
DALLA NEBBIA DI BELGRADO CHE SALVO’ IL MILAN DI SACCHI FINO AI 100 DOLLARI DATI A UN CAMERIERE PER TORNARE CON LA FIRMA DI ROBERTO CARLOS, PAOLO TAVEGGIA, “MISTER WOLF” DEL MILAN DI BERLUSCONI E DELL’INTER, SI RACCONTA – GULLIT CHE ARRIVA AL MILAN “ANCHE GRAZIE A MIA MOGLIE”, LA POLEMICA CON “TUTTOSPORT” NEL GIORNO DELLA STRAGE DI BORSELLINO, FACCHETTI "CHE INCOLPAVA MAZZOLA DI TUTTO" – “DOPO AVER DATO LE DIMISSIONI DALL’INTER SONO ANDATO A TROVARE MOGGI A TORINO CHE MI DISSE: 'L’UNICO MODO PER LAVORARE ALL’INTER È STANDOSENE FUORI'...”
Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
paolo taveggia marco van basten
C’è l’epica del calcio, l’iperbole come consuetudine o condanna, la narrazione (dupalle). E poi c’è la realtà dei fatti, la verità vera. Ci sono la scaltrezza, l’esperienza, le intuizioni, le furbate e anche qualche botta di culo degli uomini penombra, gli operativi, i Mister Wolf.
Uno di questi, tra i più apprezzati, è Paolo Taveggia, 73 anni a ottobre, milanese, sangue interista ma storia prevalentemente milanista. Meglio, berlusconiana. Ci siamo rivisti dopo dieci anni buoni. Una cena piacevolissima a casa di amici, sere fa. Al momento del risotto con i porcini lui aveva già attraversato un ventennio di storia del calcio italiano e internazionale.
Paolo ha vissuto da dentro, ma proprio dentro dentro, l’epopea del Grande Milan di Silvio e Adriano e il primo anno della presidenza interista di Massimo Moratti. "Berlusconi è l’uomo che mi ha dato quello che avrei potuto desiderare, gli devo tutto" me l’avrà ripetuto una mezza dozzina di volte. "Uscito dalla Bocconi, due anni in banca, il suicidio alle porte, anzi allo sportello, la necessità di cambiare vita, settore, pubblicità. Televisiva, le private. Insomma, te la faccio breve".
Brevissima, ne sono certo.
"Mi chiama Marcello Di Tondo, uomo forte di Videotime, chiede se voglio far parte della squadra, passo da 320mila a 750mila lire al mese".
Bel colpo.
"E salto al ’79. Berlusconi mi dice di andare in Uruguay per organizzare la diretta della Copa de Oro, la prima di una privata. Parto con Giuseppe Albertini, che è la storia della telecronaca, e un tecnico. Proprio in quell’occasione Ancelotti esordisce in Nazionale".
Berlusconi non ti molla.
massimo moratti silvio berlusconi
"Chiede a me e a Marcello Dell’Utri di preparare 'il più bel torneo di calcio al mondo da trasmettere su Canale 5'. Nasce il Mundialito, anno 1981. Lo replichiamo nell’83, l’edizione migliore, e nell’87, quando da un anno sono il direttore organizzativo del Milan, entrato fin dal primo giorno. Braida è il direttore sportivo, Ramaccioni il team manager, Galliani e Giancarlo Foscale, cugino di Berlusconi, i massimi dirigenti. Galliani si occupa della parte sportiva, Foscale è l’amministrativo.
Dall’84 fino all’ingresso nel Milan avevo lavorato nel mondo della boxe con Branchini. Ricordo che quando dissi a Giovanni, per me un fratello, che sarei andato al Milan ci rimase malissimo. Lo presi in un momento particolarmente doloroso perché era appena morto un suo pugile, Salvatore La Serra. Nello stesso periodo ricevetti un’offerta anche dalla Dorna che entrava nel calcio. Rifiutai e passai il contatto proprio a lui, che decise di lasciare la boxe per fare l’agente".
Paolo, se ti dico mercoledì 9 novembre 1988…
"Belgrado. All’andata 1-1, gol di Virdis. Andiamo al Marakàna, loro sono fortissimi. Stojkovic, Savicevic, Sabanadzovic, Ivanovic. Dopo il primo tempo capisco che non la vinciamo mai, lo stadio è un inferno. All’improvviso cala una nebbia fittissima e io penso: vuoi vedere che abbiamo acquistato delle macchine per produrla? Non si vede un cazzo. Ramaccioni mi costringe ad andare dal guardalinee per dirgli che la partita deve essere sospesa.
Con la mia faccia di culo comincio a stalkerarlo. A un certo punto l’arbitro, Dieter Pauly, tedesco, decide di sospenderla chiarendo tuttavia che non si tratta di un rinvio. 'Dobbiamo aspettare che si alzi'. Gli spogliatoi sono tre casette, una per gli ospiti, una più grande per la Stella Rossa e la terza per la terna e il delegato Uefa. Mi fermo nel giardinetto davanti alla nostra, in dieci minuti fumo quattro sigarette. Faccio l’errore di aprire la porta e vedo che i giocatori sono già tutti sotto la doccia, le maglie sporche buttate per terra, avevamo solo quelle. Il terrore. E adesso?".
Già, che fai?
"Busso alla porta di Pauly e in un inglese stentato, volutamente stentato, confesso che mi sono sbagliato, non avevo capito e ho detto alla squadra che la partita è stata rinviata. La mia carriera nel calcio è finita, aggiungo, perderò il lavoro. Sembro John Belushi che si scusa con Carrie Fisher nei Blues Brothers".
Non fatico a crederti.
"Mi guarda, ci pensa su un istante, dà un’occhiata fuori e la rinvia alle 13 del giorno dopo. Avverto tutti, sollevato, e mi metto a organizzare il pernottamento dei tifosi che hanno deciso di fermarsi. Rientrato in hotel, l’adrenalina a mille, non si dorme, chiedo a Guido Susini di accompagnarmi in centro.
Ci facciamo dare l’indirizzo del pub più prestigioso di Belgrado e ci fermiamo davanti alla porta d’ingresso per un’altra sigaretta. Passano pochi minuti e vediamo arrivare una limousine tutta bianca, una Mercedes. Scendono tre ragazze pazzesche, l’arbitro e i guardalinee accompagnati da un dirigente della Stella Rossa. Incrocio lo sguardo di Pauly e lo saluto: ti ho visto e tu hai visto me. Giovedì".
Si rigioca.
"E Pauly ci annulla un gol col pallone dentro di un metro e mezzo, andiamo ai rigori. Te la senti, non te la senti, tiri tu, tiro io, quello che finge di telefonare a casa alla fidanzata, insomma il quinto ad accettare è Cappellini, ha appena 17 anni. Savicevic sbaglia, se segniamo la partita è nostra.
Vedo che al posto di Cappellini si presenta sul dischetto Rijkaard che non era nella lista dei cinque. Gol. Raggiungo Frank, gli faccio i complimenti e chiedo come mai all’ultimo abbia deciso di tirare, non essendo in lista. 'Ho visto la faccia del ragazzo' mi fa. 'Se avesse sbagliato la sua carriera sarebbe finita lì, la mia no'. Ah, dimenticavo...".
Dimenticavi?
"Mercoledì sera avevo chiamato Galliani - era rimasto a Milano - per dirgli che con Virdis espulso e Ancelotti che aveva preso il secondo giallo avevamo bisogno di recuperare Gullit che non stava bene. Ruud mi aveva spiegato che sarebbe sceso in campo solo se fosse arrivato da Amsterdam il suo preparatore Ted Troost".
Che naturalmente arrivò.
"Con l’aereo privato messo a disposizione da Berlusconi. Galliani volò in Olanda, prese Troost e lo portò a Belgrado. Questo era il Milan".
Dal ’93 al ’95 in America.
"Lavoro per la Fifa all’organizzazione di Usa 94 e quando torno Matarrese mi offre una consulenza per il Centro di Coverciano".
Mentre sei con lui, arriva la telefonata di Moratti.
"Lo passo a Matarrese che mi lascia andare all’Inter, firmo il contratto il primo aprile del ’95. Prima della fine dell’anno me ne sono andato".
Perché?
"Divergenze, tante e diffuse. L’ultima, quando leggo sulla Gazzetta che Facchetti ha dichiarato di aver sfruttato l’amicizia di Tostão per evitare che Roberto Carlos e Caio disputassero un’inutile amichevole. Avevo fatto tutto io, mi ero speso con un dirigente della Fifa. Basta! Presento le dimissioni a Giammaria Visconti di Modrone che mi dà del matto. Convinto che Moratti le avrebbe rifiutate, mi presento in Saras, lui prima le accetta e poi mi chiede il motivo".
Cosa rispondi?
"Aggiunge che sono una delusione e io lo ripago con la stessa moneta. Se posso darti un suggerimento, concludo uscendo, prova a dare ascolto a una sola persona e non a venti. E la persona migliore che hai vicino e ti vuole bene è Giammaria Visconti".
Anch’io lo adoravo. Moratti ascoltava anche Moggi.
"Dopo aver dato le dimissioni sono andato a trovare Luciano a Torino e sai cosa mi ha detto? 'L’unico modo per lavorare all’Inter è standosene fuori'".
Roberto Carlos, altra opera tua.
"Solo sul piano pratico, io entro in scena quando il contratto col Palmeiras è chiuso. Manca solo la firma del giocatore. Moratti mi manda a San Paolo, arrivo e mi dicono che Roberto Carlos è a Punta del Este con la Nazionale per la Coppa America. Non posso andarci in auto, telefono al presidente, aereo privato e sono in Uruguay. Raggiungo l’hotel del Brasile, è inaccessibile, quelli del Palmeiras mi avevano detto che Teixeira e Havelange si potevano convincere solo in un modo".
Ungendoli.
"Mi confondo con la torcida, Roberto Carlos si affaccia alla finestra della camera, mi faccio riconoscere, do 100 dollari a un cameriere che gli porta il contratto, lui firma e il cameriere me lo riporta".
Al caffé, la memoria di Taveggia è ancora overperformante. "Un elenco di altre cose in ordine sparso. Al Milan mi danno subito la scrivania di Rivera. Riesco a far invitare la squadra al Gamper dove Berlusconi scopre Gullit. Ruud arriva a Milano anche grazie a mia moglie. La finale di Barcellona, la marea rossonera, e io recupero 60mila biglietti comprandoli ovunque. Di ventimila era la nostra disponibilità".
Va’, fino allo sfinimento. Tuo.
"A Napoli vinciamo lo scudetto ma ci riempiono di sale. Dopo l’omicidio di Borsellino Berlusconi mi chiede di sospendere la presentazione del Milan e Tuttosport ci definisce omertosi. Galliani vuole licenziare Tarozzi dell’ufficio stampa per i biglietti omaggio dati a Tuttosport, evidente il riferimento a quell’articolo, e Marco viene salvato da Confalonieri.
E poi i palloni dimenticati nella finale di Vienna e la cortesia di Eriksson, la finale persa col Marsiglia a Monaco e il lavoro per smascherare Tapie, la squalifica dopo Marsiglia e Galliani che licenzia Cantamessa. All’Inter le urla di Moratti per Baggio, promesso da Moggi e finito al Milan.
Zanetti e la notte nella quale si aggiunge Rambert, il caso Kanu e la mancata visita medica, Paul Ince che convinco inseguendolo nella cucina di casa sua. I tre amministratori delegati, Moretti, Ghelfi e Visconti, che non andavano d’accordo. Ottavio Bianchi e la guerra ai dirigenti fin dalla prima partita a Firenze, il divieto di presentarci ad Appiano, la scelta di Hodgson fatta da Facchetti e le promesse a Tabarez, Ancelotti e Capello, tutti e tre usciti da casa Moratti convinti di essere il futuro allenatore dell’Inter. Le telefonate mattutine di Facchetti che incolpava di tutto Mazzola".
Siamo all’amaro.
paolo taveggia silvio berlusconi
"Arrigo non vuole lasciare che il Madrid faccia il riscaldamento sul campo e io che mando a quel paese lui e Galliani. Sempre Arrigo che chiede a Van Basten di arretrare per creare lo spazio per le ali e Marco che fa come gli pare e non lo sopporta. Il mio viaggio a Vienna da Platini presidente Uefa al quale spiego che la finale di Champions al mercoledi è una puttanata e che va giocata di sabato e Michel cambia la data. Sensi che propone il mio nome come direttore della Lega e Moratti che vota contro. La cena a Forte dei Marmi dove spiegano che sono stato licenziato dall’Inter perché avevo rubato e io che minaccio di querelare tutti. Sai cosa penso? Che la sera del Triplete Massimo abbia finito di inseguire suo padre Angelo. Più triste che felice, il viaggio si era concluso".
Basta così, è il momento della digestione di verità che cambiano storie e storia.