IL “GUARDIOLISMO” E' PASSATO DI MODA? - LA CRISI DI RISULTATI IN PREMIER LEAGUE, IL GIOCO CHE NON BRILLA PIÙ COME UNA VOLTA E L’ASCESA DI KLOPP HANNO OSCURATO LA STELLA DI “PEP” - COPIARE GLI ELEMENTI DEL SUO CALCIO È STATO A LUNGO OBBLIGATORIO PER ACCREDITARSI COME TECNICI MODERNI. PER 10 ANNI È PARSO CHE NON CI FOSSE ALTRO CALCIO ALL'INFUORI DI LUI MA POI…
Angelo Carotenuto per “la Repubblica”
Non ci sono soltanto i risultati e i 14 punti di distacco dal Liverpool, adesso si mettono pure certi segni. Dentro il peggior inizio di stagione mai vissuto e un campionato compromesso già a Natale, Pep Guardiola ha chiuso la penultima partita di un decennio segnato dall' egemonia delle sue idee con la più bassa percentuale di possesso palla della carriera. Come se a Van Gogh un giorno fosse venuto male un girasole.
Se poi nella stessa partita, persa 3-2 con il Wolverhampton, dopo 12 minuti si ritrova senza il portiere, per giunta il migliore al mondo nell' usare i piedi - altro dogma a pilastro della sua fede - significa che il calcio si diverte a presentare il conto all' improvviso. Per tutto questo, unendo i puntini, cucendo insieme fatti e suggestioni, miscredenti e fedeli di questa icona sempre a metà strada tra football e cultura, adesso sono uniti nel domandarsi se il colore che si intravede laggiù, oltre l' orizzonte di Manchester, non assomigli forse all' arancione di un tramonto.
Non verrebbero tanti dubbi su Guardiola e il guardiolismo se nel frattempo un' altra chiesa tattica non stesse diffondendo e imponendo il credo suo, tanto verticale quanto orizzontale è stato il calcio di Pep nei suoi momenti d'oro e nelle sue manifestazioni più acclamate. L'ascesa di Jürgen Klopp è stata così prepotente da spingere lo stesso Guardiola a innestare elementi eretici dentro la propria ortodossia. Insomma: qualche idea a Klopp gliel'ha copiata. Fino al punto da spingersi a dire a Rodri, centrocampista voluto al City in estate dall' Atlético Madrid: "Tu stai nel cuore del gioco ma scordati come giocava il Barcellona".
La verità è che quattro mesi di semibuio dopo dieci e 28 trofei non autorizzano a scrivere sentenze. Tutto quello che oggi manca a Guardiola ce l'ha Klopp, la stessa luce mediatica che ai bei tempi dell' antica rivalità aveva Mourinho, ma un fascino filosofico superiore a quello di José. In giro per il mondo ora fioriscono accoliti di senso opposto, i kloppisti, allenatori che hanno lavorato o giocato in passato con il Maestro Nuovo, mentre altri traggono ispirazione, come sempre succede presi dalla tentazione di copiare il vincitore.
"Il mio calcio è un modello? Non c' era molta gente che voleva copiarmi quando con il Borussia Dortmund perdevamo le partite". Ecco. Copiare gli elementi del calcio di Guardiola è stato a lungo obbligatorio per accreditarsi come tecnici moderni. Per 10 anni è parso che non ci fosse altro calcio all' infuori di Lui. Copiarlo senza avere Xavi, Iniesta e Messi era un' utopia che Guardiola ha capito e i guardiolisti no.
Preso ideologicamente a schiaffi già nel 2016, anno della controriforma del dis-possesso palla con il contropiede del Leicester e l'affermazione del cholismo, il tiki taka di Guardiola ha sperimentato a Manchester nuove strade per evolversi, aggiungendo al proprio spartito gli strappi e il gioco ibrido di De Bruyne, calcio totale si sarebbe detto un tempo, ma senza avere la forza di accettare e abbracciare l' idea che un difensore di una certa qualità serve almeno quanto un tridente in attacco. Klopp ha Van Dijk, Guardiola si è fidato di Fernandinho. Vostro onore, può bastare?
Proprio mentre diventa il club più ricco al mondo con l'arrivo di soci americani, il Manchester City sperimenta questa vaga stanchezza di Guardiola. In Inghilterra scrivono che quando fa così, quando inizia pure a perdere la pazienza con gli arbitri, come gli sta accadendo, significa che si sta costruendo una via d'uscita. In Catalogna, dove lo conoscono bene, aggiungono che quella via d'uscita possa essere l'Italia. Pep smentisce, del resto che deve fare? Giura che vuole fermarsi ancora a Manchester, che di lavoro da fare ce n'è. Gli emiri gli chiedono da sempre la Coppa, ed è alla fine la sola cosa che gli resti.
"Ma se decidiamo di considerarla la nostra priorità - ha detto l'altra sera - finisce che ci ritroviamo fuori dalle prime quattro". Senza peraltro nessuna garanzia di fare della Champions un sicuro territorio di caccia: l'avversario agli ottavi di finale è il Real Madrid. Come venirne fuori, questo è il punto. Il City non è certo la prima squadra che rende al di sotto del previsto. È una situazione così normale, così quotidiana, che servirebbe affrontarla come tale. La vera sfida per Guardiola adesso è sentirsi e vivere da mortale. Come tutti gli altri.