IN TUTTA L'AFRICA (1,2 MILIARDI DI ABITANTI) C'È LO STESSO NUMERO DI MORTI DA COVID DELLA SOLA ITALIA (60 MILIONI). COM'È POSSIBILE? - A CONTRIBUIRE, CLIMA, ETÀ MEDIA PIÙ BASSA, DENSITÀ ABITATIVA E PRECEDENTI ESPERIENZE CON EPIDEMIE. MA IL NUMERO DI TEST EFFETTUATI È MINORE. I CIMITERI SOMALI RACCONTANO UNA STORIA DIVERSA DAI NUMERI UFFICIALI, MA È INDUBBIO CHE LA PANDEMIA NON ABBIA COLPITO IN MODO COSÌ PESANTE - L’ARRIVO DEL VACCINO POTREBBE RIBALTARE IL QUADRO
Marta Serafini per www.corriere.it
coronavirus controlli in africa
Oltre due milioni di casi dall’inizio della pandemia — il primo caso è stato registrato in Egitto il 14 febbraio scorso — e 48 418 decessi confermati. È la pandemia di coronavirus in Africa, continente dove vivono 1,3 miliardi di persone.
Queste cifre sono di gran lunga inferiori a quelle in Europa, Asia o nelle Americhe. L’Africa ha registrato circa quasi 50 mila morti per coronavirus con Sud Africa, Egitto, Marocco e Tunisia a guidare la classifica dei Paesi più colpiti. Sono decisamente meno rispetto ai circa 691 579 nelle Americhe, i 353 520 in Europa e i 256 084 in Asia.
«Il tasso di mortalità in Africa è inferiore a quello globale» ha sentenziato un recente studio di Partnership for Evidence-based Response to Covid-19 (Perc), che riunisce una serie di organizzazioni private e pubbliche. Inoltre stiamo parlando di cifre ben diverse rispetto a quelle stimate rispetto all’inizio della pandemia, quando si prevedeva che in Africa sarebbero morte 190 mila persone nel primo anno e i contagi sarebbero stati 29 milioni.
controlli sul coronavirus in africa
Ma è davvero così? Innanzitutto bisogna fare una doverosa premessa. Il numero dei test effettuati influenza decisamente l’analisi. «La maggior parte dei Paesi africani concentra i test sui viaggiatori, sui pazienti o sui contatti dei contagiati: dunque stimiamo che un numero significativo di casi non sia registrato», ha sottolineato Matshidiso Moeti dell’OMS. Il 75 per cento dei test effettuati viene somministrato in 10 Paesi: Sud Africa, Marocco, Etiopia, Egitto, Kenya, Nigeria, Camerun, Ruanda, Uganda e Ghana.
E se entro il 7 novembre, il Sud Africa aveva condotto complessivamente poco più di 84 test per 1.000 persone, il dato va comparato con i 450 nel Regno Unito e 475 negli Stati Uniti al 5 novembre. Dunque quando la Somalia sostiene di avere solo 100 morti per Covid-19, va tenuto presente che i «i suoi cimiteri raccontano una storia diversa»,come scrive la Bbc. Lo stesso Cdc africano ha indicato in 10 test per ogni caso positivo la soglia sotto la quale diventa difficile tracciare i contagi. In Africa al momento sono almeno 12 i Paesi che operano al di sotto questa soglia.
Dato per assodati questi punti, la Bbc fa notare come la risposta dell’Africa all’emergenza sia stata tutto sommato buona. Alcuni paesi, come il Lesotho, hanno agito ancora prima che venisse denunciato un singolo caso, chiudendo le scuole e dichiarando il lockdown.. In un sondaggio condotto in 18 Paesi ad agosto dal Perc, il sostegno pubblico alle misure di sicurezza è stato elevato: l’85% degli intervistati ha dichiarato di indossare maschere.
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«Con l’implementazione di rigide misure sociali e sanitarie, gli Stati membri dell’Unione africana sono stati in grado di contenere il virus tra marzo e maggio», afferma il rapporto. Nello stesso report si legge anche che «un lieve allentamento delle restrizioni a giugno e luglio ha coinciso con un aumento dei casi segnalati in tutto il continente». Da allora, c’è stato un notevole calo del numero di casi confermati e di decessi in circa metà del continente, probabilmente collegato alla fine dell’inverno dell’emisfero meridionale (vedi sotto).
È probabile che anche l’età della popolazione nella maggior parte dei Paesi africani abbia avuto un ruolo nel contenere la diffusione del Covid-19. A livello globale, la maggior parte di coloro che sono morti ha più di 80 anni (solo il 3 per cento della popolazione africana ha più di 65 anni), mentre l’Africa ospita la popolazione più giovane del mondo con un’età media di 19 anni, secondo i dati delle Nazioni Unite. «Circa il 91% dell’infezione da Covid-19 nell’Africa subsahariana ha colpito le persone sotto i 60 anni e oltre l’80% è asintomatico», sostiene l’Oms.
In confronto, Europa, Nord America e Paesi asiatici più ricchi hanno abitanti più anziani. Ma non solo. Nei Paesi occidentali gli anziani vivono in case di riposo sede dei principali focolaio. Strutte molto rare nella maggior parte dei Paesi africani, dove è più probabile che le persone anziane vivano nelle zone rurali.
Altro fattore, la densità abitativa. È la norma in molti Paesi africani che le persone tornino nei loro villaggi quando si ritirano dal lavoro nelle aree urbane. Se la densità di popolazione nelle aree rurali è inferiore, più facile è mantenere le distanze sociali. Inoltre, un sistema di trasporto sottosviluppato all’interno e tra i Paesi potrebbe aver contribuito a salvare delle vite. In pratica: gli africani non viaggiano tanto quanto gli abitanti dei Paesi più ricchi, riducendo al minimo i contatti.
Per molti osservatori è il clima a contribuire in modo maggiore. Uno studio condotto da ricercatori dell’Università del Maryland negli Stati Uniti ha stabilito una correlazione tra temperatura, umidità e latitudine e la diffusione del Covid-19.«Abbiamo esaminato la prima diffusione del virus in 50 città in tutto il mondo. Il coronavirus si è diffuso più facilmente a temperature e umidità inferiori», ha affermato Mohammad Sajadi, a capo del progetto. «Non che non si diffonda in altre condizioni, semplicemente quando la temperatura e l’umidità scendono diventa più forte».
Questa osservazione concorderebbe con il fatto che i Paesi africani lontani dai tropici sono stati più colpiti. inoltre la diffusione del virus in Sud Africa ha subito un’impennata quando nell’emisfero meridionale e iniziato l’inverno. Ma quando il clima è diventato più mite, il numero di casi è diminuito in modo significativo, influenzando le statistiche del continente dal momento che il Sudafrica rappresenta quasi la metà del numero totale di casi e decessi di tutta l’Africa.
Da non sottovalutare anche la «dimestichezza» che molti Paesi hanno con le malattie contagiose e con le epidemie. La pandemia di Covid-19 è arrivata proprio mentre la Repubblica Democratica del Congo stava affrontando la sua più grande epidemia di Ebola. Gli stati limitrofi erano già in stato di massima allerta, dunque quando è iniziata la pandemia di Covid agli screening già in atto sui viaggiatori per Ebola è stato aggiunto quello per il coronavirus. Diversi stati dell’Africa occidentale - che hanno combattuto la peggiore epidemia di Ebola al mondo dal 2013 al 2016 - avevano già sperimentato le misure poi utilizzate per prevenire il Covid-19, incluso l’isolamento, il tracciamento, il monitoraggio e lo screening.
Ma non c’è solo Ebola ad aver «insegnato» qualcosa. Nello Stato più popoloso dell’Africa, la Nigeria, le squadre che erano andate nei villaggi per vaccinare i bambini contro la poliomielite sono state rapidamente riorganizzate per istruire le comunità sulla nuova pandemia. «Una volta appresa la notizia, ho subito pensato: il dovere chiama. La mia esperienza è necessaria per servire la mia comunità. Così Abbiamo immediatamente mobilitato il personale polio esistente, monitorando i contatti e conducendo visite di follow-up», ha spiegato la dottoressa Rosemary Onyibe, che aveva lavorato al programma di eradicazione della polio.
Se dunque guardando a questi fattori l’Africa sembra davvero essere stata coinvolta in modo diverso dalla pandemia, le cose potrebbero cambiare in futuro, avverte il New York Times. Tre i fattori che potrebbero influenzare un ulteriore incremento dei contagi secondo Salim S. Abdool Karim dell’Oms. «La stanchezza gioca un ruolo: le persone semplicemente non mantengono più le distanze sociali e non indossano le loro protezioni nella stessa misura rispetto all’inizio della pandemia». In effetti, — scrive la Bbc — basta attraversare la città più grande dell’Africa, Lagos in Nigeria, senza vedere una sola mascherina. Per questa ragione l’Oms ha introdotto in Africa una campagna sui social media, Mask Up Not Down , per cercare di affrontare questo problema e mira a raggiungere 40 milioni di giovani entro la fine dell’anno.
Altro problema sarà probabilmente il vaccino. Quelli sviluppati in Europa dovrebbero essere efficaci anche nei Paesi africani, poiché il virus che circola lì proviene da persone che viaggiano dall’Europa. Ma la corsa al vaccino dei Paesi più ricchi e divario di 4 miliardi di dollari nel finanziamento per l’approvvigionamento in Africa, potrebbero significare che molti africani non saranno vaccinati, con il rischio di essere colpiti dal virus in una fase successiva mentre le strutture sanitarie dei Paesi africani restano sicuramente più fragili rispetto a quelle europee o asiatiche. Importante sarà dunque che l’Africa non venga tenuta in fondo alla fila, come già avvenuto in passato per molte altre questioni.