“OPEN” AGASSI: "ORA CHE HO SMESSO NON ODIO PIU' IL TENNIS - DJOKOVIC E’ GIUSTAMENTE IL NUMERO 1. GLI ALTRI NON SONO NEPPURE VICINI - FEDERER? E’ MAGIA - KYRGIOS HA DETTO DI NON AMARE IL TENNIS? MI RICORDA QUALCUNO - FOGNINI-PENNETTA? LUI GIOCA ANCORA, SERVE IL GIUSTO EQUILIBRIO TRA VITA PRIVATA E TENNIS"
Luca Calamai per “la Gazzetta dello Sport”
Indica il cielo. «Djokovic è lassù, è giustamente il numero uno al mondo. Gli altri non sono neppure vicini. A cominciare da Murray che pure ha appena vinto Wimbledon. C' è troppa differenza con il fenomeno serbo». Quella di Andre Agassi è una sentenza senza appello. E lui di numeri uno se ne intende. Il campione americano è stato ospite d' onore del «Konzum Open» di Umago. Lo ha invitato Goran Ivanisevic, a cui è intitolata l' Arena. Un vecchio rivale che è rimasto amico.
La loro finale del '92 a Wimbledon è ancora oggi una delle pagine più emozionanti della storia del tennis: «Vinsi perché credevo che avrei perso», racconta Agassi sistemandosi la maglietta blu notte. Chissà quante volte l' ha rigiocata quella sfida, pescando tra i ricordi. Andre è già ripartito.
Prima però ha disputato una mini esibizione proprio con Goran per la gioia di 5000 persone che si sono accalcate sugli spalti richiamate da uno dei miti del tennis. E pazienza se Agassi non ha potuto fare più di tanto per un problemino alla schiena.
L' importante era vederlo dal vivo. Nel suo blitz in Croazia si è speso per accontentare tutti i suoi ammiratori. Il personaggio scontroso di un tempo ha lasciato il posto a un uomo sereno. Disponibile. Con lui, a Umago, c' era anche la moglie Steffi Graf: «La Croazia ci ha stregato. Ci è venuta voglia di comprare una barca e di andare a visitare alcune isolette». Fanno una bella coppia. Sono dei vip ma non appaiono mai nei rotocalchi rosa. La loro normalità non fa notizia. Eppure ogni volta che incrociano lo sguardo avverti qualcosa di speciale. Si riparte dalla sua classifica. Djokovic lassù, gli altri tutti dietro. A cominciare da un altro mito del tennis, Federer.
Nonostante i quasi 35 anni e molti acciacchi fisici non ha voglia di ritirarsi: non sarebbe meglio fermarsi quando si è ancora protagonisti?
«No. Federer è Federer. E' unico. E' magia. Lui può ritirarsi quando vuole perché comunque resterà Federer. Può decidere senza avere addosso nessun tipo di pressione».
Ci troviamo di fronte a una nuova generazione tennistica: il suo giudizio su Raonic.
«Sta alzando il suo livello di gioco. Se trova continuità può diventare un numero uno. E' solido».
Zverev?
«Gioca un tennis bellissimo. E' uno da non perdere di vista».
Kyrgios?
«Ha molte potenzialità ma spesso ha un basso potenziale. Mi sono spiegato?».
Kyrgios ha detto di non amare il tennis, ma di continuare perché non sa cosa fare.
«Frasi che mi ricordano qualcosa…».
Lei infatti ha scritto nella sua autobiografia «Open» che odiava il tennis ma era costretto a praticarlo perché suo padre glielo imponeva.
«Non avevo scelta. Dovevo giocare a tennis e dovevo diventare un campione. Per questo lo odiavo. Anche se molte volte, lo confesso, non capivo perché lo odiavo. Quando sono diventato il numero 1 mi sentivo il 140. Non avevo più forza, non avevo più motivazioni. Per questo nel 2006, dopo tanti anni di amore e odio ho capito che era arrivato il momento di dire addio. E in quattro ore è finito tutto. Però…».
Però?
«Ora che mi sono ritirato sono felice dei miei anni passati nel tennis. Non lo odio più».
Nel suo libro ha anche confessato di aver fatto uso di droghe quando attraversava un periodo di forma negativa. Oggi il doping nel tennis è passato agli onori delle cronache con il caso della Sharapova sospesa ed esclusa dall' Olimpiade.
«E' un caso complicato. L' integrità dello sport è sacra e va difesa a ogni costo. E' difficile però credere che la Sharapova abbia commesso un simile errore per sua precisa scelta. Del resto, poche settimane prima del controllo quello che aveva assunto non era illegale. Mi dispiace che la Sharapova non possa partecipare a Rio. Maria già mi manca».
Gioca ancora a tennis?
«Gioco spesso per stare insieme a Steffi. Lei è sempre con la racchetta in mano perché vuole stare in forma. Anche ora che ho 46 anni provo a giocare per vincere, ma il mio corpo non sopporta più tanto esercizio».
Fognini e la Pennetta si sono sposati da poco: funzionano i matrimoni tra tennisti?
«Il mio funziona. Però io e Steffi abbiamo smesso di giocare. Nel caso di Fognini e della Pennetta i patti dovranno essere chiari. Loro dovranno trovare il giusto equilibrio tra la vita privata e il tennis che per Fognini è ancora un lavoro. Ma ce la faranno. Sono in gamba».
Com' è cambiato il tennis rispetto ai suoi tempi?
«E' cambiato totalmente. Le palline sono diverse, le racchette sono diverse, le corde sono diverse, persino l' abbigliamento è diverso. Quando io colpivo forte, non sapevo dove sarebbe andata la pallina. Ora più forte la colpisci e più sei sicuro che finirà nel punto dove volevi indirizzarla. E le nuove racchette riducono il logorio della macchina uomo consentendo a un atleta di allungare la sua carriera».
I campioni di oggi concedono meno allo spettacolo.
«E' normale. Le emozioni sono distrazioni. Nel tennis di oggi vince chi lavora meglio, non chi ha più personalità. In campo vedo atleti sempre concentrati al cento per cento».
Se dovesse spiegare a un ragazzino cos' è il tennis che parole userebbe?
«E' uno sport dove non ci sono time out, dove non puoi sederti in panchina e chiedere il cambio, dove non puoi sfruttare i consigli dell' allenatore. Sei solo con te stesso. Uno contro uno, ma se anche odi l' avversario in campo ti rispetti».
Tornando alla finale di Wimbledon contro Ivanisevic quale immagine conserva?
«Quella di Goran che a fine partita è venuto dalla mia parte del campo per stringermi la mano. Non dimenticherò la faccia di quel ragazzino che era felice per me».
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