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VE LO RICORDATE? E’ STATO UNO DEGLI EROI PER CASO DEL DERBY DI ROMA. OGGI NON SEGUE PIU’ IL CALCIO. AIUTA IL PADRE A VENDERE SANTINI VICINO ALLA CHIESA: "PAPA' HA ANCHE UN PARCHEGGIO, QUINDI CONTROLLO LE MACCHINE CHE ENTRANO ED ESCONO”. DI CHI SI TRATTA? - VIDEO

 

Da gianlucadimarzio.com

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“Non sai cosa hai fatto”. È stata la prima cosa che gli hanno detto i compagni: “Stankovic e Nesta mi hanno preso e portato sotto la Curva Nord. Mi hanno ripetuto ‘non sai cosa hai fatto’, per due volte. Scandisce bene ogni parola Lucas Castroman, consapevole dell’importanza di quell’attimo: “All’inizio non capivo – racconta a Gianlucadimarzio.com - ora me ne rendo perfettamente conto”. 

 

Lo chiamano ancora a distanza di 20 anni: “Amici, tifosi e conoscenti, mi ricordano ancora di quel gol”. Lucas aveva appena 21 anni, i capelli lunghi e sciolti e una voglia pazza di entrare in campo: “Ero lì ad aspettare che il mister mi chiamasse, sapevo che quella partita non si poteva perdere”. La Roma viaggiava spedita verso lo scudetto, una vittoria avrebbe segnato la fine del campionato: “Sono entrato e ho iniziato a fare degli scatti sulla destra, penso che quello abbia un po’ trascinato i miei compagni”. 

 

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La Lazio era sotto di due gol, la fine vicina. Poi il gol di Nedved e quello di Castroman, allo scadere: “Sentivo che potevo segnare, quando è arrivato il pallone l’unica cosa che mi è venuta in mente è stata festeggiare”. Lucas ora è dall’altra parte del mondo, in Argentina. A Lujan per la precisione, dove c’è una cattedrale simile a Notre Dame e una statua della Madonna famosa in tutto il mondo. A ricordare quel gol nel derby del 2001 però il suo viso si sarà sicuramente illuminato ancora: “Mi ha cambiato la vita, se la gente ancora mi ricorda vuol dire che faccio parte della gloriosa storia della Lazio”. 

 

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Non se n’è mai vantato però: “Non mi piaceva fare il ‘figo’ come si dice a Roma, sono sempre stato un ragazzo con i piedi a terra”. Per questo forse si è sentito tradito dal mondo del calcio: “Ora non lo seguo più, guardo solo l’Argentina, perché c’è Messi, e il Mondiale, una volta ogni quattro anni”. Una ferita ancora aperta di cui non svela troppo: “Mi faceva troppo male, sentivo che c’erano ingiustizie dentro e fuori dal campo, quindi ho deciso proprio di non ritornare”. 

 

Il calcio fa ancora parte della sua vita, ma con un altro spirito: “Ho una scuola calcio, ma solo per il divertimento dei bambini, non li faccio giocare in nessun campionato. Voglio solo fargli capire la vita”. Lucas Castroman passa il tempo in tanti altri modi: “Al mattino vado a dare una mano a papà che vende santini vicino alla chiesa. Ha anche un parcheggio, quindi controllo le macchine che entrano ed escono”.  

 

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Mette in pratica anche quello che ha imparato all’istituto tecnico dove si è diplomato anni fa: “So lavorare con il gas e l'elettricità, mi piace il lavoro manuale, per questo con alcuni miei amici faccio la manutenzione completa degli appartamenti che ho preso quando giocavo”. Ha anche un B&B e ora passa più tempo con la sua famiglia: “Sto recuperando quello che il calcio mi ha un po’ tolto”. In un modo o nell’altro è ancora informato sulla Lazio: “Mi arrivano notizie, sono felicissimo che stia lottando per le prime posizione, se lo merita”. 

 

Quello che non si aspettava era un Inzaghi già allenatore di vertice: “Quando giocava sembrava più un avvocato che un calciatore, però se c’era qualcuno che non mi aspettavo in panchina era proprio lui. Il primo ero io, e Simone con me”. Vent’anni però cambiano le persone, mentre i ricordi rimangono fissi, non li cancella nessuno. Come quel gol al 95’. E tra 20 anni ci sarà ancora qualcuno pronto a ricordarglielo.  

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