
“UN TIZIO HA SPARATO A UNA NOSTRA ASINA, POTEVA AMMAZZARCI TUTTI. ERAVAMO IN CASA” – L’EX PILONE DEL RUGBY ANDREA LO CICERO, CHE OGGI ABITA A NEPI, VICINO VITERBO, PARLA DEL PROCESSO PENALE ANCORA IN CORSO: “NELL’OCCASIONE NON HO REAGITO, SAREI STATO COME LUI. CREDO NELLA GIUSTIZIA, IO” - LA DEPRESSIONE DOPO L'ADDIO ALLO SPORT. E DI COME NE È USCITO GRAZIE ALLA CUCINA E AL…
Estratti da open.online
Andrea Lo Cicero è lo storico pilone del rugby italiano. Adesso però è diventato cuoco, giardiniere, personaggio televisivo. Sempre con il soprannome del Barone: «Già, la mia famiglia non ha un’origine qualsiasi. Il soprannome lo inventò, una vita fa, un suo collega. E da allora sono rimasto quello». Una famiglia «nobile, di Catania, legata ai Cannizzaro. Le origini sono di Vizzini, la cavalleria rusticana, i Borboni. In realtà siamo Lo Cicero Vania ma tutti omettono perché in Italia si tende sempre a fare le cose facili».
La depressione
Racconta: «Quando ho smesso di giocare mi arrabbiavo molto per la mancanza di regole, del senso civico. Ora ho lavorato su di me, ogni anno mi dedico a uno dei miei aspetti che voglio e devo migliorare. Tipo la saggezza e la tolleranza. Perché non puoi educare il mondo e se devo andare a ricoverarmi per la marea di maleducati che ci sono… anche no. Colpirne uno per educarne cento è impossibile. C’è questa sorta di anarchia dove tutti sono più bravi e migliori dell’altro. Sarà. Ma a me frega niente. Questo nella vita. In campo litigioso zero. Il rugby non lo permette». Adesso abita a Nepi, vicino Viterbo.
Per lui cucina e giardinaggio «sono passioni che ho sempre portato avanti. Da atleta, per necessità, dovevo mangiare tanto quindi dovevo cucinare bene e sano. Dopo il rugby ho avuto una grande depressione. Non sapevo cosa fare in un Paese, il nostro, che offre poco. E allora mi sono detto: vediamo se riesci a diventare un cuoco. Ho studiato assai perché per riuscirci devi entrare a regime. Proprio come una cucina.
Il giardinaggio, invece, nasce dai nonni. Avevano degli agrumeti e da piccolo stavo lì, sempre. Era bellissimo, era libertà, era sacrificio anche per una famiglia nobile. Da parte di papà avevo un nonno ufficiale dell’Aeronautica che ha fatto anche la guerra d’Etiopia, da parte di mamma un nonno dirigente della Polizia di Stato. Per me è stato super formativo, mi hanno insegnato il valore della divisa, il rispetto per gli uomini in divisa».
L’asina
Infine, racconta di «un soggetto che ha sparato a una nostra asina. È ancora in corso un processo penale e spero finisca presto perché non abbiamo dato giustizia a Zaira. Poteva ammazzarci tutti. Eravamo in casa. Il tizio ha mirato con una carabina da sessanta metri da noi e ventiquattro da Zaira. Ti dico solo che abbiamo sentito lo spostamento aria. In quel momento ho fermato tutto. Non me la sentivo più. E non se la sentivano soprattutto gli altri asinelli. Appena arriverà la sentenza ricominceremo». Nell’occasione lui non ha reagito: «No, sarei stato come lui. Credo nella giustizia, io»
andrea lo cicero foto di bacco
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