LA FIERA D’ARTE PIU’ ATTESA DELL’ANNO: ART BASEL SBARCA A PARIGI NELLO SPLENDORE DEL GRAND PALAIS RESTAURATO TRA RAGNI DI BRONZO, ASINI DI CARTAPESTA E LA PERFORMANCE DI GOSHKA MACUGA PER MIU MIU - DALLE OPERE MILIONARIE (DUMAS, KOONS,) A QUELLE DEGLI EMERGENTI ANCORA A BASSO COSTO (MA FORSE ANCORA PER POCO....). E POI GLI AEROPLANINI DI BOETTI, DIVERSE OPERE DI TOM WESSELMANN, TRA CUI ANCHE UN SUO FAMOSO SMOKER, E UN RITRATTO DI DALIDA…
E’ venuto il grande momento di Parigi, e di Art Basel, in un luogo unico, il Grand Palais restaurato, ma senza esagerare. Ma non è solo questo a fare la fiera (Direttore di Art Basel Paris è Clément Délépine, Vincenzo de Bellis direttore globale delle fiere e delle piattaforme espositive, mentre Noah Horowitz è Chief Executive Officer), è tutto il sistema dell’arte parigino ad essersi intonato con quest’evento, con un’importante offerta espositiva ovunque ci si giri, con le grandi mostre in tutti i musei:
il Surrealismo al Pompidou, Jackson Pollock e Picasso al Musée Picasso, Wesselmann e la Pop Art alla Fondation Vuitton, L’Arte Povera alla Bourse de Commerce e persino un’istituzione religiosa come il Collège des Bernardins ha in mostra le opere di Corita Kent, la suora americana, con il nome religioso di Sister Mary Corita.
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Dunque l’attesa si è rotta, già il giorno prima dell’opening, con l’evento performativo di Goshka Macuga , dal titolo Tales&Tellers, per Miu Miu che sostiene il public program di Art Basel.
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Da dove cominciare la visita? Dalla balconata superiore, con l’arte più fresca e le sedici gallerie più emergenti, come la Fanta MLN di Milano con l’artista Gina Folly che realizza opere con il cartone (dai 5 ai 10mila euro) introducendovi fiori sintetici come una gentil punteggiatura (sua madre è una fiorista). La Roh Project di Jakarta propone Kei Imazu, quasi un ricamo su parete realizzato in rilievo. Dagli emergenti ci si può addentrare in un’altra sezione, con gallerie ancora non frequentemente viste alla fiera, anche con artisti oltre la mid career, indubbiamente interessanti, come la giapponese Takako Yamaguchi dalla Ortuzar di New York (dipinti a 300mila dollari, tutti venduti).
Il percorso studiato da Art Basel per il salone superiore ci porta nella sezione Premise, tutta di nuova concezione, alla galleria The Pill di Istanbul con una sede anche parigina, il solo show è un focus su Nil Yalter, artista 86enne nata al Cairo ma naturalizzata turca, femminista e attivista, a cui la Biennale di Venezia ha assegnato quest’anno il Leone d’oro. Alla galleria Bonbon di Barcellona sono di scena le tavole dei “fumetti” di Nazario, erotismo omosessuale in primo piano.
Usciti da questo settore si riprende la retta via delle gallerie emergenti, come la berlinese di Lars Friedrich, con l’artista Nuri Koerfer che gioca tra scultura e design con le sue creazioni dalla testa d’asino (altre volte aveva scelto il lama), mobili oggetto realizzati in legno e cartapesta (dai 12 ai 18mila euro), forme di coabitazione nello spazio domestico.
steffani jamison, da madragoa,
L’artista prova simpatia per gli animali umili, da soma, in Etiopia gli asini trasportano il sale del deserto mentre in Himalaya le attrezzature degli alpinisti. Martina Simeti ha in stand un’installazione di Jasmine Gregory (a 45mila euro), artista che ha già avuto diverse mostre museali, recentemente al CAPC di Bordeaux e al MoMa PS1. Da Whatiftheworld di Cape Town, il lavoro di Lungiswa Gqunta, parla di segregazione razziale con la tela disseminata da taglienti lamette tipiche del filo spinato. L’installazione di Steffani Jamison presentata dalla galleria italiana Madragoa ha vinto il premio Lafayette Anticipations.
Sotto, al piano terreno, c’è il parterre des rois (si è notata la presenza di Rania di Giordania, della sceicca Mayassa, e poi molti direttori di museo tra Europa e USA), le grandi gallerie dai nomi notissimi, che letteralmente si fronteggiano all’incrocio della corsia più centrale. Certo sono gallerie plenipotenziarie nel mondo dell’arte, ma in certi casi l’impressione è che sia mancata una curatela interna nella presentazione, che abbiano cioè esposto tutto il loro grosso potenziale vendibile, specie milionario. Del resto ogni galleria ha la sua scuderia di artisti sotto contratto, e le opere che reperisce sul mercato secondario.
Certo la concorrenza è agguerrita e quindi bisogna calare subito gli assi nella giornata della preview. Dipinti di Marlene Dumas (da Zwirner), piuttosto che un’installazione di Yayoi Kusama (da Victoria Miro), o il mazzo di fiori di Jeff Koons (da Lévy Gorvy Dayan).
Ci sono confronti diretti in pochi metri quadrati, e anche quelli indiretti fra opere ed opere, come nel caso di un quadro di grande formato con gli aeroplanini di Boetti, inchiostro e acquarello su carta fotografica (da Acquavella a 1.500mila dollari) e la grande mappa di 2 metri 65 del 1989/91 sempre di Boetti da Tornabuoni. Il sole splende da Perrotin grazie al lavoro scultoreo di Othoni
La presenza in fiera di diverse opere di Tom Wesselmann, anche un suo famoso Smoker (il tipico dipinto dell’artista americano con il fumo che esce dalla bocca di una donna con le labbra dipinte di rosso, da Vedovi Gallery a 4.480mila dollari) rimanda alla mostra appena inaugurata alla Fondation Vuitton.
Le artiste donne mantengono le posizioni di mercato (con valori però sempre inferiori agli artisti maschi) eccezione fatta per Louise Bourgeois e il suo famoso ragno in bronzo (qui un esemplare, di media grandezza, del 1995, edizione di 6, venduto da Hauser&Wirth per 20 milioni di dollari a un collezionista), per Julie Mehretu da White Cube (un dipinto venduto a 9.5 milioni di dollari).
Per un’opera di Rosemarie Trockel sono stati pagati 600mila dollari, Elizabeth Peyton (da Zwirner a 875mila dollari), un collage di Meret Oppenheim del 1934 venduto da Michael Werner per 1.5 milioni di dollari, per Chiharu Shiota da Templon a 120mila euro. A Etel Adnan, da poco scomparsa all’età di 96 anni, la galleria Sfeir Semler di Beirut dedica gran parte dello stand, con un suo solare murales composto da 96 ceramiche realizzate a mano, il nome dell’artista ricorre anche da Massimo De Carlo con un suo dipinto venduto a 220mila euro, uno stand praticamente tutto venduto quello del gallerista milanese: opere di Cattelan, Barrington, Yan Pei-Ming e anche il giovane Alfie Caine (un piccolo lavoro a 10 mila euro) non lontano per ispirazione, soggetto, atmosfera e colore dai paesaggi di Salvo, in costante ascesa, come vediamo da Sprüth Magers che lo propongono, per una tela di piccolo formato, a 220mila dollari e da Gladstone un altro venduto a 250mila dollari.
ritratto dalidaART BASEL CONQUISTA IL GRAND PALAIS DI PARIGI gina folly il ragno in bronzo di louise bourgeoistom wesselmann