SILENZIO, PARLA SILERI: ''SENZA UN'ADESIONE DI MASSA AL VACCINO SAREMO COSTRETTI A IMPORLO''. IL VICEMINISTRO DELLA SALUTE ROMPE LE RIGHE GRILLINE, CHE HANNO PESCATO A PIENE MANI NEL BACINO DEI NO VAX: ''SE CI SONO DEI MEDICI CHE RIFIUTANO L'INIEZIONE È UN FALLIMENTO DEL NOSTRO SISTEMA FORMATIVO'' - MA LA SUA COLLEGA DADONE SI DICE ''CONTRARIA ALL'OBBLIGO VACCINALE'', E NON VUOLE IMPORLO AI DIPENDENTI PUBBLICI
Federico Capurso per ''La Stampa''
La campagna vaccinale è ormai avviata e da gennaio si andrà avanti al ritmo di mezzo milione di dosi a settimana: «Un momento storico», dice il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri. Tanto che già si inizia a ragionare di riaperture graduali di cinema e teatri, dei centri commerciali la domenica. Entro aprile bisogna somministrare di 13 milioni di dosi. Ma la prudenza è d’obbligo «perché abbiamo ancora diversi mesi di convivenza con il virus - avverte Sileri –. Non illudiamoci di uscirne in poche settimane. Per sconfiggere il Covid ci sarà bisogno di un’adesione massiccia al vaccino».
Tra medici, infermieri e personale delle Rsa, c’è chi non aderisce alla campagna. In alcune regioni con percentuali minime, in altre con numeri più preoccupanti.
«È anche comprensibile che ci possa essere riluttanza da parte di alcune persone, perché questo è un vaccino nuovo. Ma se a mostrarsi reticente è il personale sanitario, che ha una laurea per capire che i rischi sono quelli di un qualunque altro vaccino, allora a quelle persone dico che hanno sbagliato lavoro. E metterei in dubbio - cosa ancor più grave - la qualità del nostro sistema formativo. Avere dei no vax tra i medici equivale a un fallimento».
Rendere obbligatorio il vaccino per il personale sanitario potrebbe essere una soluzione?
«Al momento, non è prevista alcuna obbligatorietà. Se nei prossimi mesi, con più dosi e più vaccini disponibili, la campagna di vaccinazione non dovesse raggiungere i 2/3 della popolazione, allora si dovrebbero prendere delle contromisure. Tra queste, c’è l’obbligatorietà. Ma non è un problema attuale. E sono fiducioso che un’ampia campagna di educazione sul vaccino migliorerà in modo significativo i risultati».
Il governatore Vincenzo De Luca si è vaccinato postando una foto sui social. Dà il buon esempio o sono giuste le critiche di chi dice che non ha dato la precedenza al personale sanitario?
«Credo nella sua buona fede. Dice una stupidaggine chi sostiene che l’abbia fatto per accaparrarsi una dose di vaccino prima degli altri. Voleva dare l’esempio, ma ha sbagliato a farlo in questo modo, senza concertare l’azione con altri presidenti di Regione o con altre istituzioni. Questo ha dato adito alle critiche. Se tutti i governatori si fossero vaccinati ieri, l’effetto sarebbe stato diverso».
Come si spiega che la Germania abbia ottenuto inizialmente più dosi degli altri Paesi europei?
«Va fatta luce, se c’è stato un errore nella distribuzione. Comunque, ci sono delle percentuali settimanali di vaccino destinate a ogni Paese e queste verranno certamente rispettate, al di là delle dosi iniziali con cui si è partiti».
Ad aprile arriveremo a 13 milioni di dosi...
«Se tutto va bene. Devono ancora essere approvati i vaccini e ci sono tempi che si potrebbero allungare. Non mi stupirei se questi calcoli venissero corretti strada facendo».
Per quel momento, sarà sufficiente il bando con cui si reclutano 15mila tra infermieri e medici?
«La carenza di personale si è rivelata uno dei problemi più seri in alcune zone, ma queste nuove risorse sono sufficienti. Poi, quando arriveranno gli altri vaccini, dovremo mettere in campo anche altre figure professionali. In legge di bilancio è previsto un coinvolgimento dei farmacisti, ma anche gli odontoiatri vanno presi in considerazione. È personale sanitario esperto e ha già dato disponibilità a sostenere il piano vaccinale. Sarebbe un aiuto prezioso, vista la diffusione di questi professionisti sul territorio. Anche a loro, ovviamente, dovremmo garantire la vaccinazione».
Siamo al sicuro dalla terza ondata?
«Temo di no. Il vaccino, che ha un’efficacia accertata a un mese dalla prima dose, nulla potrà sulla probabilissima recrudescenza che vedremo nei prossimi giorni, dovuta alla maggiore circolazione durante le feste, pur con tutti i limiti adottati».
Si inizia però a parlare di riaperture di attività come palestre, teatri, cinema. Troppo presto?
«Se i numeri mostrano che in una regione la curva epidemiologica è sotto controllo da settimane, non vedo perché non si debba iniziare a parlare di una graduale riapertura di queste attività. Compreso l’allungamento progressivo degli orari di bar e ristoranti e l’apertura dei centri commerciali la domenica».
La preoccupa la scoperta della «variante inglese» del Covid, che sembra essere molto più contagiosa?
«Certo, è un rischio se si parla di riaperture. Il vaccino sarà sempre efficace, ma se la maggiore contagiosità porta fuori controllo i numeri diventa un ostacolo, perché porterebbe anche più morti. I 21 parametri restano centrali per cucire su misura le restrizioni».
COVID: DADONE, NON OBBLIGO VACCINO PER DIPENDENTI PA
(ANSA) - "Non sono una grande appassionata dell'obbligo in campo vaccinale. Credo sia più giusta una forte raccomandazione, fronte su cui il governo si è impegnato. Raccomandare" il vaccino anti-Covid "credo sia il modo migliore per raggiungere l'immunità di gregge". Lo ha affermato la ministra della Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, all'Aria che tira su La7, rispondendo ad una domanda sulle dichiarazioni della sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, secondo cui fare il vaccino dovrebbe essere "una precondizione per chi lavora nel pubblico".
"La raccomandazione a fare il vaccino sta raggiungendo un buon dato numerico. Il piano c'è, entro metà anno contiamo, come ha detto il ministro Speranza, di riuscire a vaccinare metà della popolazione", ha aggiunto Dadone, sostenendo quindi che non è il momento di porre la discussione sull'obbligatorietà o meno.