“LA JUVENTUS E’ ANTIPATICA NON PERCHE’ VINCE TROPPO MA PER COME VINCE...” - MAURIZIO PISTOCCHI NON LE MANDA A DIRE: “È EVIDENTE CHE LA SQUADRA CON IL MAGGIOR NUMERO DI TIFOSI, PERCIÒ DI POTENZIALI ACQUIRENTI O ABBONATI, POSSA DI FATTO CONDIZIONARE IL LAVORO DEI MEDIA. È NATURALE CHE, INVESTENDO MOLTO DENARO, LE SOCIETÀ CHE FANNO CAPO A FCA SIANO DIFFICILMENTE SCONTENTABILI. TANTO PIÙ SE LA JUVENTUS RIESCE A CONTROLLARE TUTTO QUELLO CHE VIENE DETTO O SCRITTO…”
Maurizio Caverzan per “la Verità”
Buongiorno Maurizio Pistocchi: anche lei si è rinnamorato dell'Ajax?
«Io sono da sempre innamorato di un' idea di calcio che prevede il possesso e il controllo del campo e del pallone. Ho avuto la fortuna di lavorare con Arrigo Sacchi».
Quando?
«Dal 1979 al 1981 come dirigente accompagnatore della primavera del Cesena».
Il calcio di Sacchi nasceva dal primo Ajax di Rinus Michels e Johan Cruijff?
«Sacchi era un allenatore di straordinaria cultura. Mutuò il pressing da Michels, la linea della difesa mobile dall'Argentina di Luis Menotti e la zona totale dai brasiliani. Assemblò tanti concetti. E soprattutto fu capace di trasferirli ai campioni, cosa tutt'altro che facile».
L'Ajax di oggi è un gioiello tecnico e tattico che viene da lontano.
«L' Ajax è l'inizio, tutto nasce dall'Olanda. Anche il Barcellona dov'è cresciuto Pep Guardiola, uno dei maggiori innovatori del calcio mondiale, era allenato prima da Cruijff e poi da Frank Rijkaard. È qualcosa che poi abbiamo visto nel Napoli di Maurizio Sarri e, appunto, nelle squadre di Guardiola».
Maurizio Pistocchi, giornalista scomodo di Mediaset, non ha più uno spazio da opinionista: scomparso. In un ambiente nel quale imperversano Mario Sconcerti e Ilaria D' Amico e la minima critica ai poteri forti suona lesa maestà, se ne sente la mancanza. Qualche giorno fa, per esempio, dopo Juventus-Milan e le successive polemiche per l' arbitraggio virato in bianco e nero, Sconcerti ha vergato un commento intitolato: «Juventus, quegli immensi distacchi che annullano gli errori arbitrali». Pistocchi ha replicato a stretto giro su Twitter (oltre 100.000 follower): «Ben Johnson, quegli immensi distacchi che annullano gli effetti del doping (Seul, 1988). Sconcertante».
Senta Pistocchi, noi ci siamo rinnamorati dell' Ajax, ma in semifinale andrà la Juve.
«La Juventus è una squadra esperta, che ha abitudine ai grandi match ed è capace di sfruttare al 100% le occasioni. È favorita, ma lo era anche prima della prima partita».
Solito dilemma: estetica o praticità?
«Dissento. Come si può definire poco pratica una squadra che ha vinto 4-1 al Santiago Bernabeu? Non è bellezza fine a sé stessa. L' Ajax cerca il risultato attraverso il gioco, la Juventus attraverso le qualità individuali».
È difficile coniugare ricerca della bellezza e risultato?
«Una grande squadra dovrebbe perseguire questo obiettivo. Prima della finale di Coppa dei campioni con la Steaua Bucarest, Silvio Berlusconi disse che la filosofia del Milan era "vincere e divertire". Il giorno dopo L'Équipe scrisse che il calcio non sarebbe più stato lo stesso. Quel Milan è stato la squadra più importante del calcio italiano perché ha vinto e convinto. Non è mai stato insultato a fine partita. Vinse lo scudetto a Napoli uscendo tra gli applausi. Oggi, gran parte delle squadre italiane anziché puntare a divertire il pubblico giocando un calcio offensivo e di qualità, prediligono un gioco "risultatista", basato sugli errori dell' avversario e lo sfruttamento delle situazioni. Il nostro è sempre stato un calcio avaro e speculativo».
Che cosa pensa delle dichiarazioni di Massimiliano Allegri quando, a proposito di un fallo non enfatizzato da Douglas Costa, ha detto che «bisogna crescere anche in questo, non si gioca puliti a calcio»?
«Penso che siano cose da dire al massimo dentro uno spogliatoio, non certo in televisione. Altrimenti, poi, non lamentiamoci se le partite delle giovanili sfociano in risse tra ragazzi, genitori, arbitri».
Il calcio, come tutto lo sport, dovrebbe essere il territorio della lealtà, invece è una cosa sporca?
«Quando ero bambino c'erano Omar Sivori, Valentino Angelillo e Humberto Maschio, tre argentini soprannominati gli angeli dalla faccia sporca, parafrasando il titolo di un famoso film. Erano campioni che praticavano un calcio di strada in cui era ammesso tutto. Per molti il calcio non è solo uno sport, ma una forma di rivalsa sociale, l'espressione di una mentalità. Noi siamo il Paese di Machiavelli, del fine che giustifica i mezzi».
La Juventus è antipatica perché vince troppo?
«Credo che possa risultare antipatica per come vince. Il problema non è la vittoria in sé, ma come arriva».
Cosa pensa dell' introduzione del Var e della sua applicazione?
«È una novità importantissima. Quando nel 1991 conducevo L' Appello del martedì in un'intervista a Tv Sorrisi e Canzoni fui il primo a sostenere la necessità della moviola in campo. Oggi il protocollo di utilizzo va perfezionato, applicandolo anche nelle situazioni dubbie. Gli arbitri faticano ad accettare il Var perché pensano di perdere autorità. In realtà, io credo che tolga autoritarismo, ma aumenti l'autorevolezza dell' arbitro, anche e soprattutto quando ha il coraggio di correggersi».
Parlando di Ajax e Juventus lei ha segnalato il monte stipendi diverso delle due squadre, citando una frase di Cruijff: «Non ho mai visto un sacco di soldi segnare un gol». Alla lunga però la forza finanziaria aiuta.
«La Juventus è stata brava perché ha avuto visione, ha costruito lo Stadium, ha creato un progetto finanziario, ha realizzato un'operazione di marketing acquistando Cristiano Ronaldo che, con 206 milioni l'anno rappresenta, da solo, il quinto fatturato della Serie A.
Poi ha avuto la fortuna di un allenatore come Antonio Conte che l' ha presa al settimo posto e l'ha portata al primo nell'unico anno in cui, con Allegri sulla panchina del Milan, Zlatan Ibrahimovic non ha vinto lo scudetto. Ha costruito i suoi successi sul lavoro e la qualità, avendo come unico competitor il Napoli di Sarri che l'anno scorso le ha conteso il primato fino a prima di Inter-Juventus, arbitrata da Orsato».
Quanto è significativo il fatto che Juventus e Napoli siano di proprietà italiana, mentre Inter, Milan e Roma no?
«Il calcio è spesso lo specchio di un Paese ed è indubbio che l'Italia sia in crisi. Se imprenditori come Massimo Moratti e Berlusconi hanno lasciato qualcosa vorrà dire. Il nostro sistema è dispendioso e indebitato perché impostato su assetti vecchi. I nuovi proprietari di Roma, Inter e Milan hanno trovato bilanci in crisi. Per acquistare Ronaldo la Juventus si è finanziata con l'emissione di un bond pur avendo alle spalle un' azienda come Fca con sede in Olanda. L'unico contraltare è il Napoli di proprietà di Aurelio De Laurentiis che, con possibilità molto inferiori, rimane sulla breccia».
IL FALLO DI PJANIC IN INTER JUVENTUS
L'uniformità dell' informazione e la mancanza di critica ai poteri forti è determinata dagli investimenti pubblicitari? Per esempio i 104 milioni investiti nel 2016 da Fiat, terzo big spender dietro Volkswagen e Procter & Gamble?
«Ogni mese i giornali, compresi quelli sportivi, registrano un calo medio del 10% sull' anno precedente. È evidente che la squadra con il maggior numero di tifosi, perciò di potenziali acquirenti o abbonati, possa di fatto condizionare il lavoro dei media. È naturale che, investendo molto denaro, le società che fanno capo a Fca siano difficilmente scontentabili. Tanto più se la Juventus riesce a controllare tutto quello che viene detto o scritto».
È questo anche il motivo per cui è difficile realizzare una serie tv su Calciopoli?
«Mi pare l'abbia detto piuttosto chiaramente Luca Barbareschi, il quale realizzerà una serie sul calcio e le scommesse che non riguarderà Luciano Moggi».
Che cosa pensa dell'idea di trasformare la Champions in un campionato europeo per club da disputare nei weekend spostando i campionati nazionali durante la settimana?
«Penso sia un'idea che distruggerà i campionati. Per fortuna, essendosi espresse in senso contrario sia Bundesliga che Premier league, sarà difficilmente attuabile. Quest' anno la Premier ha portato quattro squadre ai quarti di Champions, è la competizione più venduta nel mondo e incassa 3 miliardi di euro di diritti, contro i 900 della Serie A. Infine, occhio al rischio saturazione. In Gran Bretagna, dove gli stadi sono pieni, le partite trasmesse sono 180 all' anno, da noi 400. Prima di pensare al campionato europeo per club dovremmo decidere se consideriamo il calcio un fatto popolare o un hobby per oligarchi e grandi famiglie».
Perché non sappiamo creare vivai come l'Ajax e il Barcellona con una propria impronta sportiva?
«Perché abbiamo fretta. La Juventus, che lo potrebbe fare, si accontenta di vincere senza puntare a creare uno stile. Nello spogliatoio del Manchester united di Ferguson c'era un cartello che diceva che più delle vittorie conta lo stile. Al Real Madrid, se vinci giocando male ti mandano via, ne sa qualcosa Fabio Capello. Da noi, a chi osservava che la squadra più vincente non fa spettacolo, l'allenatore ha risposto che conta vincere e che per lo spettacolo si deve andare al circo».
Che idea si è fatto del caso Icardi?
«È qualcosa che può succedere in un gruppo di 25 milionari dove il più ricco sta sul piedestallo e diventa antipatico a tutti. È un fatto causato dalla scarsa integrazione nel gruppo. Il contrario di quello che ha fatto Cristiano Ronaldo, un campione umile che si è messo a disposizione della squadra».
Che cosa serve al Milan per tornare grande?
«Tutto deriva dal tipo di calcio che si vuole praticare. Penserei al Barcellona o al Manchester city e costruirei un vivaio con quella filosofia. In Italia abbiamo lasciato andare via Sarri, che al primo anno in Premier lotta per il terzo posto e ha un piede in semifinale di Europa League. Guarda caso l'allenatore consigliato da Sacchi ad Adriano Galliani quand'era all'Empoli».
E all'Inter cosa manca?
«Qualche grande giocatore e la scelta della direzione da prendere tra Marotta che vorrebbe Conte, chi vuole tenere Luciano Spalletti e l'ala morattiana favorevole al ritorno di José Mourinho. Se sai quale calcio vuoi giocare impari a valutare la tua rosa e magari non cedi Zaniolo».
Cosa pensa quando vede Berlusconi e Galliani proprietari del Monza calcio?
«Che tutti invecchiamo e anch'io domenica (oggi per chi legge, ndr) compio 63 anni».
Tanti auguri, allora. Pensa che la rivedremo in tv?
«Grazie, sarà difficile. Le cose e le persone cambiano. E non sempre in meglio».