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LASCIATE IN PACE I BAMBINI E FATELI GIOCARE - CIRCA L'80% DEI RAGAZZINI IN ITALIA PRATICA SPORT, MA VERSO I 13-14 ANNI, LA METÀ ABBANDONA - I MOTIVI SONO VARI: TROPPA PRESSIONE DA PARTE DI GENITORI E ALLENATORI, L'OSSESSIONE PER I RISULTATI DI CHI INSEGNA, E LA CONSEGUENTE MANCANZA DI DIVERTIMENTO DA PARTE DEI GIOVANI - IL MIGLIOR MODO PREVENIRE L'ABBANDONO E SPINGERE I PIÙ PICCOLI A CONTINUARE A PRATICARE ATTIVITÀ SPORTIVE E'...
Estratto dell'articolo di Maurizio Mondoni per www.quartopostonews.it
[…] Il “drop out”, ovvero l’abbandono della disciplina praticata, è sempre più diffuso. L’agonismo esasperato, i genitori e l’ambiente esterno pressante …… inducono gli adolescenti a dire basta. L’80% dei bambini italiani in età prepuberale pratica almeno uno sport, ma verso i 13-14 anni, proprio durante la fase di sviluppo più delicata e in cui l’attività fisica sarebbe un vero toccasana per la crescita del ragazzo a livello fisico, psicologico e sociale, questo esercito di mini atleti si riduce drasticamente e divenuti adolescenti, la metà di loro abbandona.
COSA SUCCEDE?
Quali sono i motivi di questa improvvisa disaffezione? […] numerosi Psicologi, Terapeuti, Istruttori e Allenatori […] hanno individuato attraverso le loro esperienze e i loro studi, differenti motivazioni:
- l’agonismo esasperato da subito;
- il risultato a tutti i costi;
- l’illusione preclusa di divenire dei campioni;
- nuovi interessi;
- genitori troppo esigenti e pressanti;
- la mancanza di divertimento;
- poche motivazioni;
- la poca appartenenza al gruppo.
Se i giovani non trovano soddisfatti questi loro bisogni primari, lasciano e all’origine dell’abbandono, non un’unica causa, ma più elementi spesso concomitanti. […]
LA VITTORIA AD OGNI COSTO.
[…] Sono molti gli Istruttori e gli Allenatori più preoccupati a vincere o a non perdere, piuttosto che interessati alla prestazione dei propri atleti. Chiedere o pretendere da un bambino, fin dalla sua prima esperienza sportiva, la vittoria ad ogni costo, magari promettendo anche ricompense, può influenzare negativamente il processo di sviluppo delle sue motivazioni a continuare a praticare lo sport. Se a questo si aggiunge un inadeguato supporto emotivo nei momenti delicati degli insuccessi e delle sconfitte, si creano le premesse per cui il bambino giocherà non tanto per se stesso, ma per le richieste, per lui a volte incomprensibili, del nostro mondo fatto a misura di adulto.
L’IMPORTANTE È LA PRESTAZIONE, NON IL RISULTATO.
La componente agonistica è innata: a nessuno piace perdere. Ha per altro anche una valenza positiva per la crescita psichica ed emotiva degli adolescenti, ma va assolutamente rifiutata come filosofia e unico obiettivo, come un qualcosa di indispensabile per essere accettati e avere successo. E’ fondamentale insegnare ai ragazzi a gestire la sconfitta e a utilizzare gli errori, credendo in loro, apprezzando i loro sforzi e sollecitandoli continuamente a essere volonterosi e tenaci. Il giovane non ha fallito se, pur perdendo, ha dato il massimo.
[…] Se un bambino, ragazzo o adolescente commette un errore non lo si deve punire, ma fargli capire dove ha sbagliato e cosa dovrebbe fare per correggersi, utilizzando un linguaggio sempre positivo e quando è a conoscenza che il suo Istruttore vuole il massimo dal suo impegno e per questo è rinforzato, non avrà più paura di provare e riprovare, accrescendo così la propria autostima. Al contrario, se il bambino, ragazzo o adolescente si aspetta di essere premiato solo in base al risultato, pensando alle possibili conseguenze negative delle sue iniziative, avrà il timore di fallire, mostrando ansia e insicurezza.
PER PREVENIRE L’ABBANDONO.
E’ stato ampiamente dimostrato che esasperare l’attività agonistica in età precoce, da non confondersi con un avviamento precoce all’attività motoria e al gioco, è la strada sbagliata. […] Per evitare che ciò accada si deve affrontare il problema alla radice:
– all’inizio si deve far giocare il bambino allo sport e non fargli praticare lo sport;
– gli allenamenti devono essere divertenti, interessanti, didatticamente validi, con obiettivi legati all’età e al livello di maturazione di ciascuno;
– l’Istruttore non deve essere un leader autoritario, ma autorevole, non deve essere troppo permissivo, ma empatico, motivatore, stimolatore, entusiasta; deve instaurare con i bambini e i ragazzi un dialogo sincero e creare un clima di gruppo positivo, in cui si respiri aria di collaborazione, fiducia, sostegno e stima reciproca;
– i genitori, pur essendo assolutamente indispensabili nell’organizzazione pratica delle giornate dei propri figli, devono interferire il meno possibile, evitando di esercitare pressioni e di riversare su di loro eccessive aspettative.