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COSI’ IL TENERO ZAPATA E’ DIVENTATO “DUVAN IL TERRIBILE”: "HO IMPARATO DA HIGUAIN E QUAGLIARELLA. IO SAPEVO DOVE SAREI ARRIVATO, ERA SOLO QUESTIONE DI TEMPO” - IL GIOCATORE PIÙ PAGATO DELLA STORIA DELL’ATALANTA (26 MILIONI) ALLA SECONDA DOPPIETTA ALLA JUVE IN UN MESE: “A FARMI INIZIARE E’ STATA MIA MADRE. ECCO COME (VIDEO) – GASPERINI E PERCASSI SI GODONO L’EXPLOIT DELLA “DEA”: "SERATA DA SOGNO, POSSIAMO CRESCERE ANCORA" - VIDEO

 

Alessandro Pasini per www.corriere.it

 

ZAPATA

Dal tenero Zapata a Duvan il terribile il passo non è stato breve. Ci sono volute 5 stagioni e mezza, 4 squadre, 7 tecnici, mille dubbi (degli altri) e un’etichetta scomoda (sempre degli altri). Alla fine però, a 27 anni, il ragazzo venuto da Cali ce l’ha fatta a diventare importante. Con la doppietta alla Juventus in Coppa Italia — la seconda in un mese ai bianconeri dopo quella in campionato nel 2-2 dell giorno di Santo Stefano — è arrivato a dieci partite di fila sempre in gol, con 17 reti complessive nelle due manifestazioni. Come è stato possibile? «Con i gol, imparando dai maestri giusti e senza ascoltare le critiche superficiali. E con un po’ di fortuna, ovvio».

 

«Tantissimo. Prima succedeva come a Roma che calciavo, pigliavo il palo e segnava Castagne, oppure come col Milan: tiro, respinta e gol di Rigoni. Non che io non ci fossi, mancava il dettaglio. Era solo questione di tempo. E ora tutto è cambiato».

 

Infatti: le ultime 6 partite sempre a segno (9 gol) in campionato, gol e assist in Coppa Italia nel 2-0 al Cagliari negli ottavi. Insomma, è nata una macchina.

ATALANTA GASPERINI

«Sì, ma lo so che prima o poi mi fermerò. La missione sarà continuare comunque a crescere. Alla fine la cosa che più inorgoglisce è questa: sono sempre cresciuto, nei gol e nel gioco per la squadra».

Che cos’ha visto Gasperini di differente in lei?

«La capacità di attaccare la porta, puntarla, non giocare mai spalle alla porta. All’inizio non è stato facile: questo è un gruppo dal gioco consolidato, rasoterra, al piede. Ci ho dovuto lavorare molto».

 

Gomez e Ilicic aiutano...

zapata

«Davvero! Hanno una qualità pazzesca. Dopo il primo allenamento mi sono detto: se non faccio gol con questi, non li faccio mai più…».

A proposito di qualità. Dicevano che lei ne avesse poca: è generoso sì, però...

«Basta una voce per etichettarti. Ma io ero tranquillo: sapevo che non era così. E non sono stupito di quello che sta accadendo».

Parlava di maestri.

«Uno è stato Higuain al Napoli: che spettacolo i suoi movimenti. Idem Quagliarella alla Samp. Allenarsi con gente simile è un privilegio».

 

L’Italia le piace anche fuori dal campo?

«Molto. A Napoli è nato il mio secondo figlio Dayton (4 anni, la primogenita è Dantzel, 6, ndr), l’Italia l’ho già girata tutta e mi sono sempre trovato bene: al Nord e al Sud, con o senza il mare».

Mai vittima di razzismo?

«Personalmente no. Però vi dico che il razzismo è un fenomeno globale. Ho giocato in Argentina e in Colombia: c’è pure lì, purtroppo».

Giusto sospendere le partite in caso di cori e ululati?

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«Sì. Io mi immagino cos’ha passato il mio amico Koulibaly. Un segnale va dato. Siamo nel 2019, dai, cose simili non sono più concepibili».

 

Se non avesse fatto il calciatore?

«Basket. Ci giocavo da bambino. Amo l’Nba, adoro LeBron James, ma io mi vedo più come un Westbrook».

E invece com’è arrivata la vocazione per il calcio?

«Per le strade di Cali. Vivevamo in un quartiere popolare, anche se non ci mancava niente. Io ero bravo, ma mio papà non era convintissimo. È stata mia mamma a farmi arrivare all’America di Cali».

 

Come?

«Ha convinto un mio cugino che ci giocava a portarmi a un provino. Mi hanno preso: a 11 anni ho intuito che il calcio sarebbe stato la mia vita. E a 16, con l’esordio in prima divisione, mi sono detto: ora dipende solo da te».

In quel periodo ha perso la mamma.

«Nel 2010: è stata molto dura, ho reagito come avrebbe voluto lei, impegnandomi nel calcio. Oggi ogni gol glielo dedico. In fondo non era solo mia mamma, ma anche la mia scopritrice».

 

È vero che tifava Inter?

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«Tifavo una squadra per ogni Lega. Dell’Inter mi piacevano i colori. Ma amavo soprattutto l’Arsenal di Henry. In Colombia impazziamo per la Premier. Magari un giorno ci giocherò».

Insomma, ha avuto ragione l’Atalanta a fare di lei il più pagato nella storia del club (26 milioni)?

«Lo spero. E la cosa è esaltante. Vivere giocando a calcio è una fortuna e una gioia: perché mai dovremmo sentire pressione?».

 

 

2. PERCASSI

PERCASSI

Francesco Fontana per gazzetta.it

 

Missione quasi impossibile prendere sonno dopo partite del genere: "Penso proprio che non ce la farò, certe serate capitano raramente...". Come non credere ad Antonio Percassi, che dopo il 3-0 sulla Juventus si presenta ai canali ufficiali del club con un sorriso grande così. Doveroso, o meglio, meravigliosamente naturale: i quarti di finale sono nerazzurri.

 

Annientata la più forte d'Italia, tra febbraio ed aprile la sua Atalanta si giocherà l'accesso alla finale di Coppa Italia con la Fiorentina: "Ieri sera abbiamo realizzato un grande sogno, battere una delle squadre migliori al mondo non è roba da tutti i giorni". Visibilmente emozionato, il patron non smette di ringraziare il proprio pubblico: "Ovviamente speravamo di disputare una bella partita, magari anche di vincerla, ma nessuno avrebbe mai potuto immaginare di farlo in questo modo. È un successo che va oltre ogni tipo di immaginazione. Voglio ringraziare, ancora una volta, i nostri tifosi: sono stati incredibili. Era tanto che aspettavano di battere la Juve, meritano questa vittoria e questa partita pazzesca".

CLUB MODELLO — I numeri dell'Atalanta parlano chiarissimo, con Gasperini il progetto migliora anno dopo anno, indipendentemente dalle scelte di mercato. Alcuni vanno, altri arrivano. La Dea, invece, è sempre in alto. Il segreto? Zero dubbi per Percassi: "Stiamo battendo tanti record, ma non fermiamoci. I risultati sono il frutto di tante cose, in primis della pianificazione e degli investimenti. Tutto, a Bergamo, è molto chiaro. E c'è la possibilità di crescere ulteriormente".

 

gasperini

A inizio stagione, in particolare dopo l'eliminazione di Copenaghen, l'Atalanta ha faticato. E qui, il patron, abbraccia ancora i suoi tifosi: "Splendidi, sono stati con noi in ogni momento, anche fin troppo. Pure quando le cose non andavano. Non smetterò mai di ringraziarli". Quanto viaggia questa Atalanta, chissà dove arriverà in campionato e Coppa Italia. Percassi chiude così: "Speriamo di far sempre meglio, con umiltà e mantenendo i piedi ben saldi a terra".

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