“MI HANNO TOLTO LE OLIMPIADI, NON VOGLIO CHE LA PASSIONE DI UNA VITA DIVENTI SOLO UN’OSSESSIONE” - IL CAMPIONE DI NUOTO ARTISTICO, GIORGIO MINISINI, SI RITIRA E GIOVEDÌ SCENDERÀ IN VASCA DA ATLETA DELLA NAZIONALE PER L’ULTIMA VOLTA AI CAMPIONATI ITALIANI A ROMA: “L’ESCLUSIONE DAI GIOCHI MI HA PERMESSO DI ESSERE SINCERO CON ME STESSO E FACILITATO LA MIA SCELTA. MI SONO FATTO TANTO MALE PER QUESTO SPORT…”
Alessandra Retico per repubblica.it - Estratti
Il ragazzo che nuotava con le ragazze, controcorrente, lascia la piscina. Missione compiuta, per Giorgio Minisini. Almeno lo è quella al livello personale: “Mi ritiro, non voglio che la passione di una vita diventi soltanto un’ossessione”.
Il pioniere del nuoto artistico in Italia, 28 anni, plurimedagliato a Mondiali ed Europei, bandiera di un movimento contro i pregiudizi e per l’inclusione dei maschi in uno sport rimasto a lungo riservato alle sole donne, giovedì scenderà in vasca da atleta della nazionale per l’ultima volta ai Campionati italiani a Roma. Lo ha annunciato oggi in una conferenza al Circolo del tennis nella capitale, leggendo un testo molto commovente sulle ragioni che lo hanno portato alla decisione: “Non pensavo che una volta avvistata quell’isola felice la barca su cui viaggiavo si sarebbe rotta sotto i miei piedi”.
L'esclusione dalle Olimpiadi
Ad aprile scorso, per scelta tecnica, non è stato convocato per Parigi 2024 dove per la prima volta gli uomini saranno ammessi a partecipare per la gara a squadre. Un traguardo che Giorgio ha sognato da sempre, da quando a 4 anni, lui figlio di un giudice dell’artistico e di un’allenatrice, rimase folgorato dall’esibizione dell’americano Bill May al Foro Italico. Neanche il precursore della specialità, oggi 45 anni, ci sarà ai Giochi, escluso anche lui.
Di fatto non ci sarà nessun uomo alle Olimpiadi, nonostante la progressiva apertura iniziata con l’ammissione dei ragazzi per l’esercizio in coppia ai Mondiali di Kazan 2015 fino al via libera per l’esercizio singolo ai campionati di Fukuoka 2023. “Nessun uomo ai Giochi? E’ la fotografia del panorama culturale che c’è ora nel nostro sport: c’è la volontà di cambiare le regole, ma non c’è la cultura. L’ambiente non è ancora pronto. Si è voluto calare la rivoluzione dall’alto, ma questo genere di cambiamenti se non è supportato dalla base, non funzionano”.
(...) Sono anni che non provo più soddisfazione nel fare questo sport, non voglio più barattare il mio benessere per un'ossessione. Mi sono fatto tanto male per questo sport, e adesso semplicemente non voglio più farlo. Volevo davvero l’Olimpiade, e la volevo così tanto da essere disposto a continuare a praticare un'attività che non mi dava ormai nessun piacere se non quello di sapere che forse, alla fine del tunnel, ci sarebbero stati cinque cerchi a dare un senso a tutto”.
Invece, l’esclusione dai Giochi, ha riportato senso al tutto: “Parigi mi ha posto una domanda diretta. Se avessi partecipato, non ci sarebbe stata neanche la domanda: avrei ricominciato a settembre, magari con qualche turbamento al quale non sarei riuscito a dare un nome, ma sarei andato avanti. Parigi mi ha costretto ad ascoltarmi e capire cosa volessi davvero. Continuare sì o no? In un certo senso, l’esclusione dai Giochi mi ha permesso di essere sincero con me stesso e facilitato la mia scelta”.
(…) L’esclusione da Parigi è stato uno spartiacque e di certo una grande delusione, ma non prendo questa decisione per questo. Ho capito che era finita quando mi sono detto “devo” continuare altri 4 anni per Los Angeles, anziché “voglio”. Avrei dovuto sacrificare altra vita e rinunciare alla persona che vorrei diventare. E da lì è iniziata la mia riflessione, condivisa con la famiglia, gli amici e la mia psicologa.
Nel momento in cui ho sentito di poterlo fare, ho sentito di volerlo fare: non ho bisogno di andare alle Olimpiadi per realizzarmi come persona. Prima di lavorare su me stesso, non pensavo di meritarmi di poter lasciare il nuoto, mi dicevo chi sono io per decidere, sentivo anche la responsabilità verso la nazionale e il movimento. Proseguire nello sport trascinandomi sarebbe anche ingiusto e ingeneroso per quello che sono stato, per gli allenatori, per la squadra. Non ho fatto tutto quello che volevo, ma andrei avanti soltanto per accanimento. Non vado via con rancore, ma con serenità. Delusione sì, rimpianti no. Non mi sento uno sconfitto”.
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Un futuro diverso, adesso per Giorgio: “Sto scegliendo l’incertezza, ma preferisco la paura dell’ignoto, alla comodità e facilità di fare l’atleta. Ho delle idee, sto studiando psicologia e vorrei usarla per lo sport. Continuo il mio progetto Filippide per l’inclusione degli atleti con autismo e sindrome di down. Vorrei restituire alla Polizia quello che mi ha dato, magari in un progetto giovani.
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