“L’ARTE DEL FUTURO” DI VINCENT VAN GOGH DEVOTO DI DANTE - LA NATIONAL GALLERY DI LONDRA, CHE CUSTODISCE DUE SUOI CAPOLAVORI COME UNA VERSIONE DEI GIRASOLI E LA SEDIA, PRESENTA 61 OPERE DEGLI ULTIMI DUE TORMENTATI ANNI DI VITA DEL MAESTRO – L'AMORE PER ALIGHIERI (“DANTE È UNO CHE È ANDATO ALL’INFERNO ED È TORNATO”), PETRARCA E BOCCACCIO - MA IL SUO LIBRO PREFERITO ERA "LA GIOIA DI VIVERE" DI ZOLA – LA STORIA DIETRO “LA BERCEUSE”, “LA NINNA NANNA”. VINCENT IMMAGINA QUEST’ULTIMO DIPINTO “NELLA CABINA DI UNA BARCA” DOVE… - VIDEO
Pierluigi Panza per “La Lettura – Corriere della Sera” - Estratti
il poeta vincent van gogh 1888
Quella di Vincent van Gogh — che la National Gallery di Londra mette in mostra per celebrare i propri duecento anni — fu «l’arte del futuro». Non solo cambiò la pittura avviandola verso ulteriori scomposizioni, come quella cubista, ma anche la grafica e le tecniche di rappresentazione e comprensione degli oggetti.
Lui stesso ne ebbe coscienza quando, nel settembre 1888, annunciò al fratello Theo di aver finalmente realizzato «uno schizzo di quel dipinto che sognavo da molto tempo»: con Il poeta l’artista riteneva di aver forgiato una nuova espressione per «l’arte del futuro».
Questa prima mostra che la National Gallery dedica a Van Gogh — forse un paradosso visto che custodisce due suoi capolavori come una versione dei Girasoli e La sedia — presenta 61 opere degli ultimi due tormentati anni di vita del maestro con prestiti da musei e collezioni da tutto il mondo. Curata da Cornelia Homburg e Christopher Riopelle, l’esposizione, intitolata Van Gogh: Poets and Lovers riscopre la più celebre definizione latina dell’arte: Ut pictura poiesis, ovvero la pittura è una poesia muta, un racconto dipinto.
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Soffermiamoci su questo aspetto: Van Gogh non era un «pazzo» naive che dipingeva en plein air come un certo biografismo fa credere. Era riflessivo prima del tracollo e spesso dipingeva in studio i soggetti visti all’aria aperta, conosceva l’arte dei contemporanei ed era attento lettore di scrittori francesi, olandesi, inglesi e italiani.
Dunque leggeva in quattro lingue e amava Dante Alighieri, che invece aveva letto in traduzione. Aveva visto il profilo di Dante disegnato da Charles Bargue nel manuale Cours de Dessin edito a Parigi nel 1868-1870 sul quale aveva studiato.
particolari di oleandri vincent van gogh 1890
Il 30 dicembre 1884 aveva scritto al fratello Theo un appunto sul poeta italiano dal tono quasi autobiografico: «Dante è uno che è andato all’inferno ed è tornato». Amava anche Petrarca e Boccaccio, sul quale aveva letto un lungo articolo su una rivista francese. Quando dipinge Il poeta — il quadro che lui stesso ritiene della svolta formale — pensa a Dante.
Sceglie di ritrarre come modello l’artista Eugène Boch proprio perché aveva una faccia simile a quella di Dante, con naso squadrato. Vuole un viso duro, il cui contraltare è, di fatto, Il contadino del 1888, dal cappello tondo, solare, a falda larga e il viso segnato dalla vita.
È curioso notare come ritroviamo il ritratto de Il poeta anche all’interno di un altro celebre quadro, la prima versione della Camera da letto , dove Il poeta è appeso alla parete destra insieme a L’amante (il ritratto del lieutenant Milliet del 1888). A Saint-Remy, nel 1889, cambia e al posto del quadro del poeta e dell’amante appende il proprio Autoritratto e l’immagine di una donna bionda: ha messo sé stesso come poeta.
la camera da letto vincent van gogh 1888
Il 19 settembre 1888 scrive ancora al fratello Theo: «Tempo fa ho letto un articolo su Dante, Petrarca, Boccaccio, Giotto, Botticelli; mio Dio, che impressione mi ha fatto leggere le lettere di quelle persone! Ora Petrarca era proprio qui vicino, ad Avignone, e vedo gli stessi cipressi e oleandri. Ho provato a mettere qualcosa di tutto ciò in uno dei giardini, dipinto con un impasto spesso, giallo limone e verde lime».
Parla del parchetto che vede davanti alla sua casa gialla e lo trasforma nel dipinto Il giardino del poeta (con questo titolo è esposta in mostra la versione, da collezione privata, con i due innamorati che camminano). Il 26 settembre 1888 torna ancora sull’argomento con Theo: «Non è forse vero che questo giardino ha uno stile curioso, che ti fa immaginare benissimo i poeti rinascimentali come Dante, Petrarca e Boccaccio passeggiare tra questi cespugli sull’erba fiorita?».
Van Gogh aveva una grande passione per la letteratura, non solo per i padri di quella italiana. Dipinge libri ovunque. Il suo interesse non era solo per gli scrittori francesi contemporanei come Émile Zola, Jules Michelet, Alphonse Daudet, Gustave Flaubert e i fratelli Goncourt; ma anche per Dickens e le sorelle Brontë. In una delle versioni dell’ Arlesiana (due in mostra) dipinge in primo piano libri di Dickens. Il suo libro preferito, tuttavia, era La gioia di vivere di Zola, come vediamo in Oleandri , dipinto che nasce insieme a Il giardino del poeta .
Il soggetto stesso dell’ Arlesiana ha rimandi con la classicità, quindi con l’Italia. Van Gogh mette in posa madame Ginoux su un modello di Gauguin e ridipinge il soggetto molte volte. Le donne di Arles erano ritenute molto belle e Van Gogh pensa di dipingere un nuovo archetipo della bellezza, sebbene lontano dal gusto attuale.
il giardino del poeta di vincent van gogh 1888
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Van Gogh sviluppò strategie pittoriche che gli consentivano di fare riferimento a ciò che aveva visto in natura, ma elaborate in studio. Realizza Il seminatore per ottenere un dipinto evocativo con un senso simbolico: la figura deriva dal Seminatore di Millet (più volte disegnato) e il tronco in diagonale fa riferimento alla Visione dopo il sermone di Gauguin e all’arte cinese. Un pittore colto che dona emozioni.
Inutile sottolineare il pathos poetico raggiunto dai diversi Girasoli, che fondano la moderna Natura morta: la versione custodita al Philadelphia Museum of Art ha lasciato gli Stati Uniti per la prima volta da quando è stato acquisito nel 1935 ed è visibile in mostra accanto ai Girasoli acquistati dalla National Gallery cent’anni fa. I due quadri sono esposti con in mezzo La Berceuse , che può essere tradotto come «La ninna nanna» o «Colei che dondola la culla» esattamente come voleva che fossero collocati Van Gogh, che lascia un disegno su questa disposizione.
Certo, non pensava a un museo, bensì a una nave. Scrivendo al fratello immagina quest’ultimo dipinto «nella cabina di una barca» dove i pescatori nel «loro malinconico isolamento, esposti a tutti i pericoli, soli sul triste mare... proverebbero la sensazione di essere cullati, ricordando le proprie ninne nanne».
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Quelli di Londra furono dipinti nell’agosto 1888; la versione di Filadelfia fu eseguita ad Arles nel gennaio 1889. Van Gogh capì subito che i Girasoli sarebbero diventati un brand tanto che ne fece un simbolo: in Mountains at Saint-Rémy del 1889 dipinge un esagerato paesaggio, ma al centro, in piccolo, colloca dei girasoli, quasi una forma pubblicitaria per dire: questo sono io, sono il poeta Vincent.