COVID, ATTACCATE AL "KAIR" - IL "KAIR LASER", LA TECNOLOGIA INVENTATA DA UN INGEGNERE ITALIANO PER DISTRUGGERE LE PARTICELLE DI SARS-COV2 E ALTRE MALATTIE PRESENTI NELL'ATMOSFERA, STA CONVINCENDO GLI ESPERTI E PRESTO POTREBBE ESSERE COMMERCIALIZZATO - L'INNOVAZIONE STA NELL'USO DELLA LUCE MEDIA-INFRAROSSA DEL LASER A CO2, VISTO CHE GLI ALTRI METODI PER COMBATTERE DROPLETS E AEROSOL, I FILTRI HEPA E LA LUCE ULTRAVIOLETTA, HANNO DIVERSI PROBLEMI, COME LA MANUTENZIONE PER I FILTRI E L'USO DEL MERCURIO PER LE LUCI - LA PARTICOLARITÀ DEL KAIR LASER È…
Massimo Sideri per il “Corriere della Sera”
Laser, virus e batteri. Sembra il titolo di un film di fantascienza di serie B. Potrebbe essere una tecnologia italiana di serie A efficace contro il Sars-Cov2, ma anche la temibile Legionella. L'idea è di un ingegnere, Francesco Zanata, che ora ha ricevuto quella che nel mondo scientifico è chiamata proof of concept, la prova del concetto.
«Devo dire che in questi anni di emergenza a causa del Covid-19 sono stato chiamato spesso per validare delle tecnologie. E spesso non avevano un fondamento. Nel caso del prototipo del Kair Laser di Zanata il fondamento scientifico invece esiste», spiega Giulio Cerullo, professore di Fisica del Politecnico di Milano, presidente della Divisione di Elettronica quantistica e Ottica della Società europea di Fisica e organizzatore della conferenza europea sui laser. Insomma, un esperto di fama.
«Sono entrato in contatto con questa tecnologia - aggiunge Cerullo - perché mi è stata richiesta una valutazione da parte del professor Giuseppe Remuzzi del Mario Negri. Oggi possiamo dire che, rispetto a quella da maniglie e corpi solidi, una delle modalità più efficaci di trasmissione dei virus è stata la diffusione nell'aria di microparticelle di acqua da parte di chi lo aveva contratto. Quando queste particelle sono più grandi di 100 micron si chiamano droplet e vengono sparate come dei proiettili. Quando sono più piccole, gli aerosol, sono ancora più pericolose perché rimangono a lungo nell'ambiente.
Esistono tecniche anche efficaci, quelle dei filtri Hepa, che risalgono a tecnologie della Seconda guerra mondiale, quella delle maschere antigas. Si trovano in molti ambienti, ma hanno un problema: ci si dimentica spesso di cambiare i filtri. Un'altra alternativa è la luce ultravioletta, con un effetto fotochimico su virus e batteri, però il suo utilizzo non è così semplice e spesso richiede il mercurio, sostanza inquinante e dannosa per l'uomo. L'innovazione di Zanata è nell'uso di un'altra luce, quella media-infrarossa del laser a CO2», alla base del prototipo appena realizzato dalla Kair Laser.
Come aggiunge il cofondatore con Zanata della società, Andrea Morante, «abbiamo già aperto delle discussioni con la VMD-Health in Gran Bretagna e la tedesca Ecolog Deutschland. Siamo in quella fase che gli inglesi chiamano brain in the table (l'idea è sul tavolo, ndr ). Ma abbiamo un prototipo e l'ingegner Zanata ha brevettato la soluzione».
La particolarità del Kair Laser è di aspirare gli agenti patogeni all'interno di un tubo dove il laser li può distruggere. «Senza pericolo per gli esseri umani: la tecnologia - sottolinea Cerullo - è largamente usata nell'industria dagli anni Ottanta e dunque è sicura. Inoltre non lascia residui ed è dunque sostenibile». Il fatto che il laser usi la CO2 non significa che la produca. Gli utilizzi sono molteplici: in ambienti chiusi. Ma anche in ospedali e sale operatorie (si stima che nel 2050 i batteri ospedalieri saranno la prima causa di morte, per l'abuso di antibiotici).
«Nel 2005 - spiega Zanata - con la K-Laser, la mia azienda storica, ho venduto il primo laser più compatto al mondo per scopi chirurgici e nel 2014 il primo laser blu in campo dentale alla Densply Sirona. Abbiamo un fatturato di circa 10 milioni e 30 mila utilizzatori dei prodotti K-Laser nel mondo». Ora la sfida più grande: quella contro virus e batteri con la tecnologia che - secondo la pubblicazione appena fatta dai ricercatori del centro di ricerca Icgeb di Trieste su Environment International (gruppo Elsevier) - «con una minima esposizione di 15 millisecondi può inattivare il 99% degli agenti patogeni nell'aerosol». La prova del concetto c'è. Ora serve la prova del mercato.