha fatto conoscenza col virus appena 3 mesi fa (esordio in Cina a fine dicembre, in Italia il 20 febbraio con la scoperta del focolaio di Codogno) e il follow up , cioè la sorveglianza delle persone che lo hanno contratto non è abbastanza lungo per consentire conclusioni definitive.
il servizio di sky news dall'ospedale di bergamo
3 In Corea del Sud 91 pazienti con Covid-19 dichiarati guariti sono poi risultati nuovamente positivi. Come si spiega?
I casi di una seconda, nuova infezione possono essere dovuti alla persistenza del virus che, pur non essendo ancora stato eliminato, non viene rilevato con l' esame del tampone, che risulta negativo anche ai test di conferma.
Nella realtà dunque i pazienti erano clinicamente guariti, cioè non avevano più sintomi, ma nascondevano «vestigia virali» che i ricercatori ritengono molto probabilmente innocue.
5 Significa che i test del tampone non sono al 100% veritieri?
I test non sono perfetti (parliamo di quelli molecolari basati sull' analisi genetica, diversi da quelli sierologici che rilevano la risposta degli anticorpi) anche se man mano sono diventati più sensibili rispetto a quelli utilizzati nelle prime fasi dell' epidemia. Resta un margine di false negatività.
Il prelievo delle secrezioni respiratorie che vengono analizzate potrebbe inoltre non essere sufficientemente «profondo». In altre parole il virus non viene trovato nelle secrezioni delle alte vie respiratorie (faringe) ma potrebbe essere nascosto «altrove» e riaffacciarsi una seconda volta risultando tracciabile. Quindi non si può parlare di recidive vere e proprie.
7 I pazienti guariti e trovati poi nuovamente positivi dopo una fase di negatività sono contagiosi?
Non sono molto probabilmente contagiosi. La traccia virale rilevata dai test non è infettiva, il virus non è vitale.
Ritrovare tracce di genoma virale non equivale al contagio. Tracce di Rna sono state ritrovate anche nelle acque reflue di comuni toccati dall' epidemia (Roma e Milano) e non viene considerato un rischio ambientale di trasmissione.
8 Altri virus si comportano così?
Il Sars-CoV-2 appartiene a una famiglia di agenti patogeni noti per dare infezioni acute come quelli del raffreddore e dell' influenza. Alcune infezioni sono più prolungate e i pazienti restano positivi diverse settimane.
9 Si parla di malattia «bifasica», come mai?
È uno dei tre decorsi di Covid-19 descritti in uno studio francese pubblicato su Lancet Infectious Diseases . La situazione bifasica è caratterizzata da una fase iniziale rassicurante e un peggioramento secondario a partire da circa 10 giorni dopo l' insorgenza della malattia nonostante una diminuzione della carica virale durante questo periodo.
Gli altri due decorsi riguardano una situazione di partenza molto grave che evolve rapidamente e si risolve bene e infine un decorso che inizia in modo soft, si aggrava rapidamente e richiede il ricovero in rianimazione.
reparto di terapia intensiva brescia 17
(Hanno risposto alle domande del Corriere Maria Capobianchi, responsabile del laboratorio di virologia dell' Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, e Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell' Istituto superiore di sanità).
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