“DYBALA? NULLA E’ DECISO, DIPENDE DA COME SI PORRA’...” – L’AD JUVENTINO MAURIZIO ARRIVABENE SUL RINNOVO DELL’ARGENTINO: "IN AUTUNNO AVEVAMO TROVATO L’ACCORDO. POI LE COSE SONO CAMBIATE..." - LA BORDATA A GRAVINA SULL’INDICE DI LIQUIDITÀ, CRISTIANO RONALDO E VLAHOVIC, AGNELLI, LA SUPERLEGA E LA BATTUTA SU CEFERIN...
Ivan Zazzaroni per il “Corriere dello Sport”
Maurizio Arrivabene le promesse le mantiene. Potrebbe essere il suo claim personale, utile anche nel ruolo che ricopre dal luglio scorso, utilissimo oggi. Fu di parola pochi mesi prima dell’uscita dalla Ferrari e si è ripetuto dopo un’altra uscita, altrettanto dolorosa, quella della Juve dalla Champions. Da «ti prometto che la prima intervista a Leclerc la realizzerà il tuo giornale» - e così è stato - a «l’intervista la farò con te a gennaio».
Non ci siamo incontrati a gennaio e nemmeno l’8 marzo, data dell’appuntamento rinviato.
«Ulteriori valutazioni e riflessioni, nulla di drammatico» la sua spiegazione «vista l’attenzione riposta sul tema Dybala, si vuole arrivare a una decisione definitiva in un senso o nell’altro». Ma ieri, a poche ore dalla sconfitta col Villarreal, eccoci a Milano, io il meno puntuale per colpa di Trenitalia.
Dormito bene?
«Sì… siamo già in veste ufficiale?».
Certo.
«Dormire ho dormito, anche se sono uno che dorme poche ore, quattro o cinque per notte. Se ho assorbito la sconfitta? Sono un parsimonioso bresciano molto pragmatico e non racconto frottole. L’obiettivo di questa stagione era il passaggio agli ottavi e il posto Champions per la prossima. Raggiunto il primo, abbiamo proceduto partita dopo partita. L’uscita è stata spiacevole in assoluto, ma non cambia di una virgola i nostri piani.
Si chiude un capitolo e se ne apre un altro, la società è focalizzata su un three years plan, un progetto triennale, nel quale - l’abbiamo tutti ben chiaro - deve coesistere l’aspetto finanziario con quello sportivo, i conti con i risultati del campo. Non abbiamo mai raccontato nulla di diverso, a partire dalla scorsa estate».
Quando c’era ancora Ronaldo.
«Nei primi giorni, vedendolo al campo, motivato e sul pezzo, mi convinsi che sarebbe rimasto. In seguito manifestò altri propositi e sappiamo bene come è andata».
Oggi, caro Arrivabene, è la giornata degli schiaffi.
pavel nedved, andrea agnelli, maurizio arrivabene e federico cherubini
«Io sono innanzitutto un tifoso della Juve, conosco l’amarezza, le sensazioni che si provano quando si sta dall’altra parte, le ho vissute sulla pelle. Ora che sono da questa, con la consapevolezza del ruolo e delle responsabilità, reagisco diversamente. Anche quando sono alla partita tengo tutto dentro, con molta fatica, tradendo la mia natura».
A differenza di Nedved.
«Pavel è più istintivo, non si trattiene... Senta, alla Juve è cambiata la struttura, siamo qui non per ricostruire, ma per costruire. Io, Nedved, Cherubini e Allegri: scelte, decisioni e programmi sono il frutto di riflessioni a quattro teste e non prescindono dalla condivisione di percorsi e obiettivi. Naturalmente sotto la supervisione di Andrea Agnelli che vive la Juve in maniera totale, arriva in sede alle 7 e mezza del mattino - di solito a quell’ora ci siamo solo io e lui - e se ne va quando è buio».
Sembra un filo distratto dalla Superlega.
«Proprio per niente. È presentissimo nel quotidiano. La Superlega è un tema che non si può abbandonare, siamo informati da lui su tutti i passaggi».
I vostri tifosi vogliono sapere che Juve sarà da giugno in avanti.
«Noi facciamo calcio, l’aspetto finanziario non può azzoppare quello sportivo. Vlahovic e Zakaria sono acquisti fatti in funzione di questa stagione, ma soprattutto della prossima. L’accelerazione di gennaio ha motivazioni evidenti».
Si spieghi meglio.
«Attorno a Dusan c’erano dei movimenti, in particolare di club stranieri. Abbiamo considerato che se ci fossimo spinti fino a giugno probabilmente non saremmo risultati competitivi nella sempre meno ipotetica asta con inglesi e spagnoli.
arrivabene nedved agnellli cherubini foto mezzelani gmt 230
Abbiamo verificato se ci fossero le condizioni per prenderlo subito, individuato le eventuali uscite in grado non dico di pareggiare l’investimento ma di renderlo sostenibile e nel preciso momento in cui i conti sono tornati abbiamo esposto il piano a Andrea e subito dopo al CdA, che l’ha autorizzato. I passaggi successivi sono stati l’incontro con Joe Barone, al quale abbiamo presentato l’offerta scritta, e poi, ottenuto il sì della Fiorentina, quello con gli agenti di Dusan».
Con i quali avevate già un accordo.
«Non è affatto vero, questo è un falso assoluto. Siamo un’azienda quotata e non ci possiamo permettere stravaganze. Ci siamo mossi soltanto dopo aver ottenuto il placet della Fiorentina. Abbiamo rischiato di finire sotto ricatto, certo, ma eravamo forti del consenso del giocatore che voleva solo la Juve. Se ci fossimo presentati da Barone con l’accordo con gli agenti ci saremmo ritrovati in una situazione identica, non crede? La Fiorentina avrebbe potuto alzare sensibilmente il prezzo. Tutto è stato fatto con la massima trasparenza secondo le regole».
Immagino che Allegri sapesse tutto fin dall’inizio.
«Certamente: l’aspetto strettamente tecnico compete a lui. Ma anche Nedved non è proprio l’ultimo arrivato. Lo ripeto: si decide sempre in quattro. Non trascurerei il fatto che siamo riusciti a trattenere un talento assoluto all’interno del nostro sistema calcio».
Adesso siete alle prese con sei rinnovi.
«Sì, anche se, essendo ad Juve e non solo dell’area sport, altre 3 o 4mila cosine le devo fare, entro quest’anno. Comunque so già dove vuole portarmi. Quelli di Cuadrado, Bonucci, Chiellini, De Sciglio e Bernardeschi le interessano relativamente, giusto?».
Fuochino, ma provo ad anticipare la sua risposta: il prolungamento di Cuadrado è automatico o quasi. Bonucci ha ancora un anno, così come Chiellini, per il quale molto dipenderà dalla qualificazione al Mondiale. E con De Sciglio e Bernardeschi state discutendo.
«Non confermo e non smentisco. Dybala, avanti: cominci lei, dal momento che ci tiene tanto».
In autunno avevate trovato l’accordo.
«Vero. Le cifre che lei ha recentemente riportato sono quelle corrette».
Poi le cose sono cambiate.
«Decisamente. L’inverno scorso c’è stato l’aumento di capitale da 400 milioni, che serviva a aggiustare i conti, non per il mercato, in più aspettavamo la semestrale, di conseguenza si sono rese necessarie nuove valutazioni riassumibili nei quattro parametri».
I quattro comandamenti.
arrivabene nedved agnelli foto mezzelani gmt 228
«Ha fatto centro. L’aspetto tecnico, il numero delle presenze effettive, la durata del contratto e il valore economico attribuibile al singolo giocatore. Parametri che devono essere rispettati».
Gli farete un’offerta, nonostante il giorno prima dell’incontro del 10 marzo abbiate optato per lo slittamento?
«Il giorno prima lo dice lei. Non è stato il giorno prima e comunque ho letto le conclusioni tratte dai giornali. Scaricato, mollato... Abbiamo scelto di far slittare l’incontro semplicemente perché il tecnico ha voluto mettere in bolla la squadra, avevamo davanti a noi la partita di Genova e il ritorno di Champions».
È altrettanto vero che il 17 dicembre lei aveva moralmente liberato Dybala.
«ll giorno dell’ultimo contatto con l’agente, non ricordo con precisione la data, ma era metà dicembre, alla domanda “possiamo ritenerci liberi?”, risposi sì, ma solo perché non avrei potuto chiudere l’operazione in quel preciso momento. Fu un atto di estrema onestà. Qualcuno ha scritto che a un certo punto sarei addirittura scappato da quella riunione. Scappato, capisce? Spiegai tanto all’agente quanto a Nedved e Cherubini che avevo un impegno personale inderogabile. Io non scappo».
Insisto, è pronta un’offerta al ribasso?
«Vediamo come si presenta Paulo, nulla è deciso. Mi deve credere».
ANDREA AGNELLI CON Maurizio Arrivabene E Pavel Nedved
Ma lei è lo stesso che un giorno disse «non faremo colpi di teatro». Poi prendeste Vlahovic.
«Quindi non mi crede più nessuno… Il direttore della comunicazione, Albanese, fu il primo a ricordarmelo. Gli risposi: Claudio, ma noi abbiamo fatto un colpo di mercato, non di teatro».
Anche voi turbati dallo spettro dell’indice di liquidità?
«Stabilire delle regole è fondamentale, ma serve equilibrio, le regole devono permettere di attrezzarsi, non condannare alla sparizione da un giorno all’altro. Inoltre non possono esserci regole europee e regole locali: occorre armonizzarle. Porto l’esempio di un mondo che entrambi conosciamo bene.
Il budget cap in F.1 è stato introdotto dopo lunghe riunioni dei team principal che si sono tenute con cadenza settimanale nel giro di due mesi. Il tetto al budget mira a traghettare il Circus in una dimensione nuova e sostenibile resasi necessaria dalla crisi aggravatasi con la pandemia. Il punto è che alcuni team vi possono aderire in forma volontaria, gli adattamenti in casi e situazioni simili sono indispensabili. Ma adesso posso farle vedere una cosa?».
Mi mostra il video di una classe di ragazzini che urla forza Juve.
«Me l’hanno girato prima della partita, sono i 65 bambini ucraini tra i sei e i dodici anni che siamo andati a prendere per dar loro una protezione e un futuro. Adesso sono a La Morra, in provincia di Cuneo. Mi creda, mi è dispiaciuto tanto anche per loro. Guardi che entusiasmo...».
ANDREA AGNELLI CON MAURIZIO ARRIVABENE E PAVEL NEDVED
L’idea a chi è venuta?
«Io e Claudio (Albanese, nda) intorno alla mezzanotte ci stavamo scambiando dei messaggi sulla guerra, vedendo certe terribili immagini dei bambini e delle loro madri, gli ho detto: perché non andiamo a prenderli? Dobbiamo fare qualcosa. E lui: “Se vai, vengo con te”.
È stata Deniz, la moglie di Andrea, a darci la spinta decisiva. “Vengo anch’io”. Ci siamo confrontati con le autorità ucraine e con il supporto della Protezione civile e della Regione Piemonte, che li hanno in cura, siamo partiti il venerdì, alle 20. Due pullman, quelli della prima squadra maschile e femminile, e tre jeep, io ne guidavo una, su un’altra Riccardo, l’autista ufficiale. Li avevamo riempiti di generi alimentari, vestiti, medicine.
Deniz naturalmente è venuta con noi. Passando dalla Slovenia abbiamo raggiunto Zahony, un paesino al confine tra Ungheria e Ucraina. La domenica mattina eravamo a La Morra, 2.800 chilometri ai 106 all’ora come velocità massima. Avrà notato che a Firenze non c’erano il medico sociale e il pullman della squadra, oltre a tre addetti alla sicurezza. Con noi è venuta anche una psicologa. Mi ha colpito la dignità di quella gente. E poi pensi, si sono riuniti tutti in cerchio, c’era anche il sindaco di Zahony, prima di regalarci un piatto pieno di fiori, Capisce, il regalo l’hanno fatto loro a noi... Ora che ci penso, 2.800 chilometri e ci hanno fermato una solo volta, la polizia, in Slovenia».
Ceferin, sempre lui.
Sorride.
«Ci hanno chiesto se c’erano i giocatori e ci han lasciato andar via. Ma questo non lo scriva».
Non lo scrivo, si fidi.
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