ANCELOTTI “TRANQUILLIZZA” MONTELLA (E VENTURA): “ORA MI FACCIO DIECI MESI DI VACANZA” – DA MONACO DI BAVIERA PIOVONO ACCUSE: "TROPPO MOLLE, ALLENAMENTI MOLTO BLANDI", COSI' ALCUNI CALCIATORI SI ALLENAVANO DA SOLI - LUI DA GERUSALEMME REPLICA: "LI LASCIO PARLARE, IL TACERE E’ UNA VIRTU’" – IL FIGLIO DAVIDE TUONA: “AL BAYERN ERO IL VICE. NON CAPISCO PERCHE’ SI PARLI DI CLAN"
Elmar Bergonzini per La Gazzetta dello Sport
È tornato a casa, a Parma. Nella valigia che porta con sé ha riposto l’ennesima grande esperienza. Sul curriculum vanta datori di lavoro come Psg, Real Madrid e Bayern. L’ultima avventura non si è chiusa bene, non si è chiusa come voleva, ma anche queste cose formano.
Davide Ancelotti vuole crescere, imparare, e sogna di diventare un grande allenatore: per questo, a 28 anni, studia osservando papà Carlo. «Lui è uno che delega molto - racconta -, quindi lavorarci insieme vuol dire avere molte responsabilità. Potersi confrontare ogni giorno con lui che per me, seppur di parte, è il migliore al mondo, è molto formativo. Sto imparando tanto. Poi sono contento di poter essere in contatto con mio padre tutti i giorni. Abbiamo un rapporto molto forte».
Come è iniziata la sua carriera?
«Dopo anni di studio il mio primo incarico è stato al Psg. Ero il preparatore atletico alle giovanili. Poi al Real ero preparatore della prima squadra e al Bayern ero vice allenatore. Il club però all’inizio mi presentò come preparatore, per questo spesso si è fatto confusione sul mio ruolo».
Che differenze fra questi 3 club?
«Sono Paesi diversi, in cui ci sono culture differenti. A Parigi abbiamo avuto qualche problema logistico. La società stava crescendo, ma c’era disorganizzazione. Sui campi delle giovanili non c’era l’acqua per farsi la doccia. A Madrid ti senti parte integrante di qualcosa di gigantesco, a Monaco è una famiglia. Non c’è un meglio o un peggio, siamo nel campo della soggettività».
Così giovane ha già lavorato in tre club molto importanti.
«Sono un privilegiato. Ma voglio onorare il cognome che porto. Mi impegno perché so che se negli studi non sono il migliore poi qualcuno può dire che io sia raccomandato. Ma voglio meritarmi ogni cosa».
Si dice che a Monaco sia andata male anche perché suo padre ha dato troppo spazio nello staff ai familiari, creando un clan.
«Ho letto, e dico che la realtà non è questa. Ogni tecnico ha il proprio staff, che si porta dietro. Un allenatore si fida del suo staff, che siano familiari o no. Come pure il bravissimo preparatore Giovanni Mauri, che lavora con noi e con suo figlio Francesco. Brutto, e anche incomprensibile, che nel nostro caso si parlasse di clan».
Che è andato storto a Monaco?
«Sono ancora sotto contratto, non posso parlarne ed è pure presto per farlo. Ma dal punto di vista professionale avevamo un bel rapporto, con tutti. Si dice che non si è davvero allenatori fino a quando non si è esonerati. Mio papà, a stagione in corso, non era ancora mai stato allontanato. Forse ora è finalmente allenatore. Anche questa esperienza ci servirà. Il futuro? Non so, ma credo che papà torni a Vancouver. Poi dalla prossima stagione ricominciamo. E un giorno diventerò tecnico capo».
2. ANCELOTTI SI SENTE IN PACE
Davide Frattini per il Corriere della Sera
I bambini arabi si sfidano a calcio nei cortili sulla Spianata delle Moschee, i religiosi protestano perché contendersi la palla in quello che è il luogo più conteso del pianeta - venerato dai musulmani e dagli ebrei - viene considerato un gesto sacrilego. Di posti per giocare sulle pietre antiche di Gerusalemme però ce n' è pochi, le mura circondano le vie troppo strette della Città Vecchia, i giardinetti mancano, qualcuno monta le altalene e le reti sui tetti piatti, sopra la calca e il rischio delle violenze tra israeliani e palestinesi.
Così questo rettangolo verde risalta ancora di più in mezzo alle lastre rosate. È un campo da calcio, da basket, da tennis, ogni campione ha voluto tirarci sopra le sue righe bianche, sportivi come Javier Zanetti, Danilo Gallinari, Novak Djokovic che hanno sostenuto la raccolta fondi per realizzare la struttura. Costruita sui terreni del Patriarcato, sta nel quartiere armeno e armeno è il sacerdote che prova a dirigere con il fischietto il traffico di ragazzini che ogni giorno si presenta con le scarpette al Jerusalem Sports Playground. È come un oratorio delle diverse religioni, aperto a tutti.
L' ospite d' onore arriva poco dopo il tramonto, lo accolgono con le maglie delle tante squadre dove ha giocato o che ha guidato, delle tante con cui ha vinto, in Italia e all' estero, fino a collezionare 19 trofei in 5 Paesi diversi. Per rispetto nessuno tira fuori quella del Bayern Monaco, gentilezza forse eccessiva, Carlo Ancelotti sembra sentirsi già in vacanza: «Nella vita succede di peggio» dice.
È volato apposta da Londra per questo evento, ha voluto mantenere la promessa fatta quando dei tedeschi era ancora l' allenatore. «Non è che ci siamo messi d' accordo perché mi garantissero del tempo libero e potessi venire qui a Gerusalemme», scherza con Luca Scolari, l' anima e l' ideatore del progetto italiano inaugurato un anno fa. «Carlo mi ha aiutato a realizzare questo sogno, ha appoggiato l' idea di Assist for Peace fin dall' inizio e mi è stato vicino nei momenti duri», spiega.
A pochi giorni dall' esonero Ancelotti si ritrova seduto in panchina, sulle lunghe assi di legno verde attorno al campetto, e osserva i bimbi giocare mentre gli raccontano che il monaco armeno ha un buon piede, il tocco lieve nonostante i chili di troppo. Assicura di non aver perso a 58 anni l' entusiasmo che trova riflesso ora nei ragazzini, «altrimenti smetterei. Invece ho voglia di tornare ad allenare, non subito, in Italia possono stare tranquilli. Vedremo la prossima stagione. Mi aspettano dieci mesi di riposo». Mesi in cui - sembra assicurare - il campionato lo seguirà solo da spettatore: «Per quel che ho visto, sono contento per il Napoli e sono contento per Maurizio Sarri».
La stanza del Cenacolo non è lontana, a qualche viuzza di distanza qua dietro, ma di Giuda e di traditori, di stelle del Bayern che ne avrebbero chiesto la crocifissione preferisce non parlare: «Adesso è il momento di riflettere e restare in silenzio». D' altronde «anche in campo è meglio tacere», come ripete a chi gli fa notare che i bambini ebrei, musulmani, cristiani parlano lingue diverse, a volte non si capiscono: «Basta correre e passarsi la palla, a far comunicare è sufficiente lo sport».
Che per Ancelotti resta la scuola migliore per imparare a vivere insieme e «a me ha insegnato a superare i limiti, ad andare avanti e oltre».
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ANCELOTTI VINCE IL CAMPIONATO CON IL BAYERNANCELOTTI VINCE IL CAMPIONATO CON IL BAYERN CARLO DAVIDE ANCELOTTIANCELOTTIancelottiCARLO DAVIDE ANCELOTTI