marcell jacobs

L’UOMO PIU’ VELOCE DEL MONDO E’ UN POLIZIOTTO: RITRATTONE DI MARCELL JACOBS, NEO-CAMPIONE OLIMPICO DEI 100 METRI! NATO IN TEXAS, CRESCIUTO A DESENZANO DEL GARDA, NON PARLA INGLESE: “IL TRADUTTORE DI GOOGLE MI DA’ UN MANO” - IL MITO MENNEA, I 3 FIGLI, IL DIFFICILE RAPPORTO CON IL PADRE: “NON È ANCORA TUTTO RISOLTO PERÒ ALMENO ADESSO CI PARLIAMO” - HA SPICCATO IL VOLO GRAZIE AL COACH PAOLO CAMOSSI E ALLA MENTAL COACH NICOLETTA ROMANAZZI...

 

https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/marcell-come-here-sprinter-venuto-texas-marcell-jacobs-cancella-270120.htm

 

 

JACOBS

Gaia Piccardi per corriere.it

 

Le scarpe in mano, la barbetta elettrica, i muscoli ancora pieni della memoria di cento metri all’Olimpiade divorati ritoccando il suo stesso record italiano (da 9”95 a 9”94), un centesimo che nello sprint vale tutto l’oro del mondo. Come hai corso, Marcell? “Mmmm… benino”.

LA VITTORIA DI MARCELL JACOBS NELLA FINALE DEI 100 METRI

 

Il nuovo Jacobs — quello che oggi, domenica, ha fatto la storia, vincendo la medaglia d’oro alle Olimpiadi stabilendo il nuovo record europeo con 9”80 — non si accontenta mai, non ha confini, davanti solo un rettilineo su cui scaricare il talento dono di papà Lamont, ex militare americano del Texas, ex militare dell’Us Army ala base di Vicenza, e mamma Viviana, che il giorno dopo l’impresa in batteria ai Giochi di Tokyo aveva rivelato il piano segreto del figlio: «L’obiettivo di Marcell è scendere sotto 9”90».

 

GIANMARCO TAMBERI E MARCELL JACOBS

Obiettivo già raggiunto, in semifinale. Un’enormità, una primizia assoluta per uno sprinter azzurro, Pietro Mennea è l’antenato e Jacobs il degno erede («Anche se non l’ho mai conosciuto, ne ho sempre ammirato la fame, gli allenamenti e la voglia di portare in alto l’Italia con l’etica del lavoro» spiega Marcell).

 

 

Il fuoco dello sprinter

Marcell non è uno da voli pindarici: «Il tempo che ho in mente non lo rivelo - ci aveva detto sabato notte nella pancia dello stadio olimpico -, sennò poi, con quello in testa, mi limito». Il cambiamento dell’uomo di El Paso (è nato in Texas 26 anni fa), cresciuto a Desenzano del Garda da quando aveva un anno e mezzo («A 18 mesi ero in Italia, i miei figli sono nati qui, mi sento italiano in ogni cellula del mio corpo, tanto che con l’inglese sono in difficoltà!»), in questa stagione è stato netto. Jacobs era lo sprinter potente e talentuoso che non riusciva mai a scaricare tutti i cavalli sul tartan, perdeva i confronti diretti con Filippo Tortu (anche lui arrivato in semifinale qui a Tokyo: dove però si è fermato), aveva sempre una scusa buona a cui aggrapparsi: la fitta, il risentimento muscolare, la congiuntura astrale sfavorevole.

LA VITTORIA DI MARCELL JACOBS

 

Quando lo scorso marzo si è presentato agli Europei di Tortun, in Polonia, per prendersi l’oro indoor nei 60 metri in 6”47 (miglior prestazione mondiale e nuovo record italiano), si è capito che il fuoco covava sotto la cenere del vecchio Jacobs. Uno sprinter diverso, più consapevole e maturo, finalmente in grado di convogliare l’emotività nei canali giusti, trasformarla in energia positiva e carburante per il motore.

 

Il padre, i dissidi e la riconciliazione

Da lì, Marcell non si è più fermato: un primo record italiano (soffiandolo a Tortu) in 9”95 il 13 maggio a Savona, ritoccato in 9”94, poi 9”84, infine 9”80 nelle notti di Tokyo, il confronto vinto con il mondo a Montecarlo, in Diamond League, dove subito prima dell’Olimpiade l’azzurro si è piazzato terzo dietro Baker e Simbine, lasciandosi alle spalle quel Bromell che sognava di diventare l’erede di Bolt: e invece.

 

LA VITTORIA DI MARCELL JACOBS

 

La storia di Marcell Jacobs, un rapporto difficile con il padre fino a una guaritiva riconciliazione che ha pacificato l’uomo e — non a caso — liberato l’atleta («Non è ancora tutto risolto però almeno adesso ci parliamo: il traduttore di Google mi dà una mano con l’inglese…»), è raccontata dai tatuaggi che ha sul corpo.

 

TAMBERI E JACOBS

La Rosa dei venti, le date di nascita dei sui figli (ne ha tre), una scritta inneggiante l’amicizia, una tigre che ben lo rappresenta. Aveva cominciato come lunghista, con l’aiuto di un team solido (il coach Paolo Camossi ma anche la mental coach Nicoletta Romanazzi, figura chiave nella trasformazione del ranocchio in principe) si è evoluto in un meraviglioso sprinter che oggi è riuscito a fare ciò che a nessun atleta azzurro nella storia di Olimpia era mai riuscito.

 

Correre veloce. Anzi, velocissimo. Più di tutti.

 

 

GIANMARCO TAMBERI E MARCELL JACOBSmarcell jacobsmarcell jacobsmarcell jacobsmarcell jacobsmarcell jacobstortu jacobsGIANMARCO TAMBERI E MARCELL JACOBS

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