
“MI INCHINO ALLA LEGGE MA NON È GIUSTO, NEMMENO I RISULTATI SONO BASTATI” – MALAGO’ ABBANDONA LA PARTITA PER LA RIELEZIONE A PRESIDENTE DEL CONI NON PRIMA DI AVER VANTATO I SUCCESSI ALLA GUIDA DELLO SPORT ITALIANO E LE 142 MEDAGLIE OLIMPICHE – LA SUCCESSIONE È IN ALTO MARE: RICICCIANO I NOMI DEI GRANDI VECCHI PETRUCCI E CARRARO - QUEL BUCO NEL BILANCIO DI MILANO-CORTINA IN DEBITO PER 18 MILIONI COL CONI. MALAGÒ, OLTRE A ESSERE PRESIDENTE CONI, È ANCHE A CAPO DELLA FONDAZIONE MILANO-CORTINA. IN PRATICA, DOVREBBE…
Matteo Pinci per “la Repubblica” - Estratti
Alla fine si è arreso: «Mi inchino alla legge». Giovanni Malagò abbandona la partita per la rielezione a presidente del Coni, carica che ricopre dal 2013. Ha atteso una riforma del limite dei tre mandati che gli permettesse di restare in sella ancora per quattro anni. Si sarebbe accontentato pure di una irrituale proroga per arrivare almeno alle Olimpiadi di Milano-Cortina, febbraio 2026.
Ma le promesse che dal governo continuavano a rinnovargli erano senza impalcatura e sono franate, come aveva annunciato il ministro Abodi. «Non è giusto», sostiene Malagò, «nemmeno i risultati sono bastati», alludendo alle 142 medaglie olimpiche dell’Italia sotto la sua presidenza.
giovanni malagò diana bianchedi
Dopo il Consiglio nazionale, in una riunione dei presidenti delle federazioni sportive, è apparso a sorpresa Angelo Binaghi, leader della federtennis, storico avversario politico di Malagò: lì si è aperta ieri l’arena per la successione. Ma più che game of thrones è una gara a perdere. Sono formalmente in corsa Luca Pancalli, timoniere uscente del Comitato paralimpico gradito al governo, e Luciano Buonfiglio, presidente della canoa, il più vicino a Malagò, oltre all’ex velista Ettore Thermes. Diana Bianchedi si era dichiarata disponibile, aspettava un cenno proprio da Malagò, che però con i presidenti federali è andato in una direzione diversa: «Il mio erede deve uscire da qui», quindi da uno di loro.
Idea subito osteggiata dai sostenitori di Pancalli.
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L’unica certezza è che oggi nessuno ha i 42 voti che servono per il trono del Coni: e da qui alle elezioni del 26 giugno sarà difficile superare le fratture croniche all’interno dello sport, tra i fedelissimi di Malagò, i semplici sostenitori che però non voteranno il suo candidato a prescindere, e i suoi nemici giurati come Binaghi e Barelli, vertici del tennis e del nuoto.
Per questo Gianni Petrucci, presidente del basket e tessitore di una nuova alleanza, lavora alla via alternativa: «Auspico una pacificazione, coinvolgendo proprio Binaghi e Barelli ». Il nome che supera le divisioni è quello di Franco Carraro, 85 anni. Ha pronto un parere legale secondo cui è ricandidabile nonostante i tre mandati tra il 1978 e il 1987.
Ieri Malagò ha chiuso il suo ultimo bilancio Coni. In cui è nascosta una macchia che rischia di metterlo in imbarazzo. Un credito da oltre 18 milioni nei confronti della Fondazione Milano-Cortina che organizza i Giochi del 2026. Il Joint marketing program prevede in favore del Comitato olimpico un indennizzo minimo garantito di 6,4 milioni all’anno per la cessione alla Fondazione dei diritti sui Cinque cerchi. Ma la Fondazione è decisamente indietro con i pagamenti. A inizio 2024 ha versato la quota 2022. Ma il Coni non ha visto un euro né per il 2023, né per il 2024: gli ultimi non li ha nemmeno fatturati, ha mandato solo il pro forma.
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Del ritardo è ovviamente a conoscenza Malagò che – questo è il cortocircuito della vicenda – oltre a essere presidente del Coni è anche presidente della Fondazione Milano- Cortina. In pratica, dovrebbe richiedere quei 18 milioni alla società che lui stesso presiede.
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