
IL GRAN BUBBONE DEL CALCIO MARCIO ITALIANO STA PER SCOPPIARE SUI SOLDI DELLE TV - GLI ISPETTORI DELL’ANTITRUST METTONO IL NASO NELLA SPARTIZIONE SKY-MEDIASET DEI DIRITTI TV...
1 - LA GRANDE SPARTIZIONE DEL CALCIO IN TV
Aldo Fontanarosa per “la Repubblica”
Su Sky tutta la Serie A. Su Mediaset le 8 “grandi”. Alla Lega Calcio un assegno da 945 milioni: 572 dalla pay-tv satellitare e altri 373 dal Biscione. A giugno 2014 era finita così, con un armistizio all’italiana, la grande sfida dei diritti televisivi tra Rupert Murdoch e Silvio Berlusconi. Tutto venne deciso a tavolino, accantonando l’asta che si era appena celebrata.
Ma ora quella pace artificiale — che aveva bloccato l’outsider statunitense Discovery, anch’esso in corsa per le partite — può frantumarsi sotto i colpi del nostro Antitrust. Di colpo — mentre Murdoch e Berlusconi ragionano sui altri diritti pesanti, quelli della prossima Champions, al momento nelle mani dell’ex Cavaliere — ecco il Garante della Concorrenza fare la mossa che non ti aspetti.
Gli ispettori dell’Antitrust, scortati da decine di finanzieri in borghese, entrano nelle tre cattedrali del potere calcistico nazionale. Vanno a Sky (Santa Giulia, Milano), poi a Mediaset, poi bussano alla porta della Infront, consulente della Lega Calcio in questa storia infinita dei diritti. L’armistizio di giugno sulla Serie A, che riguarda le tre prossime stagioni, dal 2015 al 2018, è ora sub judice.
E sotto scacco è l’intero gruppo di vertice del calcio nazionale, che torna ad attirare lo sguardo accigliato di Matteo Renzi. Da Porta a Porta , il premier invoca una classe dirigente finalmente adeguata e già licenzia i «dilettanti » oggi in campo: «Basta figuracce». Stesso ragionamento aveva fatto dopo i colpi di pistola al tifoso del Napoli, Ciro Esposito, nel 2014. E sempre il premier incita l’Antitrust ad andare diritto in gol e al suo obiettivo «perché è la volta buona per fare chiarezza sui diritti della televisione ».
Chiarezza, già. Claudio Lotito non maledirà mai abbastanza la sua chiacchierata con il direttore sportivo dell’Ischia, Iodice. Quella in cui si scaglia contro l’arrivo in Serie A del Carpi e del Frosinone perché incapaci di muovere soldi, di generare ricchezza. La stessa in cui si vanta, al solito: «Sono riuscito io a mettere d’accordo Sky e Mediaset, mai nessuno in dieci anni». Il sito di Repubblica pubblica la registrazione del Lotito show (il 13 febbraio) e l’Antitrust la richiama ora nel suo atto contro la pace delle tv: ci muoviamo — scrive il Garante — «sulla base di notizie di stampa» che hanno dato conto del possibile inciucio del nostro pallone, e delle sue televisioni.
A giugno 2014, Sky tenta il cappotto e si aggiudica all’asta i diritti sia per il satellite sia per il digitale terrestre. Ma la Lega Calcio — dove il Milan e Galliani contano ancora qualcosa — punta i piedi e blocca la pay-tv satellitare. Mediaset — sia in quei giorni e sia ieri, commentando l’istruttoria dell’Antitrust — grida al monopolio: Sky non può mangiare primo, secondo, contorno e dolce. E allora prende corpo l’accordo a tavolino.
In quel momento, il Garante della Concorrenza non è sulla palla. Insieme a un altro Garante (l’AgCom, sentinella della Comunicazione) autorizza una deroga alla Legge Melandri sui diritti tv che facilita questo scambio di partite e pacchetti tra Sky e Mediaset, che poi si compone nell’accordo finale. Ma adesso l’Antitrust — risvegliato dalle vanterie di Lotito — ha un sussulto d’orgoglio.
Nella sua istruttoria sospetta di «accordi ripartitori» tra Murdoch e Berlusconi a tutto danno della competizione. Si chiede se un signor editore — Eurosport, proprietà degli americani di Discovery — si sia trovato con le ruote tagliate nella corsa ai diritti, per colpa della pace Sky-Mediaset. Teme la violazione dell’articolo 101 del Trattato Ue.
Per le famiglie e i tifosi che vogliono vedere le partite non cambierà niente. Almeno non subito. Prudente, l’Antitrust fissa ad aprile 2016 la fine del suo processo al possibile biscotto. La prossima stagione calcistica (2015-2016) filerà liscia, dunque. Mentre non ci sono certezze per i due altri campionati dell’accordo (dal 2016 al 2018).
Certo, l’Antitrust potrebbe limitarsi a colpire Mediaset e Sky, la Lega Calcio e Infront nel portafoglio imponendo — si dice in casi del genere — multe esemplari. Ma può anche spingersi oltre, azzerando l’accordo dell’inciucio e ordinando una nuova asta, più equa. Un’asta che metta in palio per davvero anche i diritti per le partite via Internet veloce (il business del futuro prossimo). Al momento, neanche a dirlo, nelle mani di Sky e Mediaset.
2 - IL VERO GRANDE FRATELLO CHE CONTROLLA TUTTO: IL SISTEMA INFRONT FINISCE NEL MIRINO
Ettore Livini e Marco Mensurati per “la Repubblica”
L’ingresso della guardia di finanza nella sede di Infront Italia potrebbe rivelarsi uno snodo cruciale nella storia del calcio italiano. Per la prima volta, infatti, viene acceso un faro ufficiale sulle attività, sui protagonisti e sugli interessi dell’azienda che, partendo proprio dalla gestione dei diritti televisivi, negli ultimi cinque anni ha assunto il controllo assoluto del mondo del pallone, in ogni suo aspetto.
Non è solamente simbolico che a mandare i finanzieri ad ispezionare gli uffici di Infront sia stata l’autorità garante per il mercato. Entrata in Lega calcio nel 2008 su presentazione di Antonio Matarrese, proprio con l’incarico di gestire l’asta per i diritti tv, vale a dire l’unica fonte di approvvigionamento del sistema, la società di Marco Bogarelli — oggi branch italiano di una multinazionale controllata dalla cinese Wanda Group — ha lentamente divorato ogni cosa intorno a sé, finendo con l’occupare ogni minimo spazio occupabile e facendo piazza pulita di ogni forma di concorrenza.
philippe blatter e marco bogarelli
Dalla consulenza sulla cessione dei diritti tv, Infront è passata direttamente al controllo delle squadre di calcio. Controllo esercitato in un primo momento in maniera indiretta, vale a dire attraverso l’acquisto a prezzi fuori mercato dei diritti commerciali delle varie società che quei diritti non riuscivano in alcun modo a vendere (o comunque non ai prezzi proposti da Infront). E in un secondo tempo in maniera diretta, con l’intervento finanziario in cordate create per l’acquisto dei titoli sportivi di società in crisi, come nel caso del Bari, del Brescia e del Parma.
Un giochino dispendioso: il bilancio del 2014 racconta che nonostante un aumento del fatturato del 4 per cento, la redditività dell’azienda si è contratta dagli 11,6 milioni del bilancio precedente a 3,5. Ma si tratta di un costo preventivato. Ogni squadra sotto controllo, un presidente arruolato.
Il mercato dei diritti TV sul Calcio Dalla Stampa
Ogni presidente, un voto in Lega calcio. Dove si decide tutto quello che interessa a Bogarelli, e dove ormai non si sposta una pianta da un ufficio ad un altro senza che Claudio Lotito — l’uomo scelto, insieme al vecchio amico Adriano Galliani, per gestire gli affari in Lega — non sia d’accordo. Per capirsi, ad oggi, a parte le eccezioni di Juventus e Roma, le perplessità di Napoli e Fiorentina, le restanti sedici squadre di Serie A sono tutte ascrivibili al “partito Infront”.
Ma non basta, perché la «vocazione dell’azienda — come dice chi ne conosce bene il management — è totalitaria». Non è un caso che, con una campagna acquisti d’impronta bulimica, Infront abbia preso tutto quello che c’era da prendere: i diritti commerciali della nazionale di calcio (assegnati subito dopo l’ascesa al potere in Figc del ticket Tavecchio-Lotito), la partnership con la Gazzetta dello Sport nell’impresa Gazzetta tv, gli archivi di gran parte delle squadre di calcio.
Una cavalcata inarrestabile che prosegue in tutte le direzioni. Con l’ingresso nel business dei nuovi padroni cinesi, leader mondiali nell’entertainment, nel mirino di Bogarelli — per sua stessa ammissione — è entrato il super business degli stadi e le relative attività commerciali. «E’ la vocazione naturale di Wanda Group — disse — . Può succedere con il Milan, con la Fiorentina, con il Bologna, con tutti. Ad esempio, stiamo parlando con l’Udinese e abbiamo parlato con il presidente dell’Inter Erick Thohir e il suo management».
In attesa di tuffarsi in un mare di cemento, Infront sta però pensando a consolidare il controllo sul marketing delle società di Serie A e B, tanto importante per tenere in mano le redini del sistema. L’acquisto di GSport — società con 34 milioni di ricavi che raccoglieva pubblicità per Fiorentina, Cagliari, Cesena, Parma, Pescara, Livorno, Brescia, Catania (e ha pure un accordo con la federazione rugby e gestisce sei squadre di massima serie di volley e sette di basket) — è co- sa praticamente fatta. «Ci stiamo annusando con Infront ma formalmente niente è ancora concluso», dice il numero uno del gruppo Alessandro Giacomini.
GSport, nei piani di Bogarelli, andrebbe ad affiancare un altro satellite un po’ misterioso ma potentissimo (nonché crocevia dei soliti conflitti di interessi) della sua galassia: la Sport09, sede sociale allo stesso indirizzo di Infront ma controllata formalmente da un ex dirigente Publitalia (anche Bogarelli ha la stessa provenienza) e nata da uno spin off della concessionaria Mediaset. Sport09 ammette nel suo sito di «collaborare con Infront Italia per la commercializzazione dei diritti di marketing acquisiti con le squadre di A (Milan, Inter, Lazio, Udinese, Sampdoria e Palermo), business cui aggiunge, nell’eterno triangolo con Galliani e il Biscione, la vendita delle piattaforme televisive Mediaset premium, Canale 5, Italia 1 e Rete 4.
L’accordo con GSport blinderebbe ulteriormente il controllo della Lega, portando altri voti preziosi nel pacchetto Infront. Potrebbero servire subito, per dire, per far passare una proposta che Bogarelli avrebbe fatto all’ultima riunione della confindustria del calcio: concentrare nelle mani di un unico gestore — i bookmakers guarda caso danno per favorita la Infront — la regia delle partite di calcio. E l’immagine, si sa, è potere. Potere per conquistare potere per conquistare potere. Per fare soldi.