franco baresi

UNA VITA DA "KAISER FRANZ" – FRANCO BARESI SI RACCONTA IN UN LIBRO (PRESENTATO IERI CON BUFFA A MANTOVA) – I PRIMI CALCI CON UN PALLONE DI CUOIO LUCIDATO "CON LA COTENNA DI MAIALE”, LA BOCCIATURA DELL’INTER E IL RISCATTO CON IL MILAN: “NON SAPEVO NEANCHE CHI FOSSE SACCHI. BERLUSCONI PERÒ CI VIDE LONTANO” – LA RETROCESSIONE IN B, LA MALATTIA AL SANGUE CHE LO COSTRINSE PER UN PERIODO SULLA SEDIA A ROTELLE E QUEL MALEDETTO RIGORE SBAGLIATO IN FINALE A USA ’94… - "IL MIO EREDE? NON ESISTE" - VIDEO

Gianluca Veneziani per “Libero quotidiano”

 

franco baresi e federico buffa alla presentazione del libro

«Sei è un numero perfetto di per sé, e non perché Dio ha creato il mondo in sei giorni; piuttosto è vero il contrario. Dio ha creato il mondo in sei giorni perché questo numero è perfetto», scriveva Sant' Agostino ne La città di Dio. Chissà che il grande filosofo non si riferisse, con 17 secoli di anticipo, a Franco Baresi, per tutti il Numero 6, come la cifra sulla maglia da lui indossata in 20 anni di Milan e poi ritirata dal club, essendo irripetibile colui che la indossò. 

libero di sognare franco baresi

 

E come il nome dell'evento al quale lo storico capitano rossonero ha partecipato ieri al Festivaletteratura di Mantova, presentando in compagnia di Federico Buffa il suo libro autobiografico, Libero di sognare, in uscita a fine settembre per Feltrinelli. 

 

KAISER FRANZ

 Il volume è un viaggio dall'infanzia alla consacrazione, dai primi calci tirati nell'aia del suo casale in campagna e in oratorio negli anni 60, «quando giocavamo con un pallone di cuoio lucidato con la cotenna di maiale», fino ai più importanti stadi del mondo, in un percorso che lo ha portato dall'essere un piscinin al diventare Kaiser Franz (soprannome in onore di Beckenbauer). 

franco baresi 9

 

 

Un cammino aspro e difficile, anzi Travagliato, com' è il nome del suo paese di nascita: rimasto orfano di entrambi i genitori a 14 anni, quindi scartato dall'Inter, Franco ebbe il suo riscatto entrando nelle giovanili rossonere. 

 

«Superare quel provino fu un'ancora di salvezza». Da allora cominciò la sua seconda vita piena di trionfi, in un ruolo da ultimo uomo, quello di libero, che ne fece il primo, il più grande difensore del mondo. E lo proiettò in alto, come la sua mano destra levata a segnalare il fuorigioco, ai tempi in cui non esisteva il Var. Quegli anni di gloria cominciarono con l'avvento di Arrigo Sacchi sulla panchina del Milan.

 

franco baresi 8

 «L'anno prima il suo Parma ci aveva battuti», racconta Baresi, «ma non avevo la sensazione che il suo gioco fosse così avanzato, anzi non sapevo neanche chi fosse Sacchi. Berlusconi però ci vide lontano e capì che era l'uomo giusto». Quel Berlusconi che, presentandosi alla squadra, «ci disse che voleva sia vincere che emozionare, chiedeva un gioco offensivo, veloce, spettacolare. Io e i miei compagni ci guardammo negli occhi ci dicemmo: "Speriamo bene..."».

franco baresi usa 94 1

 

 UNICITÀ

 Nonostante i numerosi trionfi, tutta la carriera di Baresi è stata segnata da intoppi, passaggi a vuoto, dalle retrocessioni in B alla malattia al sangue che lo costrinse per un periodo sulla sedia a rotelle fino a quell'infortunio al menisco alla seconda partita dei Mondiali di Usa '94, cui seguì un recupero miracoloso in 25 giorni.

franco baresi usa 94 9

 

«Ancora il giorno prima della finale Sacchi aveva dubbi se farmi giocare. Mi chiese se me la sentissi...». Baresi disputò una delle sue migliori partite di sempre nel caldo infernale di Pasadena, prima dell'errore dal dischetto fatale, insieme a quelli di Massaro e Baggio, per gli azzurri. Da lì le sue lacrime a dirotto: «Quel pianto fu una liberazione», racconta. «Avevo raggiunto una finale e fatto tutto quello che desideravo nella vita. Non avevo più paura di sentirmi debole, anzi mi sentivo forte, perché avevo dato tutto». 

franco baresi 1

 

La sua forza sul campo si può riassumere in un'attitudine "kantiana" a «intuire il tempo e lo spazio di gioco prima degli altri». Da questa intuizione innata derivava la sua velocità: «Non ero lento» dice schernendosi, «qualche recupero l'ho fatto...». Nonché la sua unicità: «Un erede di Baresi?», confida ai taccuini di Libero, «No, non esiste». 

 

franco baresi

Ma questa forza, fatta di gesti e non di parole, riassume anche la sua umanità. Quella che lo fa esplodere in un nuovo pianto liberatorio alla fine della conferenza. Nella sua commozione finale sta il Franco Baresi simbolo di un calcio romantico, legato al Mito della bandiera, come appartenenza eterna a una squadra ma anche come patrimonio di un'intera nazione. Una unicità che portò lo speaker di San Siro, in occasione del suo addio al calcio giocato un quarto di secolo fa, a urlare: «Baresi 6 per sempre».

franco baresi 7franco baresi 4franco baresi usa 94 2franco baresi 5franco baresifranco baresifranco baresifranco baresi 2franco baresi usa 94 3franco baresi 6franco baresi usa 94 6franco baresi usa 94 4franco baresi usa 94 5franco baresi usa 94 7franco baresi usa 94 8FRANCO BARESI E AZEGLIO VICINI

Ultimi Dagoreport

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…

cecilia sala giorgia meloni alfredo mantovano giovanni caravelli elisabetta belloni antonio tajani

LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO- CARAVELLI. IL DIRETTORE DELL’AISE È IL STATO VERO ARTEFICE DELL’OPERAZIONE, TANTO DA VOLARE IN PERSONA A TEHERAN PER PRELEVARE LA GIORNALISTA - COSA ABBIAMO PROMESSO ALL’IRAN? È PROBABILE CHE SUL PIATTO SIA STATA MESSA LA GARANZIA CHE MOHAMMAD ABEDINI NON SARÀ ESTRADATO NEGLI STATI UNITI – ESCE SCONFITTO ANTONIO TAJANI: L’IMPALPABILE MINISTRO DEGLI ESTERI AL SEMOLINO È STATO ACCANTONATO NELLA GESTIONE DEL DOSSIER (ESCLUSO PURE DAL VIAGGIO A MAR-A-LAGO) - RIDIMENSIONATA ANCHE ELISABETTA BELLONI: NEL GIORNO IN CUI IL “CORRIERE DELLA SERA” PUBBLICA IL SUO COLLOQUIO PIENO DI FRECCIATONE, IL SUO “NEMICO” CARAVELLI SI APPUNTA AL PETTO LA MEDAGLIA DI “SALVATORE”…