CAVALLINO O LITTLE HORSE? - DUBBI E INQUIETUDINI AI BOX: LA FERRARI DIVENTERÀ UNA SOCIETÀ AMERICANA COME PROFETIZZATO DA LUCHINO? - MARCHIONNE RASSICURA: “PRESERVEREMO L’ITALIANITA’. EXOR-ELKANN E PIERO FERRARI RESTANO GLI AZIONISTI DI RIFERIMENTO”
Marco Mensurati per “la Repubblica”
È una Ferrari al bivio quella che si presenta al Gran Premio di Austin, seconda gara dell’era Marchionne, la prima da quando è stato annunciato che il futuro del team di Maranello e quello della Fiat sono destinati a separarsi dopo la quotazione a Wall Street. Si guardano intorno, gli uomini in rosso, scrutano questo orizzonte texano e sorridono incerti.
Questa potrebbe essere la nostra nuova “home race”, scherzano, la nostra nuova Monza. Certo, dal punto di vista sportivo una rivoluzione del genere poteva capitare in un momento più felice, la F104T, lenta com’è, ha trasformato questo finale di stagione in un mesto laboratorio per la prossima, con le gare ridotte a giornate di test per qualche esperimento in chiave 2015, niente di più.
piero ferrari sergio marchionne
E presentarsi in queste condizioni davanti a quelli che potrebbero essere i nuovi tifosi - tifosi meno disposti agli atti di fede e agli slanci emotivi rispetto a quelli italiani - non è il massimo. E tuttavia, anzi forse proprio per questo, il punto di vista sportivo oggi non importa a nessuno.
Perché quello che importa è il futuro. Si avvererà la profezia lanciata da Luca Montezemolo nei giorni roventi dell’addio? Davvero «la Ferrari diventerà una società americana»? È questo il dubbio che inquieta tutti. Dubbio che Marchionne per primo, l’altro giorno nel dare la notizia dello “scorporo”, aveva fugato in prima persona: «Preserveremo l’italianità dell’azienda».
novella 2000 luca di montezemolo
Un messaggio netto, che il nuovo presidente del Cavallino ha voluto ribadire personalmente dentro le mura dell’azienda, quasi intuendo le perplessità e i timori che resistono e si moltiplicano nell’animo dei suoi uomini. Parole scelte con cura, quelle di Marchionne che ha voluto spiegare come lo scorporo di Ferrari sia di fatto un’opportunità per tutti.
Una mossa rischiosa, per carità, ma «del resto la storia della Ferrari non è certo fatta di scelte comode ». L’obbiettivo è quello di fare un ulteriore «salto di qualità» con l’«eccellenza» come ispirazione. «Saremo all’altezza dei rivali e anzi anche un gradino più in su».
Una retorica quasi montezemoliana, fatta di toni e parole ormai familiari ai lavoratori di Maranello, ai quali Marchionne ha cercato in questo modo di garantire il massimo di continuità sostanziale nella gestione delle cose ferrariste:
«Cambierà l’assetto societario ma non cambieranno i punti di riferimento, che saranno ancora Exor e Piero Ferrari», ha spiegato, usando quel nome, Piero Ferrari come un sigillo di garanzia.
Anche il tema dell’italianità è stato affrontato a più riprese: il presidente ha fatto notare come non ci sia modo più efficace per difendere quel valore: dopo la quotazione, l’asse Piero Ferrari (10 per cento) Exor (24) si ritroverà in mano un pacchetto del 34 per cento di azioni Ferrari, più che sufficiente a controllare la società. E alla fine, scommette Marchionne, per il Cavallino l’America sarà solo una seconda casa.