ISLANDA, TERRA DI GHIACCIO, FUOCO E…ARTE! – IL TOUR POLITICO-ARTISTICO DI RIELLO: “REMOTO NON SIGNIFICA NECESSARIAMENTE ISOLATO. IN CHE MODO UNO SPECIALISSIMO GENIUS LOCI HA INFLUENZATO LE ESPRESSIONI DELL'ARTE CONTEMPORANEA? GIÀ DAGLI ANNI '50 SONO ARRIVATI I PRIMI ECHI DELL'AVANGUARDIA INTERNAZIONALE. POI NEGLI ANNI '70 HANNO INIZIATO A VENIRE DA QUESTE PARTI DIETER ROTH, HERMANN NITSCH, YOKO ONO E…” – LA GALLERIA DI OLAFUR ELIASSON, LA MOSTRA DI ERRO AL REYKJAVIKUR LISTASAFN E IL CURIOSO SPAZIO DELLA NÚLLIÐ GALLERÝ
Antonio Riello per Dagospia
Islanda. Madre Natura qui appare estremamente seducente e i paesaggi sanno essere oltremodo potenti (parecchi esterni per "Il Trono di Spade" sono state girati su queste montagne). Durante l'Estate non fa mai buio (qualcuno si ricorda il film "Insomnia" girato in Alaska con Al Pacino e Hilary Swank?) e in Inverno ci sono solo poche ore di fioca luce.
Il calore dei vulcani produce vapore caldo che funziona come se fosse gas e/o petrolio: riscaldamento ed elettricità geotermica sono alla portata di tutti. La società (stranissimo ma vero) è basata sulla fiducia reciproca e su un sostanziale senso di collaborazione. Il resto del mondo è culturalmente e geograficamente remoto (soprattutto lo è stato prima dei voli low-cost) e i nomi delle persone e dei luoghi, almeno per noi Italiani, rimangono spesso impronunciabili.
Ovviamente non può mancare sul posto una diffusa narrativa nordico-scandinava. Qualche volta senz'altro utile per capire meglio certe sfumature. Tante altre volte banalotta e farcita di luoghi comuni ad uso e consumo di turismi più-o-meno-intelligenti. Eroi Vichinghi, Elfi, Troll (e i loro numerosi timidi cugini) stanno qui come a Venezia stanno i modellini delle gondole con le lucine accese.
In che modo uno specialissimo genius loci ha influenzato le espressioni dell'Arte Contemporanea? Intanto va detto che già dagli anni '50 del secolo scorso, attraverso il lavoro di un islandese d.o.c. come Svavar Guðnason (faceva parte del Movimento COBRA, COpenhagen-BRuxelles-Amsterdam) sono arrivati i primi echi dell'Avanguardia Internazionale.
Poi negli anni '70 Dieter Roth, Hermann Nitsch, Yoko Ono hanno iniziato a venire da queste parti sempre più spesso e a fermarsi a lavorare per periodi abbastanza lunghi. La loro presenza, soprattutto quella di Roth, ha influenzato non poco la sensibilità artistica islandese degli ultimi decenni agganciandola saldamente al panorama mondiale.
Per una rapida ricognizione artistica vale concentrarsi sulla capitale, Reykjavik, dove vive circa la metà della popolazione (in tutto il paese ci sono circa 360.000 abitanti). Nella zona modaiola dei docks portuali l'Art-Star Olafur Eliasson ha un suo studio (quello principale è a Berlino).
Anche se nato in Danimarca, i suoi genitori sono Islandesi e i suoi legami con questa terra di contrasti sono fortissimi sia sul piano personale che su quello creativo. Al piano sotto dello stesso edificio c'è la galleria i8, la più significativa di tutta l'Islanda. Attualmente presenta una bella personale dell'artista Alicja Wade giovane artista Tedesco-Polacca.
Una esibizione precisa e capace di sintetizzare in modo esemplare i parametri stringenti che segnano un certo mercato, "alto", dell'Arte: impatto visivo elegante, una vaga aria da "Arte Povera", un certo grado di personale etnicità combinato con un assoluto sincretismo (qualcosa insomma da cui si possano intuire moltissime cose senza necessariamente doversi sforzare a capirne davvero neanche una). Scendendo un'altra scala ci si trova all'ingresso di una fondazione artistica autogestita da artisti locali, Nylistasafnio.
Niente a che vedere con il classico spazio di "mostre della domenica". Invece un'istituzione rigorosissima con direttore, curatori e tutte le carte in regola per progetti ambiziosi. Infatti sta ospitando una cosa raffinatissima che lo stesso Duchamp avrebbe adorato: "The Archive of Missing Artworks", un impegnativo e ampio archivio di oggetti ritrovati in varie circostanze (e splendidamente archiviati).
Ognuno di questi reperti potenzialmente potrebbe essere un' opera d'Arte: non-finita, rubata, dimenticata, equivocata, lesionata, perduta. I visitatori sono inviati a dare il loro fattivo contributo nella speranza di un possibile "riconoscimento". Un display sapiente ma rigorosissimo e una iniziativa superba che fa riflettere su cosa potrebbe (o no) godere legittimamente dell'aggettivo "artistico".
La installazione all'aperto di Olof Nordal, "Pufa" (2013), è un enorme tumulo-collina ricoperta d'erba e con una piccolissima casetta sulla sommità. Impegna gran parte del panorama da questa parte del porto. Impossibile perderla.
Il Museo Kjarvalsstöðum, nell'ambito del Reykjvik Arts Festival, ha in corso Stitches and Threads: il cucito, la tessitura e il ricamo come media artistici contemporanei. Idea magari non originalissima, ma in questo caso le peculiarità nordiche possono produrre frutti inattesi. La tradizione nata al freddo si mescola virtuosamente con ricerche più tecnologiche e stravaganti. Il lavoro più riuscito è forse quello di James Merry che ricama con misurato garbo sui loghi dei prodotti commerciali più universalmente noti: il suo "Just Do it" (2021) sa farsi notare e apprezzare. Merry, già collaboratore di Damien Hirst, ha interagito professionalmente anche con Bjork.
Il principale Museo della città, il Reykjavikur Listasafn, presenta una grande mostra di Erro (1932), una gloria locale in perenne equilibrio tra graffito, fumetto, cinema e Nordic Pop. Mostra ricchissima di opere (non necessariamente tutte memorabili). Si potrebbe definirla, con un una punta di snobismo, una iniziativa nazional-popolare di stampo estivo. Il bookshop però, bisogna ammetterlo, è all'altezza dei migliori musei del Mondo.
Una piccola ma agguerrita galleria, Portfolio Galleri, espone invece i fastosi dipinti realizzati recentemente da Jakob Veigar Sigurdsson. L'artista sciamano lavora a Vienna e anche in uno sperduto villaggio islandese vicino alla cittadina di Vik. Apparentemente informale con dei cenni di action painting, la sua bella pittura racchiude vaporose atmosfere sorprendentemente fedeli all'aspra natura scandinava.
Ricavato negli ex gabinetti pubblici sotterranei di Reykjavik c'è poi uno spazio espositivo molto curioso, quello della Núllið Gallerý. Di nuovo uno spazio autogestito che al momento propone l'installazione fotografica di un giovane islandese, Daniel Christianworthy. Questa fluida creatura documenta attraverso delle foto le volte che accompagnava l'anziana nonna (deceduta nel 2021) a spasso per la città. La piccola mostra si dipana tra visioni urbane molto trash e affettuose manifestazioni di affetto familiare: una saga tardo moderna in miniatura mooolto felice e stimolante.
Nel piazzale davanti al minuscolo parlamento Islandese, dove nel 2009 ci sono state frequenti proteste di massa seguite alla crisi finanziaria del 2008 (che qui è stata particolarmente disastrosa) si trova una scultura/monumento di Santiago Sierra che celebra appunto i manifestanti e la loro epopea. Per alcuni mesi questa piazza è stata uno dei luoghi più significativi del mondo e un modello ispirazionale per tantissime persone. Ha rappresentato la rivolta popolare, in forma di resistenza civile passiva, contro i criminali e catastrofici maneggi della finanza speculativa globalizzata. "Remoto" non significa necessariamente "isolato".
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