OGGI LO CHIAMEREMMO SELFIE. IERI INVECE ERA UN ATTO POLITICO. GLI AUTOSCATTI EROTICI DI DUE RADICALI FEMMINISTE VIENNESI ANNI SETTANTA ERANO PIÙ ESPLOSIVI DI UNA MOLOTOV

Alessandra Mammì per Dagospia

Oggi lo chiameremmo selfie. Ieri invece era un atto politico. Gli autoscatti erotici di due radicali femministe viennesi anni Settanta, Valie Export e Friedl Kubelka, furono all'epoca veri simulacri. Oggetto di dibattito sul potere e sul potere dei sessi.

Immagini da trattare con cautela come armi di difesa da usare in nome della liberazione femminile e contro la mercificazione del corpo. Niente di più lontano dall'attuale narcisismo. O dalle fotine postate su facebook. Immortalare allo specchio le proprie natiche era più esplosivo che gettare una molotov.

Ai tempi il privato era politico, e cosa poteva esserci di più privato (e di più politico) che esibire sesso e glutei o assumere provocatoriamente pose erotiche per discuterne in coscienza e autocoscienza con il collettivo femminil femminista di cui entrambe furono bellicose leader: Valie Export che al nome del padre preferì quello della sua marca di sigarette, un modo come un altro per oltraggiare il patriarcato.

Frield Kubelka che si immortalò seminuda nel 1972 ripetendo il processo identico ogni cinque anni, mostrando impavida l'avanzare del tempo e l'inevitabile degrado, ma rivendicando anche la sua identità e il suo diritto a invecchiare.

A Valie (che era stata educata dalle suore quel che basta a farne una rivoluzionaria) e a Friedl (che diventerà poi in Inghilterra una riconosciuta fotografa e filmaker), alla loro impudenza, al loro proto selfie, alla loro spudorata esibizione, la Richard Saltoun Gallery di Londra dedica dal 10 aprile una di quelle rare mostre (come l'indimenticabile fedele ricostruzione di "Transformer: Aspects of Travesty" messa in scena da Jean-Christophe Ammann nel 1974) e rare raccolte che più di qualsiasi testo sono l'immagine di un fatto storico : tra gli anni Sessanta e Settanta dello scorso secolo è già successo tutto.

 

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