1. LAUDA: "PER ME LA CORSA VIENE PRIMA DEL SESSO. SONO STATO CON TANTE DONNE, NESSUNA MI HA FATTO SBANDARE DAVVERO" - LE MIE NOZZE CON MARLENE? HO CHIESTO UN’ORA DI PERMESSO ALLA FERRARI, MI SONO SPOSATO, SONO TORNATO AL CIRCUITO. STOP. SIAMO STATI INSIEME 20 ANNI. PER IL MIO SECONDO MATRIMONIO HO FATTO LE COSE IN GRANDE: LA CERIMONIA IN COMUNE È DURATA BEN 4 MINUTI" - LE FIAMME AL NURBURGRING MI HANNO CAMBIATO. ECCO COME - VIDEO
Barbara Costa per Dagospia
Mio nonno era un banchiere, mio padre pure, e io a 15 anni volevo solo una cosa: sbancare la Formula Uno. Già lo sapevo, che sarei diventato il migliore, il più forte, un pilota da leggenda. I miei non erano d’accordo: mi dissero che se non finivo la scuola, prendevo una laurea e seguivo le loro orme, non avrei visto un centesimo. Sapete com’è andata a finire? Non m’hanno dato un soldo, ma sono diventato tre volte campione del mondo di Formula Uno.
Non è stato facile, ve lo posso assicurare. Se volete un consiglio, trovatevi un lavoro normale, qualunque, tranne quello di pilota. Noi piloti siamo gente strana, nasciamo con questa febbre, questa smania addosso. Pensiamo solo alle corse, alle macchine. I motori non hanno un cervello, il pilota sì, non dimenticatevelo mai. Quando sei al volante, dipende tutto da te, perché sei solo. Tieni le chiappe salde sul sedile, tasta i tuoi limiti, devi sentire la velocità, possedere la macchina, averne il controllo.
Per un pilota, la corsa viene prima del sesso, non per tutti, sia chiaro, ma per me è così, testa alle gare e alla macchina, stare ore con lei, a perfezionarla, curarla: sapete che sono pure un meccanico? Io li amo sul serio, questi bolidi, la mia macchina non la lasciavo mai sola, sulla pista e fuori.
Ma dicevo, il sesso: un’adrenalina diversa, sono stato con tante donne, nessuna mi ha fatto sbandare davvero. Ho sposato Marlene, bella ragazza, tipa in gamba, vi racconto la cerimonia: ho chiesto un’ora di permesso alla Ferrari, mi sono sposato, sono tornato al circuito. Stop. Io e Marlene siamo stati insieme 20 anni, due figli, un matrimonio tranquillo. Vabbè, mentre stavo con lei ho fatto un figlio con un’altra, ma l’ho riconosciuto, tutto in regola. La macchina, le gare vengono prima.
niki lauda 42 giorni dopo l'incidente
Mi sarebbe piaciuto essere un pilota di oggi: avrei guadagnato di più, soprattutto avrei ancora le mie orecchie. Io per correre ho chiesto soldi a tutti tranne che agli usurai, ho fatto debiti con le banche che non vi dico, assicurazioni sulla vita. Ero io a pagare le scuderie, non il contrario. Quando ho firmato il contratto con la Ferrari, ero contento perché con quei soldi avrei ripianato i debiti. Ve lo confesso, per i debiti ho pensato quasi al suicidio: c’è stato un periodo dove tutto andava storto, guidavo catorci, non finivo le gare, per arrivare in Formula Uno ho fatto la gavetta più dura, un anno ho corso in due categorie diverse contemporaneamente. Conoscete qualcuno più fissato di me? Il mio soprannome è "il computer", perché sono preciso, metodico, freddo, non lascio trasparire emozioni.
Non avete visto nemmeno la mia paura, quel giorno, al Nürburgring: io non volevo correre, l’ho detto in pre-gara, troppo pericoloso, qualcuno ci rimette la pelle. È toccato a me andare a sbattere contro quella roccia. Mi è volato il casco, è andato a fuoco tutto, pure io: le immagini parlano da sole. I medici mi davano per spacciato, un prete mi ha dato l’estrema unzione, ma sapete una cosa: mentre ero intubato, attaccato ai macchinari, io "sentivo". Ero cosciente, intorno a me invocavano un miracolo. Il Dio dei motori mi ha protetto. O forse è stata la mia ostinazione, la mia rabbia a farmi risvegliare. Ma guarda te: sono campione del mondo in carica, sono in testa al campionato, e per colpa di una roccia lascio il titolo a quel fighetto sciupafemmine avvinazzato di James Hunt? Nemmeno per sogno. Dopo 42 giorni sono in pista, sono vivo, ho saltato due gare, Hunt in classifica è vicinissimo.
Il titolo ce lo giochiamo all’ultima gara, in Giappone. Dio, quanta pioggia. Una tempesta, non vedevo niente ma, per come sono fatto io, non conta che le mie ferite sulla testa erano ancora aperte e mi macchiavano le bende. Mi sono ritirato. E quel che mi ha fatto più male non è stato perdere il titolo per un solo, maledetto punto, ma le parole di chi mi dava per finito. Il titolo l’ho rivinto l’anno dopo, poi un’altra volta ancora. Sono un mastino, che vi credete? Però è vero che quelle fiamme mi hanno cambiato, sono anni che combatto col mio corpo bruciato. Le cicatrici che ho sul viso fanno spavento, lo so. La faccia me l’hanno ricostruita con pelle presa dalle mie gambe, Marlene è svenuta appena l’ha vista.
La chirurgia estetica? Dico, stiamo scherzando? È roba da deboli. Io non sono mai stato con una donna rifatta, mi fanno impressione. Adesso mi tocca sfidare un polmone nuovo, ma ho già avuto la meglio su due trapianti di reni: il primo me l’ha donato mio fratello, e l’ho rigettato, il secondo Birgit, una donna che mi ha salvato, e che ho sposato. Per il mio secondo matrimonio ho fatto le cose in grande: la cerimonia in Comune è durata ben quattro minuti.
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