MICA TONTO, ‘STO GNONTO – IL NUOVO VOLTO DEGLI AZZURRI HA LASCIATO LE GIOVANILI DELL’INTER PER ANDARE ALLO ZURIGO E PER ORA LA SUA SCOMMESSA È STATA VINTA, CONQUISTANDOSI LA NAZIONALE MAGGIORE E TROVANDO MINUTAGGIO TRA I “GRANDI” – A BAVENO TUTTI LO RICORDANO COME UN RAGAZZO TANTO BRAVO A SCUOLA QUANTO SUL CAMPO DA CALCETTO: “DOVE C’ERA UN PALLONE C’ERA WILLY, MA ANCHE A SCUOLA AVEVA TUTTI 9 E 10” – “NON SI STANCAVA MAI, ANZI TIRAVA DI QUELLE CANNONATE..."
Arianna Tomola per “la Stampa”
wilfried gnonto roberto mancini italia germania
Per entrare al campetto dell'oratorio Willy Gnonto non doveva nemmeno uscire di casa. Bastava scendere le scale per ritrovarsi davanti alla porta, dove papà e mamma speravano esaurisse ogni energia. «Invece non si stancava mai, anzi tirava di quelle cannonate» sorridono i genitori. L'Italia l'ha scoperto l'altra sera quando a 18 anni ha ripagato la fiducia del ct Roberto Mancini con un assist al bacio e tante promesse per il futuro.
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A Baveno, grazioso paese sul Lago Maggiore dove tutti conoscono la famiglia Gnonto, Boris Noël era arrivato ventinove anni fa. «Non avevo i documenti, vivevo da mio fratello, sopra il Comune». All'inizio è stata dura: saliva sul primo treno all'alba, ne cambiava altri due e poi un'ora e mezza a piedi per raggiungere le rubinetterie di San Maurizio d'Opaglio. Con cinquemila lire sudate ogni ora è riuscito a tornare in Costa d'Avorio e a sposare la fidanzata Chantal. Poi l'ha portata in Italia e l'ha risposata a Baveno, nel 2000, in chiesa.
«Come regalo di matrimonio don Alfredo Fomia ci ha offerto la casa» dice mamma Chantal con la gratitudine che le sprizza dagli occhi. Quando torna sul Lago Maggiore, va sempre al cimitero a trovare il parroco, «che per Willy era un nonno». A nominare la parola razzismo, entrambi scuotono la testa. «Noi siamo figli di Baveno, qui tutti ci hanno aiutati. Abbiamo trovato un'altra famiglia» ammette papà.
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Il primo e unico erede degli Gnonto è nato nel novembre del 2003. Il nome Wilfried piaceva a Boris, il secondo - Degnand - è frutto di un sogno. «Una notte ho sognato mio papà e mio suocero, morti entrambi, che mi chiedevano di chiamarlo Degnand: significa aiutare il prossimo, fare del bene quando puoi» rivela mamma. Come hanno fatto, con loro, gli abitanti di Baveno.
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«Non potete immaginare i regali che abbiamo trovato fuori casa quando è nato Willy: addirittura tre passeggini». E quando papà Noël ha preso la patente, non ha fatto in tempo a tornare a casa che un compaesano gli ha regalato l'auto. Sin dai primi passi dunque, Willy ha mangiato pane, generosità e calcio, passione ereditata dal padre, che per evitare che gli rompesse la televisione della sala lo spediva sotto al campetto. Poi sono arrivati gli amici, spesso più grandi: «Un giorno mi ha chiesto se poteva andare anche lui alla scuola calcio del Baveno».
Patron del club è Massimo Zacchera, che ricorda: «Dove c'era un pallone a Baveno, c'era Willy». E proprio per la famiglia Zacchera, albergatori, mamma Chantal ha lavorato 21 anni. Era al Grand hotel Dino. Da lì alla chiesa sono cinque minuti scarsi a piedi, dalla casa degli Gnonto allo stadio «Galli» nemmeno un chilometro. Alla scuola calcio Willy era stato subito notato da Rino Molle: «Gli dicevo che avrebbe dovuto ringraziarmi in tv, una volta famoso. E lui rideva a crepapelle - racconta il primo allenatore -.nSi capiva che avrebbe fatto strada».
E non solo nel calcio (già azzurro nel 2019 al Mondiale Under 17): non c'è persona che non rimarchi il suo talento a scuola. Non un secchione, «ma uno a cui bastava stare attento in classe. Aveva tutti 9 e 10» sottolinea Cinzia Bernareggi, professoressa alle scuole medie dell'istituto Fogazzaro. In quegli anni Willy e la sua famiglia facevano avanti e indietro con Milano: ai Pulcini dell'Inter - via Suno, club novarese che era affiliato ai nerazzurri - il giovane bavenese è arrivato che doveva ancora compiere 9 anni.
Liceo classico e calcio professionistico un ossimoro? Non per Gnonto che dopo le scuole medie si è innamorato del latino, al «Cavalieri» di Verbania. «Appena suonava la campanella scappava in macchina con il pranzo al sacco per andare a Milano ad allenarsi, così quattro o cinque volte a settimana» ricorda il compagno di scuola e amico Mattia Preiata. L'Inter aveva messo a disposizione di Gnonto un pullman, che lo prelevava all'uscita autostradale di Meina, a venti minuti da casa: così i genitori, quando erano impegnati con il lavoro, pagavano un pensionato per prendere il figlio a scuola e portarlo alla fermata.
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«Willy è un ragazzo d'oro, intelligente e sempre gentile con tutti. Credo di non averlo mai visto senza il suo sorriso stampato in faccia» continua l'ex compagno di scuola. Non voleva mai mancare nemmeno alle iniziative scolastiche: «Ricordo quanto era dispiaciuto quella volta in cui, proprio per andare ad allenarsi, non poté giocare la finale del torneo di Domodossola» dice Fabio Bolzoni, insegnante di educazione fisica al liceo.
Il primo anno a Zurigo, dove Gnonto si è trasferito nel 2020 lasciando la Primavera dell'Inter, è stato duro. «Sentiva la mancanza di casa, ogni giorno libero mi chiedeva di tornare» ammette papà. Oggi una casa a Baveno gli Gnonto non ce l'hanno più: si sono trasferiti tutti a Zurigo lasciando l'appartamento della parrocchia. «Ma se le cose andranno bene, il sogno di Willy è di comprarsene una, per tornarci ogni volta che può». -
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