ARTE&SOLDI - MA E' DAVVERO SOLO UN BENE DI LUSSO? E' GIUSTO CHE LO STATO DISTRIBUISCA INCENTIVI SU AUTO MOTORINI, ELETTRODOMESTICI E MAI SULLE OPERE? SIAMO IL PAESE DELL'OCCIDENTE CHE COMPRA MENO ARTE, CHE HA IL MERCATO INTERNO PIU' DEBOLE E QUINDI IL MINOR NUMERO DI ARTISTI EMERGENTI SULLA SCENA INTERNAZIONALE. ECCO IL J'ACCUSE DEL "GIORNALE DELL'ARTE"

 

 

Alessandra Mammì per Dagospia

 

Peggio della congiuntura economica nazionale sta solo il mercato dell'arte nazionale. Gli italiani non comprano arte. Investono in case. spendono in abiti ma dal rapprto Tefaf si evince che nel fatturato mondiale delle aste l'Italia ha solo l'1 %.  Pura rappresentanza,è detto.
Eppure come spiegano Guido Candela, Emanuela Randon, Antonello E. Scorcuin un lungo articolo economico sul, " Il Giornale dell'Arte numero 341" ( qui  brevemente riassunto) la cosa non è né secondaria né trascurabile. Determina anche l'esclusione dei nostri artisti dal panorama globale «poiché in epoca moderna e postmoderna la sostenibilità economica dell'industria creativa e dei nostri artisti esige un solido mercato interno. Il collezionismo privato è infatti il primo, più importante filtro nella selezione di un patrimonio artistico. Custodisce, valorizza ed è base del successivo riconoscimento pubblico del bene Un esempio: il recente ingresso nel «giro» internazionale degli artisti brasiliani, finora sostenuti solo dal mercato interno» scrivono gli autori.

Convinti (come noi) che il maggiore collezionista dovrebbe essere lo Stato, ma consapevoli (come noi) che in tempi di spending review i primi tagli vengono imposti alla cultura e i primissimi e più onerosi a quella contemporanea. Per cui fa sempre notare "Il Giornale dell'arte" in questo paese si privilegiano incentivi alle auto, rottamazioni bonus per vetture ecologiche e perfino «detrazioni per l'acquisto di mobili e grandi elettrodomestici. Il settore energetico e quello dell'edilizia sono stati sostenuti con agevolazioni fiscali (Legge di Stabilità 2014). In un lungo elenco gli incentivi alla domanda di prodotti culturali non compaiono mai»

Una politica di agevolazioni fiscali per chi acquista opere invece non è mai stata fatta. Neanche una riduzione o un rimborso dell'Iva o come viene proposto qui «il 15% di rimborso sul prezzo, per un importo massimo annuale di 5mila euro, sia per gli acquisti in galleria o in asta»


Vien da dire che sembra un rimborso da ridere visti i prezzi raggiunti dalle opere, ma una riga dopo che il lettore ha espresso tale pensiero gli autori rispondono «Dai valori cui i media ci hanno abituato, si dovrebbe desumere l'inefficacia di tale provvedimento, ma non è così. Innanzitutto, per gli acquisti in asta, 5mila euro di commissioni corrispondono,(considerando una percentuale media del 25% dei diritti pagati dal compratore), a 20mila euro del prezzo d'acquisto.

Allora il provvedimento muoverebbe il «vero» mercato dell'arte e non solo quello dei top wealth clients. e in primis i giovani artisti, le cui opere si inseriscono proprio nella fascia di mercato considerata.Tutto ciò consentirebbe di coniugare creatività e sviluppo, usando anche il mercato.

Inoltre, dando chiarezza a un mercato  che esige la fatturazione e richiede valori palesi, si ridurrebbe il mercato illegale, aumenterebbe la trasparenza, avvicinando probabilmente nuovi collezionisti al mercato ufficiale.L'assenza di una strategia pubblica di valorizzazione economica, giuridica e culturale dell'arte può aver contribuito alla scarsa tenuta in Italia dei beni d'arte moderna e contemporanea nei confronti dell'inflazione e del ciclo economico.

Se poi osserviamo che nell'antiquariato la pesante situazione meriterebbe una maggiore attenzione delle istituzioni, rivolta a sostenere un mercato che è pure nella tradizione culturale italiana, risulta palese la clamorosa, colpevole assenza di una strategia pubblica rivolta al complesso del mercato dell'arte» 

arte fiera a Bolognala galleria di Lia Rumma a MilanoArtissima a Torinoun' astail gallerista Massimo de Carlo

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