VROOM! - VETTEL NON PIACE AD ECCLESTONE, È TROPPO BUONO E MENO STAR DI HAMILTON E ALONSO - MA IL "MECCANICO" TEDESCO NON SBAGLIA UNA MOSSA, IN STILE SCHUMI

Emanuela Audisio per “la Repubblica”

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Un pilota tedesco che urla di gioia in italiano e quando esce dalla macchina si commuove come un latino. Non un robot, ma uno da una lacrima sul viso, che ringrazia la Ferrari, che appena vince pensa a Schumacher, a uno che non può più vincere, «ero ragazzino, quando lui trionfava, ora sono al suo posto », che pensa che l’eredità va onorata con tre salti in puro stile Schumi, non stracciata. Sebastian Vettel, 28 anni, è l’eroe buono che guida la Ferrari prima al traguardo del Gp della Malesia, dopo 38 gran premi e 676 giorni senza successi e dopo che per tutta la settimana si è parlato dell’altro pilota tedesco, pazzo e cattivo.

 

È Vettel che alla radio incita alla riscossa, è lui che sorride, senza fare il bel tenebroso, è lui che dimostra che se si smette di avere paura dei mostri, quelli lo sono sempre un po’ meno, è lui che rivaluta il ribaltone voluto da Marchionne a sancire la fine del ciclo Montezemolo dopo 23 anni. Anche se questa nuova macchina SF15-T viene da lontano. Però l’energia, la voglia di risalire, l’aerodinamica hanno una nuova leggerezza. E gli eredi, da Maurizio Arrivabene, team principal, a James Allison, dt, fanno buon lavoro e atmosfera.

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Così la Ferrari esce dal Medioevo della stagione passata e sbuca nel domani. Vettel la sua monoposto l’ha chiamata Eva. Come la prima donna che peccò per una mela e lasciò il paradiso per una realtà più faticosa dove nulla è regalato. Seb finora era il tedeschino. Un predestinato, uno che fiuta sempre il vento giusto. Uno dalla buona stella e dai tanti record: molto fast, ma poco furious.

 

Come se fosse un peccato non lasciarsi sempre investire dal destino, saper abbracciare il futuro, portare il buon umore nel team. Ma anche uno sottovalutato: se aveva vinto quattro mondiali era per merito della macchina (Red Bull), della fortuna, di scelte non sue. In più l’altro giorno arrivava il disprezzo di Bernie Ecclestone: «Vettel non fa vendere, gli interessa solo vincere la gara, nessuno lo riconosce fuori dalla pista».

 

Già, Seb non è una star. È un re del mondo anonimo. Gli frega solo di filare veloce. Non rallenta nemmeno quando entra nella corsia box, e infatti è stato multato.

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Non è come Lewis Hamilton, non fa parlare di sé per l’acquisto di un jet privato con camera da letto supersexy, né per come ostenta la sua ragazza sul circuito. Figurarsi, ha appena avuto una bambina e non l’ha detto a nessuno. Non solo, ha consultato i suoi avvocati per vedere se può difendersi dalla curiosità dei media. Zero gossip su di lui.

 

Ha una compagna, Hanna Prater, vivono in una fattoria in Svizzera. I suoi idoli da bambino che non eccelleva a scuola erano tre M: Michael Schumacher, Michael Jordan, dio dei canestri, Michael Jackson, re del pop. Due sorelle più grandi, un fratellino, padre carpentiere. Fine del privato. Seb senza volante è un uomo comune, non è tipo da cime tempestose, per merito di una famiglia (non milionaria) che ha sempre difeso la sua normalità.

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Non è nemmeno come Fernando Alonso che volta le spalle alla Ferrari, considerandola una scuderia ormai arretrata e perdente, e poi va a sbattere lui contro un’avversità che lo fulmina e su una macchina che non va.

 

Ci sono quelli che sanno intuire cosa c’è dopo la curva e quelli che si fermano alla tempesta senza arcobaleno. Alonso lascia e perde, Vettel arriva e vince. In maniera adrenalinica, ma morbida. Senza scassare nulla, con talento e intelligenza. Assecondando la scelta di fare due sole soste per il cambio gomme. Risparmiando così tempo. E azzannando quello stesso tempo nelle qualifiche, guidando come uno squalo sotto l’acquazzone. Lui come Senna adora il diluvio.

 

british fashion awards   rihanna e lewis hamiltonbritish fashion awards rihanna e lewis hamilton

Forse perché suo padre ad Heppenheim si divertiva con delle secchiate d’acqua a rendere scivolosa la strada su cui Seb correva con il kart attorno a casa. E così mentre Alonso lontano dalla Ferrari perdeva memoria e presa sulla realtà, Vettel sempre più dentro, ha gestito il suo esordio e la sua fuga per la vittoria con una felice solidarietà: «Mi sentite? Mi sentite? Ferrari is back». Un podio e un successo nella prime due gare di stagione. Nemmeno Schumacher era stato così veloce a tagliare il traguardo alla guida della casa di Maranello.

 

Le Mercedes per una volta sono dietro, la partita è aperta, ma almeno stavolta si può giocare. Forse a Vettel è andato tutto strepitosamente bene e ad Hamilton e a Rosberg tutto male. Forse è un caso, un attimo infinito di grazia, un flirt tecnico riuscito. Però da oggi Maranello torna a guidare. Bisognerà farci i conti. Soprattutto se al volante il piccolo tedesco non c’è più. Vettel is back, non solo la Ferrari.

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