tombini milano

STREET ART A MISURA DUOMO - DA ARMANI A PRADA: IN VIA MONTENAPOLEONE ANCHE I TOMBINI SONO GRIFFATI - CON PIRELLI LA URBAN ART METTE LE GOMME DA CORSA, BONITO OLIVA: “ARTE PUBBLICA ALL’ENNESIMA POTENZA”

1. MONTENAPOLEONE, LO STILE SI VEDE ANCHE DAI TOMBINI

Roselina Salemi per “la Stampa”

 

TOMBINI MONTENAPOLEONETOMBINI MONTENAPOLEONE

C’è la pantera circondata da un trionfo di orchidee (Just Cavalli). C’è il levriero giocherellone di Trussardi. C’è la giungla metropolitana - zebra e giraffa davanti al Duomo - di Salvatore Ferragamo. C’è il Mazinga-Transformer di Iceberg. Ci sono le lunghe gambe slanciate da sexissime scarpine tacco 14 (Giuseppe Zanotti Design) che fanno pensare a Truffaut («Le gambe delle donne sono come dei compassi che misurano il globo terrestre i tutte le direzioni»).

 

C’è l’evidente ispirazione di Giacomo Balla in Laura Biagiotti che del maestro futurista ha collezionato magnifici pezzi. E il gorgo colorato di Missoni? Può essere la tempesta del Mago di Oz o il vento dell’Est che fa volare Mary Poppins.
 

Due anni di trattative
Potrebbe sembrare uno snobismo eccessivo. Gli stilisti firmano tutto, e adesso anche i tombini di Milano. Sono 24, posizionati in via Montenapoleone e qualcuno in via Sant’Andrea, nel cuore dello shopping. Da Giorgio Armani a Ermenegildo Zegna, attenzione a cosa calpestate.

 

Dietro, anzi «sotto» questa mostra a cielo aperto (fino a gennaio 2016) ci sono due anni di trattative, telefonate, bozzetti, disegni, una squadra di incisori e l’entusiasmo incontenibile di Monica Nascimbeni, ideatrice e curatrice di Tombini Art, arrivata alla terza edizione. Ha cominciato con gli street artist italiani, ha continuato con altri, internazionali, come Shepard Fairey (New York) Flying Fortress (Berlino), The London Police (Londra) Space Invader (Parigi). Ora tocca agli stilisti, in coincidenza con la Fashion Week.
 

Sopra il Sotto-Tombini Art raccontano la Città Cablata nasce da Metroweb, titolare della più grande rete metropolitana di fibre ottiche d’Europa, che ha trovato il modo di far fermare lo sguardo sui tombini, porte d’accesso a un mondo sotterraneo di acqua e di tecnologia, come in una delle Città Invisibili di Italo Calvino. E dopo i disagi dovuti ai lavori, ha deciso di fare un regalo ai milanesi. Opere uniche, cesellate a rilievo e dipinte a mano con resine lucenti.

 

L’anno scorso il pezzo forte è stato il mandala astratto di Shepard Fairey, coccolatissima star globale per l’iconografia di Obama. Quest’anno c’è da scegliere tra l’ironico Smile tricolore di Moschino e il filo bianco che disegna sulla i ghisa uno skyline, indecifrabile se non siete stati a Solomeo, il borgo dove Brunello Cucinelli ha stabilito il quartier generale. Tra il pizzo scolpito di Alberta Ferretti e le torri colorate di Pucci che mette la sua firma - Emilio - come se il tombino fosse un tessuto.

 

Tra i pois rossi e rosa di Valentino e la medusa stilizzata di Versace. Tra l’autoritratto ironico dei gemelli DSquared, Dean e Dan Caten (identico effetto da ogni prospettiva) e l’elogio dell’ariete di Zegna. Un gruppetto si distingue per la scelta optical: Prada immagina un vortice di curve, Armani disegna perfette gocce d’acqua sul logo, Costume National grafismi ipnotici. 
 

La posa difficoltosa
Spiega Monica Nascimbeni, sopravvissuta alla posa dei tombini (pesantissimi) sotto la pioggia: «Il difficile è stato avviare i contatti, poi ci hanno risposto con grande entusiasmo, Miuccia Prada per prima. L’Istituto Marangoni con i suoi studenti. La Camera della Moda. In gennaio, a conclusione della mostra e dopo il restauro, i tombini saranno battuti all’asta da Christie’s.

ZUMI PIRELLIZUMI PIRELLI

 

Il ricavato andrà interamente a Oxfam Italia, Civil Society Participant di Expo 2015. Finiranno in qualche bella casa, fissati a una parete, in un patio, in un giardino». Obiettivo 120mila euro. Perciò dietro (o sotto) i tombini glam non c’è business né snobismo. Solo buon cuore e gioia per gli occhi. Anche se alcuni, buttiamola lì, sarebbero magnifici foulard. Limited edition, ovviamente.

 

2. E PIRELLI SCEGLIE LA STREET ART PER IL SUO RILANCIO

Francesco Rigatelli per “la Stampa”

 

L’arte si industria è il motto che porta ogni anno Pirelli a investire in varie idee in occasione della presentazione del bilancio. «Un appuntamento che altrimenti sarebbe pura convenzione - spiega il presidente e ad Marco Tronchetti Provera all’Hangar Bicocca di Milano, in fondo allo spazio della mostra di Céline Condorelli -. Il nostro rapporto con l’arte è antico. Salvador Dalì teneva dei Pirelli in terrazza al mare. E l’Hangar è la rappresentazione di quel che per noi è importante: ospitare artisti e pubblicizzarli. La gomma è l’unico pezzo dell’auto che tocca la strada e sarà sempre più piena di sensori per dare informazioni al guidatore».
 

Marco Tronchetti Provera Afef Jnifen Matteo Renzi Naomi Campbell foto vogue Marco Tronchetti Provera Afef Jnifen Matteo Renzi Naomi Campbell foto vogue

Tronchetti è affascinato dagli artisti ospitati in Hangar: «Curano spazi di città e agiscono velocemente». Una scelta che intercetta tramite il tedesco Christian Kramer, in arte Dome, il russo Alexey Luka e l’argentina Marina Zumi. Il curatore del progetto, di fatto una grande installazione piramidale a tre facciate trattate dai writer, è Christian Omodeo, esperto d’arte napoleonica.

 

C’è anche Achille Bonito Oliva, la cui mostra American graffiti di trent’anni fa a Roma resta un caposaldo dell’argomento: «C’è sempre più esigenza dell’arte di essere pubblica, ma in parte è sempre stato così. Pensiamo ai dipinti nelle caverne, ai mosaici e agli affreschi.

 

Nella street art c’è l’iconicità di Dalì, Warhol, Koons per un avanguardia di massa che unisce alto e basso. Non è ancorato alla tecnica o allo stile, ma alla contemporaneità. Seguo con interesse Bansky, perché col suo anonimato come Elena Ferrante in letteratura fa prevalere l’opera, lasciandola vivere all’aperto. E’ arte pubblica all’ennesima potenza».
 

achille bonito olivaachille bonito oliva

Nel video di presentazione della ruota come forma urbana colpisce la frase di uno degli artisti: «Se ami veramente ciò che fai, l’innovazione appare da sola». Un’idea di autonomia dell’arte che sottolinea pure Bonito Oliva: «Da sempre l’arte ha il sano opportunismo di farsi portare in giro da mecenati e artisti, ma poi si vendica.

 

Può venire sfruttata o poco capita, anche dagli autori stessi che a volte per depressione si suicidano, ma dopo anni si svela. Vedrete che stanotte le opere dei tre usciranno da sole dall’Hangar».
twitter @rigatells

 

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