vincenzo nibali

L’ECCEZIONALE NORMALITÀ DI UN CAN-NIBALI - PIANO COI PROCLAMI E LE METAFORE: QUELLA DI NIBALI È L’ITALIA DELLA FATICA E DEL SACRIFICIO CHE RESTA NEL RETROBOTTEGA - LA FANFARA DEI BUONI SENTIMENTI SUONERÀ 1 GIORNO O 2 PERCHÉ IL PALLONE RECLAMA SPAZIO

Gianni Mura per “la Repubblica

vincenzo nibali 4vincenzo nibali 4

 

Guardo Nibali sul podio e penso agli italiani che lo hanno preceduto, solo sei in più di un secolo. Non è facile vincere il Tour, non è mai stato facile. Con quelli degli anni lontani (Bottecchia, Bartali, Coppi, due vittorie ciascuno) non si possono fare paragoni. Con quelli dell’ultimo mezzo secolo sì.

 

Nencini vinse nel ‘60 senza successi di tappa. Discesista leggendario, Gastone. Vinse attaccando nella discesa di un colle senza storia, il Perjuret, che da allora una storia ce l’ha: Rivière, più forte a cronometro, volle tenere il suo passo, sbagliò una curva e in un burrone finirono il suo Tour e la sua carriera. Nencini fumava e a cena, anche durante le corse a tappe beveva volentieri vino rosso. Come Bartali, del resto.
 

Gimondi era un predestinato, aveva vinto il Tour dell’Avvenire, a quello dei grandi nemmeno doveva partecipare dopo il terzo posto nel Giro di Adorni. Ci andò quasi di controvoglia, in sostituzione di un compagno che aveva mangiato frutti di mare avariati. Fai la prima settimana e poi torni a casa, gli dissero i fratelli Salvarani. Però nella prima settimana Gimondi conquistò la maglia gialla e seppe difenderla dagli attacchi di Poulidor. Come Gimondi, Nibali non ha sprint, ma è stilisticamente più bello sulla bici (lo dice lo stesso Gimondi), più forte in salita e meno a cronometro.
 

vincenzo nibali 3vincenzo nibali 3

L’ultimo in giallo a Parigi prima di Nibali è stato Pantani, sedici anni fa. Il ragazzino Nibali correva con la bandana per imitare Pantani, ma si tratta di due corridori molto diversi, come sono diversi i loro successi in terra di Francia. Il Tour del ‘98 fu devastato dallo scandalo- Festina, dal ritiro delle squadre spagnole, dagli arresti, dalle perquisizioni. A un certo punto non si era nemmeno sicuri che la corsa riuscisse ad arrivare a Parigi. A Parigi, il direttore Leblanc ringraziò Pantani per aver salvato la situazione. Sembrava una svolta, quella, e Pantadattilo il corridore antico, lo scalatore puro che limitava i danni e aspettava le salite per scatenarsi.
 

Nibali come corridore è lontano da Pantani, il suo idolo. È vero che tre delle sue quattro tappe le ha vinte in salita, ma con distacchi non pesanti sulla concorrenza. Mai finito in rosso, ha detto. Sempre pensato al giorno dopo, ha aggiunto. Nibali non umilierebbe mai un gruppo intero come fece Pantani a Oropa. E Nibali non ha, per ora, la popolarità di Pantani, forse non l’avrà mai perché è meno attore e colpisce meno la fantasia. Pantani diceva che il momento più bello non è quando vinci, ma quando stacchi tutti.

vincenzo nibali 2vincenzo nibali 2

 

Aveva un modo di esprimersi rabbioso e solitario sui pedali, ricercato e quasi lirico nelle parole («vado forte per abbreviare la mia agonia»). Raramente esultava su un traguardo, era teatrale (teatro drammatico) nella sfrontatezza della superiorità e nell’esibizione della sofferenza. Così innamorato della solitudine da farla diventare come un cappio, negli
anni più bui.

 

Nibali non è un ciclista che prende alla pancia, e di lì altri organi interni. Non ha l’aura da arcangelo caduto, non ha tatuaggi, bandane, orecchini. Non fa trasparire rabbia, emozione, sembra non sapere cosa fare delle braccia, sul traguardo. Una volta mima il ciuccio, un’altra indica il cuore, un’altra ancora tiene le braccia lungo i fianchi. Spesso è sull’attenti. Sull’attenti, e prima ancora sul chi vive, ha messo gli altri, però.

 

Partito come terzo incomodo tra i più quotati Froome e Contador, eccolo sul podio con Peraud e Pinot. Due nomi che al grande pubblico diranno poco o nulla e che rischiano di sminuire la bellezza di un’impresa fatta di piccole imprese, sempre intelligenti, tempestive e non casuali.
 

vincenzo nibali 1vincenzo nibali 1

L’impresa più grande, quella che gli ha fruttato più vantaggio, Nibali l’ha compiuta sul pavé, come un altro suo idolo giovanile, Francesco Moser. Questo ci porta a considerare un corridore singolare Nibali, che può essere accostato per certi versi a Pantani, per come pedala facilmente in salita, e per altri a Moser, per come viaggia sulle discese e sul pavé. Il bello è che per vincere il Tour Nibali non ha dovuto ricorrere alla sua abilità di discesista.

 

Gli sarebbe servita per inseguire Froome o Contador? Può darsi. Ma che Froome si trovasse male sul pavé era ampiamente previsto, non padroneggia bene la bici, mentre è da dimostrare che Contador gli avrebbe recuperato quanto aveva perso sul pavé. Solo due giorni senza maglia gialla addosso: non si può dire che Nibali sia sbucato dal nulla. Presenza costante e non solo per controllare. Ma per dare colpi. Ha vinto da finisseur a Sheffield, da scalatore sui Vosgi, sulle Alpi, sui Pirenei, ha vinto a nord, a est, a sud. Ha dimostrato serietà impegnandosi anche in una cronometro che non avrebbe aggiunto né tolto nulla al suo Tour.
 

MARCO PANTANI MARCO PANTANI

Ci sono macchine che informano sui battiti cardiaci, sulla potenza espressa in salita, sulla soglia della fatica. Non ci sono più corridori che fumano o che bevono vino rosso al Tour. Sono tutti programmati, pesati, monitorati, guidati via radio o istruiti dal computer sul manubrio. Non ci sono, ed è un bene, macchine che misurino la dignità, la costanza, la serietà, la capacità di sacrificarsi, il coraggio e la fantasia.

 

Non ci sono macchine che danno la proporzione dei sogni che si sognano da bambini o da adulti. Ed è un bene che non ci siano, perché tutte le cose che ho elencato le possono valutare solo gli uomini, se vogliono, e gli uomini si sa che possono sbagliare, ma almeno hanno un vantaggio sulle macchine. Gutta cavat lapidem, avrebbero sentenziato i latini, perché è così che Nibali vincit Galliae Cursum. Un po’ alla volta, a goccioline o a goccioloni. Come un po’ alla volta si era confrontato, crescendo col Tour: 20, 7, 3, 1. E un po’ alla volta aveva raccolto.
 

il ritiro di contador 3il ritiro di contador 3

Professionista dal 2005, tenuto, anche troppo, nell’ombra di Basso. Nel 2008 un addetto ai lavori, dopo un attacco dissennato in una classica del Nord, aveva suggerito a Nibali di darsi all’agricoltura. Dal 2010 (Vuelta) aveva cominciato ad assaporare le grandi vittorie. Nel 2013 Giro, adesso il Tour.
 

Come solo Anquetil, Gimondi, Merckx, Hinault e Contador. Ma andiamoci piano con i proclami dell’Italia che vince. Cerchiamo di non salirgli tutti sulla canna della bicicletta, politici e tifosi, giornalisti e sociologi. L’Italia che vince qui non è quella delle scorciatoie e delle furbate, dei talk show politici e dei vip veri o presunti, delle indignazioni che durano un giorno e degli aiutini chiesti per una vita.

Coppi BartaliCoppi Bartali

 

È l’Italia delle tredici ore in treno tra Reggio Calabria e Mastromarco. È l’Italia con pochi soldi e tanti sogni, è l’Italia che si riconosce e talvolta si esalta nel lavoro e nel sacrificio. È l’Italia che sta nel retrobottega, in vetrina servono colori più vivaci e modelli più ammiccanti. I valori di Nibali, della sua famiglia, sono gli stessi di Vanotti e vengono buoni per la fanfara dei buoni sentimenti, che suonerà per un giorno o due perché il pallone reclama spazio.
 

Nibali è stato il più continuo e forte in questo Tour e da questo Tour esce molto più forte. Ci riproverà, con la schiva, serena, eccezionale normalità che è il segno che caratterizza il suo essere campione. Uno che, in piena luce, strizza gli occhi nella lunga faccia andalusa e sembra dubbioso: ma tutta questa gente è qui per me? Sì, e come giusto batte le mani. Altro da fare non c’è.

Felice GimondiFelice Gimondi

Ultimi Dagoreport

jd vance papa francesco bergoglio

PAPA FRANCESCO NON VOLEVA INCONTRARE JD VANCE E HA MANDATO AVANTI PAROLIN – BERGOGLIO HA CAMBIATO IDEA SOLO DOPO L’INCONTRO DEL NUMERO DUE DI TRUMP CON IL SEGRETARIO DI STATO: VANCE SI È MOSTRATO RICETTIVO DI FRONTE AL LUNGO ELENCO DI DOSSIER SU CUI LA CHIESA È AGLI ANTIPODI DELL’AMMINISTRAZIONE AMERICANA, E HA PROMESSO DI COINVOLGERE IL TYCOON. A QUEL PUNTO IL PONTEFICE SI È CONVINTO E HA ACCONSENTITO AL BREVE FACCIA A FACCIA – SUI SOCIAL SI SPRECANO POST E MEME SULLA COINCIDENZA TRA LA VISITA E LA MORTE DEL PAPA: “È SOPRAVVISSUTO A UNA POLMONITE BILATERALE, MA NON È RIUSCITO A SOPRAVVIVERE AL FETORE DELL’AUTORITARISMO TEOCRATICO” – I MEME

jd vance roma giorgia meloni

DAGOREPORT – LA VISITA DEL SUPER CAFONE VANCE A ROMA HA VISTO UN SISTEMA DI SICUREZZA CHE IN CITTÀ NON VENIVA ATTUATO DAI TEMPI DEL RAPIMENTO MORO. MOLTO PIÙ STRINGENTE DI QUANTO È ACCADUTO PER LE VISITE DI BUSH, OBAMA O BIDEN. CON EPISODI AL LIMITE DELLA LEGGE (O OLTRE), COME QUELLO DEGLI ABITANTI DI VIA DELLE TRE MADONNE (ATTACCATA A VILLA TAVERNA, DOVE HA SOGGIORNATO IL BUZZURRO), DOVE VIVONO DA CALTAGIRONE AD ALFANO FINO AD ABETE, LETTERALMENTE “SEQUESTRATI” PER QUATTRO GIORNI – MA PERCHÉ TUTTO QUESTO? FORSE LA SORA “GEORGIA” VOLEVA FAR VEDERE AGLI AMICI AMERICANI QUANTO È TOSTA? AH, SAPERLO...

giovanbattista fazzolari giorgia meloni donald trump emmanuel macron pedro sanz merz tusk ursula von der leyen

SE LA DIPLOMAZIA DEGLI STATI UNITI, DALL’UCRAINA ALL’IRAN, TRUMP L’HA AFFIDATA NELLE MANI DI UN AMICO IMMOBILIARISTA, STEVE WITKOFF, DALL’ALTRA PARTE DELL’OCEANO, MELONI AVEVA GIÀ ANTICIPATO IL CALIGOLA DAZISTA CON LA NOMINA DI FAZZOLARI: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO (2018) CHE GESTISCE A PALAZZO CHIGI SUPERPOTERI MA SEMPRE LONTANO DALLA VANITÀ MEDIATICA. FINO A IERI: RINGALLUZZITO DAL FATTO CHE LA “GABBIANELLA” DI COLLE OPPIO SIA RITORNATA DA WASHINGTON SENZA GLI OCCHI NERI (COME ZELENSKY) E UN DITO AL CULO (COME NETANYAHU), L’EMINENZA NERA DELLA FIAMMA È ARRIVATO A PRENDERE IL POSTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, L’IMBELLE ANTONIO TAJANI: “IL VERTICE UE-USA POTREBBE TENERSI A ROMA, A MAGGIO, CHE DOVREBBE ESSERE ALLARGATO ANCHE AGLI ALTRI 27 LEADER DEGLI STATI UE’’ – PURTROPPO, UN VERTICE A ROMA CONVINCE DAVVERO POCO FRANCIA, GERMANIA, POLONIA E SPAGNA. PER DI PIÙ L’IDEA CHE SIA LA MELONI, OSSIA LA PIÙ TRUMPIANA DEI LEADER EUROPEI, A GESTIRE L’EVENTO NON LI PERSUADE AFFATTO…

patrizia scurti giorgia meloni giuseppe napoli emilio scalfarotto giovanbattista fazzolari

QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL CDA DI FINCANTIERI? EMILIO SCALFAROTTO! L’EX “GABBIANO” DI COLLE OPPIO VOLATO NEL 2018 A FIUMICINO COME ASSESSORE ALLA GIOVENTÙ, NON VI DIRÀ NULLA. MA DAL 2022 SCALFAROTTO HA FATTO IL BOTTO, DIVENTANDO CAPO SEGRETERIA DI FAZZOLARI. “È L’UNICO DI CUI SI FIDA” NELLA GESTIONE DI DOSSIER E NOMINE IL DOMINUS DI PALAZZO CHIGI CHE RISOLVE (“ME LA VEDO IO!”) PROBLEMI E INSIDIE DELLA DUCETTA - IL POTERE ALLA FIAMMA SI TIENE TUTTO IN FAMIGLIA: OLTRE A SCALFAROTTO, LAVORA PER FAZZO COME SEGRETARIA PARTICOLARE, LA NIPOTE DI PATRIZIA SCURTI, MENTRE IL MARITO DELLA POTENTISSIMA SEGRETARIA-OMBRA, GIUSEPPE NAPOLI, È UN AGENTE AISI CHE PRESIEDE ALLA SCORTA DELLA PREMIER…

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)

donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - LA DUCETTA IN VERSIONE COMBAT, DIMENTICATELA: LA GIORGIA CHE VOLERA' DOMANI A WASHINGTON E' UNA PREMIER IMPAURITA, INTENTA A PARARSI IL SEDERINO PIGOLANDO DI ''INSIDIE'' E "MOMENTI DIFFICILI" - IL SOGNO DI FAR IL SUO INGRESSO ALLA CASA BIANCA COME PONTIERE TRA USA-UE SI E' TRASFORMATO IN UN INCUBO IL 2 APRILE QUANDO IL CALIGOLA AMERICANO HA MOSTRATO IL TABELLONE DEI DAZI GLOBALI - PRIMA DELLE TARIFFE, IL VIAGGIO AVEVA UN SENSO, MA ORA CHE PUÒ OTTENERE DA UN MEGALOMANE IN PIENO DECLINO COGNITIVO? DALL’UCRAINA ALLE SPESE PER LA DIFESA DELLA NATO, DA PUTIN ALLA CINA, I CONFLITTI TRA EUROPA E STATI UNITI SONO TALMENTE ENORMI CHE IL CAMALEONTISMO DI MELONI E' DIVENTATO OGGI INSOSTENIBILE (ANCHE PERCHE' IL DAZISMO VA A SVUOTARE LE TASCHE ANCHE DEI SUOI ELETTORI) - L'INCONTRO CON TRUMP E' UN'INCOGNITA 1-2-X, DOVE PUO' SUCCEDERE TUTTO: PUO' TORNARE CON UN PUGNO DI MOSCHE IN MANO, OPPURE LEGNATA COME ZELENSKY O MAGARI  RICOPERTA DI BACI E LODI...