L'ULTIMA TENTAZIONE DI MORATTI: SBATTERE LA PORTA IN FACCIA A THOHIR

Claudio De Carli per IlGiornale.it

Massimo Moratti a Forte dei Marmi, Erick Thohir in volo di ritorno per l' Indonesia (l'ha fatto sapere lui), Walter Mazzarri e la squadra ad Amburgo. Ma non c'è stata alcuna frenata, il passo del presidente è sempre stato regolare, prudente e circospetto.

Magari avrà spiazzato la sua reazione alle uscite mattutine del Tycoon indonesiano che ha ribadito il suo massimo rispetto verso la famiglia. E ci mancava altro. L'hanno pensato tutti che fosse come minimo doveroso. L'ha pensato anche Massimo Moratti che sta tenendo un profilo bassissimo: «Sì, ci siamo incontrati ma è stata solo una chiacchierata».

Intanto meglio sgombrare il campo a terzi, russi o americani, la trattativa è con Erik Thohir, punto. Moratti la ritiene importante, gli ha fatto piacere che il futuro partner si sia presentato a Milano assieme al suo socio, l'avvocato americano Jason Levien, e soprattutto che voglia l'Inter.

Al settimo piano dell'Armani Hotel dove ha alloggiato nei suoi giorni di permanenza a Milano, la versione di Thohir è stata apparentemente discreta. Ha fatto sapere che non sta trattando l'80 per cento delle quote, nessuna intenzione di imporre vincoli e neppure dirigenti tipo l'arrivo di Leonardo, mai pensato di coinvolgere altri nella sua scalata, lontano da lui intervenire sul mercato, tipo Nainggolan.

E grande rispetto per la famiglia Moratti, per la tradizione che rappresenta e soprattutto sui tempi della trattativa che devono andare avanti con i ritmi e le pause richieste dal presidente dell'Inter. Verrebbe voglia di chiedersi cosa ha intenzione di fare oltre a depositare una fidejussione per centinaia di milioni.

Ma cosa c'è che resta appeso im mezzo alla stanza in questa vicenda? La sua evoluzione, sfuggita al controllo della famiglia. Una situazione che si è ingigantita nella forma quando doveva essere e rimanere solo e soltanto l'ingresso di un partner in un momento di difficoltà globale dell'economia.

Moratti aveva in mente un socio, minoritario, magari fra le tante cose, un imprenditore capace di dare una sterzata al problema dello stadio di proprietà, insomma uno con cui aprire un dialogo per il bene dell'Inter, come ha sempre ripetuto.

Thohir poteva rientrare in questo profilo, famiglia seria, economicamente molto solida, passione per il calcio, introdotto da un amico come Tronchetti Provera, perfetto. Poi la situazione è montata improvvisamente e a far uscire certe notizie non è certo stata l'Inter. Un ingresso soft è diventato un cambio di proprietà.

E certe reazioni sono figlie di questi imprevisti: «Non chiuderemo in questi giorni», ha detto il presidente Massimo Moratti, se è apparso seccato fa niente, di sicuro ha fatto sapere che in questo week end girerà in bici per Forte e non ha prenotato nessuno studio notarile.

Poi ci si può sbizzarrire con il cash, il valore del club e i suoi debiti, le fidejussioni, l'ingresso nel Cda, le firme, i tempi. Da due mesi il giorno dopo è quello giusto, qualcuno ha detto che al massimo tutto si chiuderà entro sei mesi, non un'ora di più.

Ma cosa ha voluto dire Thohir quando ha risposto che non sta trattando l'80 per cento delle quote? Che le vuole tutte? Perché lui ha fatto la faccia simpatica durante il colloquio con Massimo e il figlio Angelomario, ma quando gli hanno chiesto se avesse intenzioni di prendersi l'Inter in tempi brevi, si è trincerato dietro a un sorrisone.

E chissà perché non è piaciuto a tutti, Moratti compreso. «Ci rivedremo? Non so», ha risposto il presidente, ma si riferiva in tempi brevi, alla fine si farà, calma. Thoir invece ha freta: «Spero di tornare presto a Milano», ha detto prima di chiudere la porta ieri sera.

 

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